lunedì 28 gennaio 2008

..Ode all'Etna...

Raccontato da Federico Curtaz, mio socio sulla carta e nell'anima della Tenuta di Fessina...
Da Castiglione...
Lo so, voi non ci crederete, come al solito, ma io ve lo racconto ugualmente, sarebbe peggio se non lo facessi.
È mancata la pioggia in questi mesi da queste parti, e questa notte di acqua battente ha ridato energia al drago racchiuso nel monte, qualche fremito si è sentito, si sa i draghi hanno la coda potente e quando la sbattono tremolii e scricchioli si sentono meglio. Le nuvole hanno coperto lo sbuffo di fumo che esce dalla gola di fuoco del drago, e questo il monte non lo può sopportare a lungo. Per questo al mattino il vento scuoteva le piante perché era ora di liberare il cielo e far si che lo sbuffo risaltasse per bene .L’acqua nel frattempo aveva già preso la via sicura dell’Alcantara dove gorgoglia senza paura. I benefici dell’acqua e del vento si sono sentiti fino in basso, nei luoghi abitati da noi comuni mortali in questa terra più adatta ai draghi, ai giganti e al fuoco che diventa pietra.
A Rovittello, all’entrata di quel nido di pietre scure di lava, non appena attraverserete i binari stretti della ferrovia che sale ai paesi etnei, sinuosa e appoggiata ai fianchi del monte, quasi come fosse una cintura sulla vita di una femmina, si, proprio li, farete un incontro strano.Come molti altri personaggi, nei quali vi imbatterete in questi luoghi il Millicucco è un gigante altero e ieratico, sa di essere importante e celo fa, educatamente, sapere. È lui la raffigurazione dell’unità di misura di questo posto che la gente chiama da sempre “I vigne di Fessina”. Qui l’unità di misura è il tempo, quello antico, unito a tutto ciò che sale verso il cielo, con pazienza.
Diceva Gino Veronelli, “ il vino è il canto della terra che sale verso il cielo”, con il misticismo anarchico e profondo del suo cuore.
Il millicucco è il custode del borgo, è quello che avvista l’arrivo degli stranieri, li guarda e li fa sentire piccoli, incute rispetto. Non dice nulla ma fa capire molto, induce a un comportamento serio.
Quasi tutto in questo luogo ti fa sentire finalmente piccolo e poco importante. L’immensità del monte e il senso di questo lavorio infinito e indefinibile che genera il nuovo ad ogni scadere di secondo. Queste forme imperfette e non perfettibili ma da accettare perchè mutanti e vive. Questa forza alla quale non si può mettere le mani perché brucia e bruciando da nuova vita, asciugando di polvere crea nuova linfa, paradosso semplice e oggettivamente certo.
A salire verso il cielo in questo piccolo ombelico verde, tra sciare nere che scendono dall’alto ci sono molte cose. La più appariscente è quel pennacchio di fumo che, si vede quando si alza lo sguardo, sale dal cappello da gnomo che sta in cima al monte. Non smette mai di sbuffare, da 500.000 anni e forse più e riversa cenere e lapilli che depositano e si distribuiscono nel fluire delle stagioni a volte accumulati , altre volte spazzati via dall’acqua. A volte rimescolati e coperti da lava fluente, nascosti al verde e alla coltivazione per centinaia di anni, fino a quando paziente la natura ricomincia il suo lavoro di conquista della roccia e ci regala, conche irregolari, piccoli vasi di terra che se coltivati per bene danno frutti meravigliosi. “ I vigne di fessina “ sono uno di questi vasi di terra particolare, ricca della sua povertà. Tra Linguaglossa e Randazzo sono molte queste forme che coccolano i vigneti come balie generose. Vigneti che per destino danno vini molto diversi generati da suoli e microambienti talmente particolari da renderli unici. Ma questa è una strada che va verso una comprensione scientifica e quindi di per se retorica, e non mi ci voglio infilare. In questo caso è bene sentire , capire è molto meno importante, è per addetti ai lavori, oggi, noi preferiamo emozionarci.
Torniamo a noi e ai giganti che sono appartati tra le rocce nere nei pochi ettari che fino a qualche giorno fa appartenevano al signor Musmeci. L’abbiamo incontrato , abbiamo camminato con lui sui suoi beni, è stato bello quasi un congedo dai suoi grappoli.

..dal libro "Etna i Vini del Vulcano" di Salvo Foti..
Vi sono due tipi di vino: il vino dell'uomo e il vino degli uomini. Il primo ha una durata connessa ad una persona.Il secondo dipende da una civiltà, da un territorio e sopravvive al singolo uomo.
Il vino dell'Etna è il vino degli uomini..

e ancora...riurdativillo sempri u vinu si fa ca racina!

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