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lunedì 27 maggio 2013

Sicilianità

ENZO FORESE, “DONNE, FIORI, MOTORI”. _Una delle opere di Enzo Forese al Vinitaly con Tenuta di Fessina_ Jean Baptiste Gonzalve de Nervo (letterato francese – 1840-1897) – “Specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu, con l’immagine della Vergine o di qualche santo sui pannelli delle fiancate e il loro cavallo coperto da una bardatura, ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati”, porta sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso”. Giuseppe Cocchiara (studioso di folklore siciliano – 1904 -1965) – “Il carretto siciliano è l’opera più caratteristica che l’artigiano abbia prodotto in Sicilia. Non solo perché costituisce l’oggetto tipico della Sicilia, come la gondola lo è per Venezia, ma perché alla sua costruzione concorrono armonicamente ben otto gruppi di artigiani”. Biagio Pace (studioso e conoscitore dell’anima siciliana – 1889-1955) – “II carretto ha rappresentato nella Sicilia moderna un elemento caratteristico di bellezza ed un mezzo fondamentale di trasporto, che ha avuto la sua grande diffusione soltanto nel secolo scorso”. V. Giusto – “Il carretto è sicuramente l’oggetto più conosciuto ed espressivo dell’arte popolare siciliana. Simbolo universalmente noto di sicilianità, ogni esemplare è unico nel suo genere e testimonia la passione dell’artista verso un tipo di espressione profondamente radicato nella storia isolana”. Enzo Maganuco (illustre critico d’arte) – “Gli artigiani del carretto sono artisti che hanno mandato per le vie del mondo i carretti, decorati in modo da farli sembrare una grande miniatura di codice trecentesco”. Eliseo Reclus (geografo francese venuto in Sicilia nel 1865 per osservare l’eruzione dell’Etna) – “I carretti non sono come in Francia semplici tavole messe insieme, ma sono anche lavori d’arte. La cassa del veicolo posa sopra un’asse di ferro lavorato, che si curva e si ritorce in graziosi arabeschi. Ciascuna delle pareti esteme del carretto è divisa in due scompartimenti che formano due quadri. Il giallo oro, il rosso vivo ed altri colori dominano in questi quadri. Per la maggior parte sono scene religiose, ora la storia di Gesù o quella di sua madre, ora quelle dei Patroni più venerati in Sicilia, come San Giovanni Battista, Santa Rosalia o Sant’Agata…..”. Giuseppe Pitrè (medico-antropologo) – “Non si può fare un passo nella città di Palermo senza incontrare dozzine di carretti tirati da cavalli, da asini, da muli. La città ne conta la bellezza di 4758 e quando si celebrano feste in campagna essi sono una vera delizia dell’occhio” Gesualdo Bufalino – “Ecco la carretta che è tanta ragione di curiosità per non Siciliani che vengono in Sicilia….. Basta gettare gli occhi sopra uno di questi veicoli per accorgersi che non v’è spazio, per quanto piccolo, che non venga dipinto o figurato coi colori più vivi e più smaglianti…. è una profusione straordinaria di figure, di ornati, di disegni da non potersi descrivere”. Guy de Maupassant (scrittore francese venuto in Sicilia nella primavera del 1885) – “Tali carretti, simili a piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, sono decorati con pitture semplici e curiose, che rappresentano fatti storici, avventure di ogni tipo, incontri di sovrani, ma prevalentemente le battaglie di Napoleone I e delle crociate. Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena….Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente e vanno in come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere”. Salvatore Lo Presti – “Fra varde, sidduna e finimenti ecco che il carretto diventa una gala di colori, una esplosione di luce” Renato Guttuso – “… Un bambino vede che da una mano possono, poco alla volta, nascere figure, cieli, mari, animali. E’ questo uno dei primi misteri a cui ho assistito…. Il pittore di carretti Emilio Murdolo aveva bottega in C.so Butera, quasi difronte alla casa dove abitavo. Spesso dipingeva sulla strada, davanti la porta della sua bottega, dove erano sempre ruote o altri pezzi del carro ad asciugare. Sulle fiancate dipingeva scene figurate, mentre il resto del carro, già abbondantemente intagliato, veniva ricoperto di fregi, festoni, decorazioni geometriche fino a non lasciarvi alcuno spazio vuoto. Le scene figurate erano tratte, in massima parte, dalla storia dei Paladini di Francia. ….Vedere dipingere un carretto dall’inizio alla fine, dalla fase dell’imprimitura del legno, cui seguiva una mano di bianco litopone, subito ricoperto da uno strato di giallo cromo violentissimo, vedervi poi imprimere la traccia del disegno, e poi nascere le mezze tinte, sui fili delle spade, vedere come il pittore con un tocco di bianco faceva lampeggiare uno sguardo, o sgorgare il sangue da una ferita con poche pennellate di cinabro di Pechino… Era una cosa meravigliosa. Era la pittura, nei suoi termini più semplici” (dalla prefazione di RENATO GUTTUSO, tratta dal libro di A. Buttitta “I PALADINI DEL CARRETTO SICILIANO”).

martedì 14 maggio 2013

Fiaschi di vino girati...

"Gli alberi non sono altro che fiaschi di vino girati se ci metti due tipi la' sotto saranno ubriachi..." (Toquinho, "Acquarello")

martedì 26 marzo 2013

Hay, los vino

_A’ Puddara, Etna DOC Bianco, Tenuta di Fessina_ No se si fue por los vino No se si fue por su boca Pero entre tanto tango encontré Su ropa, junto a mi ropa No se si fue por castillo Pugliese, troilo o darienzo Pero su abrazo en mis manos Era un pincel y la pista un lienzo Hay los vino’, seguro que fueron los vino’ (yo no fuí) Seguro que fueron… los vino’ No se si fue por los vino’ No se si fue por su aliento Pero entre tanda y tanda encontré Su ombligo, junto a mi cuerpo Y así volando en la gloria Y aterrizando en la ruina Yo fui cayendo y cayendo En la red de esas medias… asesinas Hay los vino’, seguro que fueron los vino’ (yo no fuí) Seguro que fueron… los vino’

mercoledì 24 ottobre 2012

Siediti, regina delle mense

_Vin Santo del Chianti DOC Villa Petriolo_ “Così sei tornato a casa; ma qui ti attendeva con una nuova occupazione la mensa, che era ricoperta da appetitosi cibi e prelibati vini delle colline francesi, spagnole o toscane, oppure una bottiglia di tokai ungherese, alla quale Bacco concedette una corona di edera verde, e disse: ‘Siediti, regina delle mense’”. Da “Il giorno” di Giuseppe Parini

martedì 19 giugno 2012

À chaque vin son verre

_Mario Soldati_ Ad ogni vino il suo bicchiere, come si dice in Francia. Sì, perché un giusto bicchiere riesce ad esaltare tutte le peculiarità di un vino, il colore, il profumo, il gusto, mentre un bicchiere sbagliato può falsare le percezioni. Le caratteristiche ideali delle pareti di un buon bicchiere: sottili, incolori e trasparenti, poiché vetri spessi alterano la temperatura di servizio e quelli colorati, o eccessivamente lavorati, non permettono di cogliere adeguatamente tonalità e intensità del colore del vino. Inoltre, il calice deve essere più stretto in alto rispetto alla base, per indirizzare e concentrare il profumo verso il naso: i bicchieri svasati, infatti, disperdono il bouquet. La capacità del bicchiere deve essere sufficiente a contenere una ragionevole quantità di vino (ossia, 2/3 del suo volume oppure 1/3 in una degustazione tecnica). Lo stelo: deve essere abbastanza alto da impedire che le dita trasmettano il loro calore o l'eventuale profumo al calice. Naturalmente, imprescindibile una perfetta pulizia, che renda il calice inodore e trasparente, senza alcun resido di detergente, che, nel caso di vini spumanti o frizzanti, comprometterebbe il perlage. Ultima raccomandazione: sempre consigliabile l'avvinamento del bicchiere, ossia una veloce risciacquatura con un goccio di vino prima di versare la giusta dose per la degustazione.

giovedì 14 giugno 2012

Tu sei la coppa che attendeva i doni della mia vita

"Tutta la notte ho dormito con te, vicino al mare, nell'isola. Eri selvaggia e dolce tra il piacere e il sonno, tra il fuoco e l'acqua. Forse assai tardi i nostri sogni si unirono, nell'alto o nel profondo, in alto come rami che muove uno stesso vento, in basso come rosse radici che si toccano. Forse il tuo sogno si separò dal mio e per il mare oscuro mi cercava come prima, quando ancora non esistevi, quando senza scorgerti navigai al tuo fianco e i tuoi occhi cercavano ciò che ora - pane, vino, amore e collera - ti dò a mani piene, perchè tu sei la coppa che attendeva i doni della mia vita. Ho dormito con te, tutta la notte, mentre coi vivi e coi morti, e svegliandomi d'improvviso in mezzo all'ombra il mio braccio circondava la tua cintura. Nè la notte nè il sonno poterono separarci. Ho dormito con te e svegliandomi la tua bocca uscita dal sonno mi diede il sapore di terra, d'acqua marina, di alghe, del fondo della tua vita, e ricevvetti il tuo bacio bagnato dall'aurora, come se mi giungesse dal mare che ci circonda". Pablo Neruda

mercoledì 13 giugno 2012

Ci vendemmia il sole

"Nel molle giro di un sorriso/ ci sentiamo legare da un turbine/ di germogli di desiderio/ Ci vendemmia il sole/ Chiudiamo gli occhi/ per vedere nuotare in un lago/ infinite promesse/ Ci rinveniamo a marcare la terra/ con questo corpo/ che ora troppo ci pesa". Giuseppe Ungaretti

domenica 10 giugno 2012

Bottle dancers

Bottiglie ballerine!

giovedì 7 giugno 2012

Perché la donna non è cielo, è terra

"Quando ci penso, che il tempo è passato, le vecchie madri che ci hanno portato, poi le ragazze, che furono amore, e poi le mogli e le figlie e le nuore, femmina penso, se penso una gioia: pensarci il maschio, ci penso la noia. Quando ci penso, che il tempo è venuto, la partigiana che qui ha combattuto, quella colpita, ferita una volta, e quella morta, che abbiamo sepolta, femmina penso, se penso la pace: pensarci il maschio, pensare non piace. Quando ci penso, che il tempo ritorna, che arriva il giorno che il giorno raggiorna, penso che è culla una pancia di donna, e casa è pancia che tiene una gonna, e pancia è cassa, che viene al finire, che arriva il giorno che si va a dormire. Perché la donna non è cielo, è terra carne di terra che non vuole guerra: è questa terra, che io fui seminato, vita ho vissuto che dentro ho piantato, qui cerco il caldo che il cuore ci sente, la lunga notte che divento niente. Femmina penso, se penso l'umano la mia compagna, ti prendo per mano". Ballata delle donne, Edoardo Sanguineti (Genova, 9 dicembre 1930 – Genova, 18 maggio 2010).

martedì 15 maggio 2012

Il cibo per raccontare la vita. Nei film di Fellini

Il food&wine è come una lente che ingrandisce ai miei occhi tutto ciò che mi capita di incontrare. La letteratura, la musica, la pittura, quando sono profumate di vino hanno per me un gusto particolare. E’ come se il vino mi guidasse alla scoperta del mondo…sempre. Mi capita di rivedere un film-culto, Satyricon di Fellini, e riscopro il valore del cibarsi in tutta la cinematografia felliniana. “(…) Dal biscottino intinto nel caffè dall'insegnante di storia dell'arte, ai pranzi in famiglia a base di minestra, pollo, purè e… liti, dallo champagne offerto dal Principe alla Gradisca al Grand Hotel, al Sangiovese bevuto in campagna, le occasioni alimentari in Amarcord sono diverse. Sono circostanze utilizzate da Fellini sia come omaggio poetico al suo borgo e alla cultura contadina (le scene del pranzo della domenica in campagna con lo zio matto, le tavolate per il matrimonio della Gradisca), sia per fare un quadro più preciso e puntuale del periodo fascista (il caso dell'olio di ricino fatto ingoiare al padre, lo slogan "Pane e lavoro, ma è meglio pane e un bicchiere di vino"). (V. Lapertosa). Il cibo ha una presenza e un ruolo determinanti (e cangianti, come solo la sua geniale creatività poteva garantire) nell’universo felliniano, sfuggiti spesso anche alla critica più attenta. L’oscillazione è netta tra il sapore dei ricordi, della nostalgia, richiamati nell'infanzia riminese (il tema del cibo consolatorio in Amarcord) e il gusto del proibito, del peccato, del cibo visto come tentazione, accostato a immagini erotiche. Il riferimento può essere al modo di spolpare il pollo da una sensualissima Sandra Milo in 8½, all’episodio di Boccaccio ’70 (1962), dove il semplice e innocente latte è capace di ossessionare e agitare i sonni del povero dottor Antonio, se associato, nell'immaginario felliniano, alla figura della prosperosa Anita Ekberg del manifesto pubblicitario "Bevete latte". In Fellini-Satyricon (1969), dove l'impianto onirico è trasferito alla Roma imperiale del periodo della decadenza, il cibo è raffigurato, nella lunga sequenza della cena di Trimalcione, in maniera sfarzosa e indissolubilmente intrecciato con Eros e Thanatos. In Roma (1972), ennesima variante nella rappresentazione del cibo da parte del genio riminese, “Fellini costruisce più di una scena corale dove si mangia nelle strade, si parla di cibo per raccontare la vita” (S. Gelsi).

venerdì 23 marzo 2012

Laboratorio di autobiografia "Fa Bene Scrivere la vita" a Cerreto Guidi. Da aprile a giugno 2012



Segnaliamo con piacere questa bella iniziativa che andrà ad arricchire l'offerta culturale del nostro Comune di Cerreto Guidi.

Laboratorio di autobiografia Fa Bene Scrivere la vita

“La vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”
G.G. Marquez

8 incontri
Aprile- Giugno 2012
Dalle ore 21 alle ore 23(giorno da stabilire)
Presso il CIAF di V.Veneto a Cerreto Guidi

Scrivere la propria vita, oltre a soddisfare il desiderio di lasciare traccia dentro di noi, porterà benessere. Sarà un ripercorrere, come nella sceneggiatura di un film, le tante storie e sfumaure della nostra esistenza, cogliendone anche un’inaspettata bellezza.


Info: Marta 3396527169
martamarconi@email.it

giovedì 1 marzo 2012

Fossi almeno una nuvola...Per un ricordo di Lucio Dalla




La e.mail di Lucio Dalla a Marco Travaglio


Caro Marco,
...
questo è un mio scritto che Marco ha letto in un liceo di Zurigo:

è rivolto a dei “giovani incomprensibili” come vestiti senza armadio

o passeri sotto la pioggia senza un filo dove appoggiarsi.

Io ho speranza e vorrei passargliene un po’ anche a loro,

avvertendoli dei piccoli pericoli mortali

che li circondano e che a volte nelle notti senza luna

puntano dritti verso il loro cuore.

mi verrebbe da parlare per dei mesi

di quello che ho visto e vedo

e sogno un futuro da baciare in bocca

ma a volte sembra che non solo la bocca ma anche il futuro non c’è!

Lucio

IL TESTO DEL SUO POST

Se vuoi un dito posso anche dartelo

Una mano mi farebbe dispiacere

Se vuoi un occhio mi dovresti dire perché

Una palla ne possiamo anche parlare

Dimmi invece tu cosa mi dai

Ammesso che io abbia da chiederti qualcosa

Se vuoi essere preciso dimmi chi sei

E chi ti ha mandato

Se la luna o la morte

Se tuo padre aveva le mani o i baffi al posto del cuore

O sei un’idea bislacca o un volatile malato

Se sei un computer stanco o una mela

Lasciata sul davanzale a marcire sotto il sole

Potrei tenere anche per te

Se non uscisse tanta merda dai tuoi pensieri

O sei un giovane da formare

Ché se è così io ti fermo lo sviluppo

O ti scanso quando passi

Fossi almeno una nuvola

che quando spingo un bottone piove

O sapessi fare il caffè anche bendato

Io so che ci sei ma non ti credo

Ché è più di mille anni che friggi la pelle dell’uomo

Sulla brace dei suoi morti

Che giri armato e hai le dita di veleno

Io ti spengo come faceva mio nonno con la candela

Prima di dormire

Io ti tengo lontano con gli antinebbia

Mia madre è una bandiera

E mio padre è il sangue dei morti per la patria

mercoledì 4 gennaio 2012

Per un ricordo di Giulio Gambelli, il maestro del Sangiovese



Col tempo, sai, col tempo tutto se ne va, intonava Léo Ferré, cantore anarchico monegasco trapiantato in Toscana e grande estimatore, come tanti - anche se, tanti in ritardo - di "bicchierino". Se n’ è andato anche “l’uomo che sa ascoltare il vino”, come ne ha scritto l’amico fraterno, il giornalista Carlo Macchi, ma la sua lezione, autentica, appassionata, pura e disinteressata, resterà, imperitura come una forma d'arte. E' scomparso il più grande interprete del Sangiovese, Giulio Gambelli, detto affettuosamente “bicchierino” per il suo palato assoluto, consulente-maître à penser di note cantine toscane e autore di capolavori enologici 100% Sangiovese.

Nell’armonia della sua terra d’origine tutta la grandezza e la misura di un uomo che mai si stancava di ripetere che il vino buono si fa in vigna.
Stasera onoriamo Giulio Gambelli stappando una delle sue emozionanti bottiglie.



Ci piace ricordarlo oggi, e sempre, con il pensiero che Carlo Macchi gli dedica:

“Avere avuto l’onore ed il privilegio di mettere su carta la vita del mio grande amico Giulio Gambelli è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto. Non solo perché farlo parlare del passato é operazione che richiederebbe strumenti di tortura appositi, ma soprattutto perché, mano a mano che il libro prendeva forma, mi sono sentito come un entomologo che scopre l’ultimo esemplare di una rarissima e meravigliosa famiglia di farfalle. Da una parte c’è la gioia di poter ammirare la sua bellezza, dall’altra la paura di danneggiarla e la tristissima certezza che, purtroppo, dopo di lei non ce ne saranno altre. Giulio è questa farfalla: da oltre sessantacinque anni invece di volare crea vini che ti fanno sentire più leggero. Come una farfalla, che usa solo le sue ali per alzarsi in cielo, Giulio ha sempre e solo adoperato quello che madre natura gli metteva a disposizione. Come una farfalla che rimane sempre vicina al luogo dove è nata, Giulio non si è mai spinto oltre quelli che credeva i suoi confini, non si è mai proposto per interviste e per le luci della ribalta. Il suo linguaggio ed il suo modo di fare sono semplici e leggeri, quasi impalpabili, riassumibili nella parola eleganza. La stessa eleganza con cui sta attraversando la vita, cercando di lasciare un segno tramite i suoi amati vini. Il risultato è che questa farfalla è stata conosciuta ed ammirata solo da pochi fortunati.
Oggi l’ultima farfalla del Sangiovese è venuta a mancare e da oggi siamo tutti più poveri.
Ciao Giulio, che la terra ti sia lieve.
I funerali si svolgeranno giovedì 5 gennaio alle ore 15 presso la Chiesa Collegiata di Poggibonsi”.

(Carlo Macchi su WineSurf)


giovedì 29 dicembre 2011

venerdì 9 dicembre 2011

Quel bacio alcolico




“Lampioni e portici
è andata così
piccola istrice
dagli occhi bui

Quel bacio alcolico
rossetto e guai
è stato facile
e non lo è stato mai

Chi ci ricorderà
chi ti farà ridere
per chi ti smarrirai
chi userà lo sguardo tuo
chi lo fa al posto mio
io dove sarò?

Tra il fiume e i portici
già buio alle sei
cuore selvatico
quanti anni hai
"non dirmi amore mai
ma incantami, dai
è così facile"
e non lo è stato mai

Chissà chi pungerai
chi ti farà piangere
chi ti addormenterà
chi userà lo sguardo tuo
chi lo fa al posto mio
io dove sarò?

Nella città che ha il cuore di un istrice
ti cercherò in un traffico di anime qui...

Chi ci ricorderà
chi ti farà ridere
per chi ti smarrirai
chi userà lo sguardo tuo
chi lo fa al posto mio
io dove sarò?”.


Istrice, Subsonica


Milo Manara

lunedì 5 dicembre 2011

Sips and resips


_Foto di Massimo Roscia_

"A dispetto della tua origine
Ignota
Del tuo rosso non proprio rubino
Della tovaglia unta dove riposi
Mi va di cantarti vino senza pretese
Vino da osterie
Dal collo slembo di una bocca
Infiammando pupilla e palato
Scivoli svelto nel petto trasognato
E ricordo le forbici da poto
Il taglio esatto dell'addio
La compagna scollacciata
Il riposo meridiano troppo breve
Per uno studente senza fiato.
Canto tra i riflessi del bicchiere
Le feste che hai danzato
Gli amanti che hai brindato
I lutti che hai lacrimato.
Il mio indice sull'orlo
Disegna un cerchio dopo l'altro
E s'affaccian per un istante
I vecchi amici che hai consolato:
Roth con la morte nel cuore
In cerca della piccola Therese
Vincent perduto nei rossi verdi
Di un caffé ormai deserto
Il principe Modì che ti scambiava
Con uno schizzo nella Parigi annuvolata.
Canto la tua anima assennata
La tua follia nascosta
Il nostro cammino insensato
Tra una bestemmia e una preghiera
Il profilo delle colline dove nasci
Scolpite dalla razza nostra
Nello sforzo geometrico inaudito
Di confinare il nulla".


Di Andrea Giuntini, "Sorsi e risorsi".
Da "A cavallo di un fiasco letterario fra pagine, campi e vendemmie" di Cristiano Mazzanti, Ibiskos

lunedì 28 novembre 2011

Umore, luce



Il vino è un composto di umore e luce.
Galileo Galilei (1564 – 1642)

mercoledì 23 novembre 2011

La migliore misura di Dioniso



“La migliore misura di Dioniso è ciò che non è troppo
né pochissimo:
infatti proprio il vino è responsabile
o del dolore o della follia.
Miscelato per quarto con tre Ninfe
procura gioia – così s’adatta alla perfezione
alle stanze d’amore. Ma se l’odore
del vino è troppo forte, allora s’allontana dagli Amori
e ci fa sprofondare dentro a un sonno
che assomiglia a quello della morte”.


Da Vino e poesia. Centocinquanta epigrammi greci sul vino a cura di Simone Beta

martedì 15 novembre 2011

...dove all’ulivo si abbraccia la vite



“…tra valli fiorite, dove all’ulivo si abbraccia la vite"

(Il sogno di Maria, Fabrizio De André)

mercoledì 9 novembre 2011

Ti darò buon vino



“Vangami nella polvere, incalzami nel fango, io ti darò buon vino”.

Detto popolare