martedì 12 agosto 2008

ode all'amico ritrovato


Francine van Hove, Lydia con il bicchiere di vino, 1981, Galleria Alain Blondel, Parigi



Oggi pubblichiamo il racconto "Ode all'amico ritrovato" di Fanny Costella, in concorso per "I giorni del vino e delle rose". Buona lettura a tutti.


Fanny Costella è nata a Vittorio Veneto (TV) nel 1974 e risiede nel Comune di Tarzo, Treviso. Dopo la Laurea in Storia Contemporanea, vince il Premio Simonetta Ortaggi Cammarosano per la tesi in Storia Sociale Contemporanea nel 1999. Ha collaborato con Amministrazioni locali in qualità di consulente e docente di Storia Economica e Sociale. Presidente in carica della Commissione Intercomunale per la promozione delle Pari Opportunità nei Comuni di Tarzo, Revine Lago, Cison di Valmarino, dal 2002 progetta e realizza commedie teatrali per le scuole. E’ componente della squadra del Comune di Tarzo per la Gara delle Botti, nell’ambito del programma “Le città del vino”.


racconto


"ODE ALL'AMICO RITROVATO"


di Fanny Costella


Giovine amante mio, astuto incantatore, persuasore! Tra le tue braccia ci si perde, forse con l’illusione di ritrovarsi. Così come chi sceglie ingannandosi un destino che già gli appartiene io mi affido a te annullando nel tempo ogni persistenza.
Di quanti istanti sia questo bicchiere non so dire, immenso il loro significare, un fluire di ricordi, un viaggio senza meta. Ti vedo sorridere invitando uomini forti del tempo antico, musa del loro eroismo, calice vittorioso di sanguinose battaglie.
Ti vedo sottomettere anche colui che nacque per dominare le genti. Mutevole nelle sembianze, rubino invito per nobili dame, involontario il loro non desistere…
Sulle gote delle più pure sei capace di dipingere l’invito alla cordialità, modellando sinuosi movimenti e sguardi d’incanto.
Sei poeta per colui che racconta, nota di un coro all’inisono. E quand’anche il più temerario vacillasse tu infondi energia di vita, una vita piena, traboccante come questo calice.
Pervadendo la mente l’essenza ci invita alla confidenza, la verità più vera diviene immediatamente irrefrenabile confessione. Così tu mi interroghi mettendo a nudo la mia vergogna, e d’un tratto capisco che anche quella è pregiudizio o falsa educazione.
Eppur mi sorprendi anche quando riesci a stravolgere la conoscenza illuminando volti e memorie ormai in bianco e nero.
Nella nostra solitudine diviene facile appoggiarsi a te, e manca un ospite quando tardi.
Frizzante ai brindisi di gioia, un figlio, un matrimonio, un affare concluso. In quel tintinnio risuona un accordo che uomini di lingue diverse non saprebbero trovare. L’armonia che infondi sembra non appartenere a questo genere, sarà dunque divino questo sentire?
Colui che ti mise su un altare, forse si era inchinato al tuo potere?
Molti che non sapevano sono finiti in catene, invisibili pesanti ai loro piedi, oggi non volano più.
Ai più astuti qualcosa di te hai infuso, ogni apparenza non è che l’istante di un viaggio di coscienza. Si può volare il alto, sognare, piangere, abbandonarsi alla passione più travolgente…
Si può scegliere la solitudine più lontana a trovarla infondo al bicchiere, si può accettare un invito divenendo amico di colui che non conosci. Nel vociare confuso un unico suono risuona, il fluire silenzioso nel ventre che ti accoglie.
Una rosa bianca sorpresa da una goccia di sole trasparente…eccoti! Mi abbandono sentendomi amata in questa stagione della vita, non più chiusa a bocciolo, neppur sfiorita ormai.
Accompagnami dunque, apri i miei occhi su questa terra che mi circonda, infondimi calore mentre la pioggia vorrà stordirmi, aiutami domattina a sorridere al mondo. Viaggia con me nei lunghi inverni, quando la mia pelle sarà percorsa dal freddo, quando il mio viso sarà stravolto dal tempo.
Aiuta la mia mano financhè anche tremante sarà capace di accarezzare.
Non chiedere permesso, disturbami pure nelle mie malinconie, sconvolgi la mia ira dissipando quelle nuvole che ad ogni primavera minacciano la mia vita.
E ad ogni incontro sarò più forte, le mie radici stanche sapranno reggere il vento dell’estate, mi sentirò solleticata dalle cicale, canterò con i grilli ballerini. Volerò con gli uccelli guardandoli, migrerò con loro verso terre che non conosco.
Cercherò in te la dolcezza di un incontro, la forza di uno scontro. L’irrequieto tappo volante mi spingerà all’istinto oltre la paura, mi batterò per quel giusto che tutti chiamano senso.
Anche quando i rintocchi d’una campana avviseranno che la luna sta svanendo saprò che anche il dì è un inganno. Fermerò l’istante, alzerò le mani al cielo e griderò.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non credo possan parole meglio raccontar gli umori che nell'uomo
infonde un calice divino, un amico sincero.

ErreDiPi

silvia ha detto...

complimenti a fanny! e grazie ErreDiPi per le tue parole. A presto.