sabato 27 settembre 2008

rosae mnemosis...in giorni di vino e di rose


Si continua anche oggi con la pubblicazione dei racconti per la raccolta di tutti i testi in concorso per "I giorni del vino e delle rose".

Buon compleanno a Gianna Messori, nata il 27 settembre a Modena e residente a Stagno di Collesalvetti (Livorno).

La signora Gianna è un'insegnante in pensione, appassionata di mitologia e storia medievale. Scrive racconti e poesie da molti anni, ricevendo riconoscimenti in premi letterari d'ogni parte d'Italia. Molte sue opere sono edite nelle antologie dei concorsi.

L'autrice ha voluto intitolare il suo racconto al nostro adorato Chianti Rosae MnemoSis...grazie alla signora Gianna!



Racconto

"ROSAE MNEMOSIS...CHE BEL NOME PER UN VINO!"

di Gianna Messori



Quel giorno Zeus si sentiva particolarmente allegro mentre, scherzando con Dioniso, sorseggiava un classico Vin Santo del Chianti di Villa Petriolo “Dicono che questo vino si addica solo alle signore, ma non è vero. A me piace molto, lo trovo sublime; peccato che Era, altezzosa com’è, non voglia o non sappia apprezzarlo.”
Dioniso stava in disparte, aggiustandosi sul capo la corona di pampini che minacciava di cadere sulle nuvole.
“Su, via!” continuò Zeus “Non te la prendere, se questo vino non l’hai creato tu. Non potevi sapere che gli uomini sarebbero stati così bravi.”
“Ho percorso le più remote regioni della terra insegnando ai mortali la coltivazione della vite e la preparazione del vino; non potevo immaginare che la mia intelligenza e la mia costanza sarebbero state superate fino a tal punto. Nascono ogni giorno vini prelibati, distillati da uve sempre più selezionate; io non riesco più a capirci niente. E ora mi prendi anche in giro!” rispose Dioniso con rammarico.
“Ma no” disse Zeus, nascondendo un sorriso. “La terra è così vasta…Certo che se ti fossi fermato più tempo su questi luoghi…, avresti potuto trovare maggiore ispirazione.” Così dicendo indicò la regione che, illuminata dal sole, si estendeva sotto di loro in un bagliore di colline dominate da boschi, uliveti e vigneti e, come se non bastasse, da castelli e ville di straordinaria maestosità.
“Ma Zeus, mio signore, tu sai benissimo che nel tempo in cui io correvo su e giù per il mondo, questi luoghi non erano così. All’epoca su queste colline non c’era nulla. Sono io che ho spiegato come si lavora la terra e si piantano i semi delle varie colture, dando la preferenza agli olivi e alla vite e servendomi per lo scopo di valli, pianure, di terrazzamenti collinari, di propaggini di rilievi montuosi, di declivi delle coste…”
“Basta, basta” proruppe Zeus ormai infastidito. “Sono io, sono io…lo sappiamo tutti! Ma già che c’eri, dovevi impedire agli uomini di progredire nel lavoro. Evidentemente li avevi sottovalutati. Una volta capito come si faceva sono andati avanti per conto loro. D’accordo, a poco a poco! Ma ora sono all’apice del successo. Hanno creato centinaia di vitigni diversi che danno uve di diverse qualità e colore. Per non parlare poi del vino: rosso, bianco, rosato, leggero, forte, nuovo, invecchiato…”
“Stai zitto; mi fai venire il mal di testa!” esplose Dioniso. E cosi dicendo, gettò su una nuvola, che stava passando, la sua corona di pampini. Zeus lo guardò accigliato. Come si permetteva? Questa era mancanza di rispetto verso il re degli dei! Ma poi scoppiò a ridere. Dioniso era pur sempre il suo figliolo preferito, quello che scendendo sulla terra gli procurava quelle buone bottiglie di vino che lo facevano così felice e facevano sì che potesse vendicarsi di Era, superba e gelosa oltre ogni dire. Fece per avvicinarsi a Dioniso allorché la regina degli dei comparve, maestosamente bella, sul suo cocchio dorato.
“Pensi al diavolo e questo subito appare.” disse Zeus sottovoce a Dioniso, che stava rincorrendo la sua corona di pampini. Questi si fermò e girandosi vide Era che, avendo letto nel pensiero di Zeus, stava dicendo “Il diavolo? E chi è costui?”
“Niente, niente” fece Dioniso “ancora non esiste. Oppure sì, ma stai tranquilla; non si trova nell’Olimpo. Almeno io non l’ho mai visto.” Era lo fulminò con lo sguardo. “Voi due stavate parlando di me!” disse alzando la voce.
“Ma no, che centra? Parlavamo di vino.”
“Me lo immaginavo. Tu, Zeus, sei il mio sposo, e te la fai sempre con gli dei più farabutti che ci sono. Lo sai che a me il vino non piace e non voglio nemmeno sentirlo nominare. Ma è inutile che te lo dica. Tu parli solo di donne o di vino.”
Zeus sospirò, ma non rispose. Da un po’ di tempo Era gli mancava di rispetto, ma adesso non aveva voglia di discutere. Avrebbe pensato poi a punirla, magari appendendola un’altra volta alle stelle o rinchiudendola in una prigione di nuvole. Era aveva girato il cocchio e se n’era andata. Dioniso aveva recuperato la sua corona di pampini e se l’era posta sul capo. “Lo sai, mio re, cosa mi manca ? La vite.
L’uva e la vite. Bei tempi quelli in cui mi avvolgevo nei vitigni e creavo corone di grappoli d’uva! E poi mi mancano le donne di Tebe, che mi onoravano con canti e danze, e organizzavano per me feste sul Citerone. Sull’Olimpo si muore di noia. Senti, Zeus, perché, sotto forme mortali, non scendiamo sulla terra, magari proprio su quelle colline che vediamo sotto di noi? Potremmo mangiare bene, bere ottimo vino e divertirci con belle fanciulle. Che ne dici?”
Zeus era titubante. Non aveva voglia di litigare con Era. Però la proposta era allettante. Inoltre da tempo aveva promesso ad Apollo di condurlo con sé in un giro dilettevole sulla terra. Lo mandò a chiamare. Apollo accorse e Zeus rimase ancora una volta meravigliato per la sua sfolgorante bellezza. “Sei proprio il dio dell’amore” gli disse dopo avergli spiegato cosa si proponeva di fare. “Tu e Dioniso siete l’ideale per passare alcuni giorni in letizia.”
Non ci volle molto per prepararsi. Presero le sembianze di uomini giovani ed attraenti e ben presto si ritrovarono sul territorio del Chianti.
Che meraviglia! Ben altra cosa era vedere dal vivo tutte quelle piante di olivi, colme di frutti, e quei lunghissimi filari di viti cariche di grappoli d’uva. A stento, Zeus e Apollo riuscirono a trattenere Dioniso che voleva tuffarsi nei vigneti. Chiesero ad un passante dove si trovassero. L’uomo li guardò sorpreso: “Dovete venire da molto lontano per non sapere dove siete. Questo è territorio di Montalbano, conosciuto anche come Strada dell’olio e del vino di Montalbano, o come Le Colline di Leonardo.
“Io non ci capisco niente” disse Dioniso sottovoce.
Zeus ringraziò l’uomo e s’incamminò seguito dagli altri. Le macchine che passavano li sfioravano spaventandoli. Più di una volta il dio fu tentato di farle volar via. Mentre camminava osservava i castelli e le ville, che si susseguivano sul territorio, rimanendo meravigliato da tanta bellezza e ripromettendosi di costruirne sull’Olimpo di ancora più belle. Avrebbe trovato degli artisti così bravi? Era da vedere. Fra gli dei non ne conosceva. Poco male. Avrebbe rapito qualche mortale in grado di poterlo fare.
“Ho sete” disse Dioniso.
Si guardarono intorno. Villa Petriolo si stagliava maestosa davanti a loro. A un intenditore come Zeus non sfuggì l’aroma del Vin santo che aveva bevuto sull’Olimpo. “Qui, fermiamoci qui!” disse.
Il locale nel quale entrarono era molto accogliente; furono invitati ad una degustazione di vini pregiati e, ben presto, si sentirono proiettare in una dimensione nuova. Diventarono allegri, dimenticarono la noia e le angustie della solita vita. Perfino Era apparve a Zeus molto diversa: gentile e cordiale; sempre sorridente.
Tutto ciò non gli impedì di ascoltare le persone che lavoravano nei dintorni.
“Le cassette di legno ordinate per il pregiato vino bordolese di Rosae Mnemonis sono pronte.” stava dicendo una signora.
“Che bel nome per un vino” disse Zeus “dobbiamo proprio assaggiarlo.”
“Non sarà difficile” rispose Dioniso sorridendo. “Siamo o non siamo gli dei dell’Olimpo?”
“Allora, noi possiamo anche andare. Provvederai tu per il vino.”decise Zeus.
“Mi avete portato con voi, ma avete pensato solo a bere” protestò Apollo.
“Un’altra volta, un’altra volta!” disse Zeus enigmatico.
S’incamminò guardandosi intorno. Il giardino della villa era uno splendore di fiori. “Guarda Apollo” fece Zeus ammiccando “forse non sei venuto inutilmente. Il vino ha risvegliato in me l’amore per Era. Vedi quelle rose? Portamene una. La darò alla mia sposa che sicuramente sarà felice e berrà con me un calice di quell’ottimo vino che mi porterà Dioniso. Ma come si chiama?”
“Chianti” disse Dioniso sornione, pensando che era inutile portare a Zeus quel vino così prezioso. L’avrebbe bevuto lui, brindando alle donne di Tebe che tanto l’avevano amato.

Nessun commento: