lunedì 13 ottobre 2008

tenuta Ginevra


"Tenuta Ginevra", il racconto di Oriana Casiello per "I giorni del vino e delle rose", pubblicato oggi per la raccolta di tutti i testi partecipanti al concorso di Villa Petriolo edizione 2008.

Oriana Casiello è nata nel 1980 a Foggia, dove abita. Iscritta alla Facoltà di Giurisprudenza, frequenta dal 2001 al 2004 il laboratorio teatrale “Teatro e teatro” del Teatro dei Limoni, presso il quale apprende tecniche di recitazione e scrittura creativa. Svolge stages con Giuseppe Maradei, Riccardo Garrone e Guglielmo Ferraiola. E’ autrice ed attrice in “Radio libera”, “Arancione asettico”, “Diffidate del finale”. E’ assistente di scena per “Codice Killer”, regia di R. Galano, e per “Un taxi a due piazze”, regia di Raffaele Manna, per la regia del quale è assistente regista in “Funny money” del 2007.


Racconto

"TENUTA GINEVRA"

di Oriana Casiello



“Ogni vino per essere gustato meglio, ha bisogno del bicchiere adatto”, mi ripeteva sempre mio nonno, e quando ti conobbi capii il significato di quella frase che da ragazzo viziato, non avevo mai inteso per davvero. Ricordo come se fosse ieri, era estate, avevo terminato i miei studi e mi stavo prendendo il meritato riposo, quando quella mattina, a causa della tua auto da rottamare, capitasti casualmente nella mia tenuta e tutto cambiò per sempre. Eri così bella, eterea, ti avvicinasti al roseto con una tale disinvoltura ed io fulminato dal tuo incontenibile sorriso, iniziai a presentarmi cercando di conquistarti col mio savoir-faire. Tu mia cara Ginevra, con i tuoi studi artistici sapevi tutto di musei, chiese, monumenti ma ignoravi il meraviglioso universo della natura, così fui io, il tuo maestro e per la prima volta apprezzai le mie origini più della laurea alla Bocconi e giorno dopo giorno fra gli odori e le cromature estive, il nostro amore iniziò a germogliare.
Con il tempo e con la conoscenza, diventammo inseparabili, dopo sei mesi eravamo già sposi e quelle che seguirono furono le nostre migliori annate.
Ti volli a tutti i costi, sapevo che eri malata e che avere un figlio sarebbe stato impossibile, ma ti ho amato da subito ed incuranti delle avversità, decidemmo di vivere intensamente ogni attimo che la vita ci avrebbe riservato. Trasferimmo la nostra residenza anche quella invernale, nella tenuta di mio nonno, così si potevano gestire meglio i suoi possedimenti ed ho sperato che fosse la soluzione ideale per la tua salute, non volevo danneggiarti con il caos metropolitano.
Aria pura, lunghe passeggiate, distese immense di colori, l’odore delle rose che illuminava il tuo volto, le primizie, il mosto, la tenuta era il luogo ideale per formare la nostra famiglia.
Tu, in breve tempo, con il tuo entusiasmo contagiasti tutti i nostri collaboratori così la nostra azienda decollò, al di sopra di ogni previsione, ed io che da ragazzo sognavo di fare il manager fra aerei e grattacieli, incredibilmente felice e soddisfatto di tutto quello che in passato rifiutavo.
Avevo bisogno di te, angelo mio, per rivoluzionare le mie priorità, per comprendere che quel chicco d’uva pigiato e trasformato con tanto amore può diventare oro; è vero il lavoro coadiuvato dalla passione può raggiungere risultati strabilianti, i vini pregiati e rinomati aprirono una nuova era ma per oro non intendevo questo.
Io sono cresciuto nell’agio, ma sono stato come un vino messo in cantina ad attendere ed al momento giusto bevuto. Ginevra sei stata tu il mio intenditore, tu che per paradosso a causa della tua salute non hai mai potuto bere, sei stata il degustatore più pregiato che mi potesse capitare ed io non avrei mai voluto che smettessi di bermi. Mi hai assaporato con uno stupore ed una semplicità che nessuna mi aveva mostrato; noi come bottiglie, in quella grande cantina che è la vita, destinate comunque ad una scadenza, dotate solo della speranza di essere consumate da un raffinato intenditore che sappia comprendere ,amare ed esaltare ogni specifica caratteristica.
E’ fissa nei miei occhi l’immagine di te che mi porgi il baloon e mi chiedi come un non vedente con un viso sconosciuto, di descriverti il sapore, di farti percepire il retrogusto e di dirti se quel bouquet trasmetteva l’essenza delle rose che tu amorevolmente curavi. Era il giorno prima del mio compleanno, io fui dettagliato nel rispondere ma irresistibile era la voglia di averti e così sempre più inebriato dalla sensualità unita al candore che solo tu possedevi, feci cadere il bicchiere e con le mani sporche ti strinsi forte come fosse l’ultima goccia di quella inestimabile botte che era il nostro amore.
Sono trascorsi oramai cinque anni da quando mi hai lasciato solo, ma niente è cambiato in me o nella tenuta, anzi sì, ora porta tutto il tuo nome.
Queste pagine dedicate a noi, le ho scritte per allegarle al nostro album, il memoriale come dicevi tu; rivedo ogni sera i nostri meravigliosi ricordi incisi
in immagini, era così lontana e non ci spaventava la tua malattia; soltanto adesso comprendo, tu lo sapevi che nella disperazione mi sarei consolato e fissato su quelle foto ma tu anticipavi i miei desideri, eri unica e favolosa.
La tua assenza mi ha tolto la voglia di vivere, posso solo portare le tue amate rose bianche al cimitero. Sono sempre ebbro di te mio adorato nettare, purtroppo la mia cospicua riserva non ti possiede ma mi rallegra nell’immensa nostalgia di te, sentirti viva nel mio cuore così i nostri giorni anche se solo nella mente mia, potranno colorare ancora un po’ la mia esistenza.

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