venerdì 7 novembre 2008

tradizione e realtà agitate in un bicchiere...


Pugile, Francesco Toraldo




Oggi si festeggia Guia Frasseto, autrice del racconto "Tradizione e realtà agitate in un bicchiere" per il concorso letterario "I giorni del vino e delle rose".

Guia Frasseto
è nata a Genova, dove risiede, il 7 novembre 1982.
Dopo il Diploma in Economia Aziendale, ottiene la laurea in Operatore Giuridico d'Impresa presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova. Attualmente è consulente presso una società di servizi in materia di protezione dei dati personali ed estensore di progetti ambientali da sottoporre alla C.E.. Ha scritto un libro fantasy per ragazzi, "Le tre sfere perlate". Comporre testi pr canzoni è un altro piacere che difficilmemte Guia riesce ad abbandonare.


Racconto

"TRADIZIONE E REALTA' AGITATE IN UN BICCHIERE"

di Guia Frasseto



La delicatezza dello stelo mi permetteva di far piroettare ripetutamente con movimento rilassato, lungo il bordo del bicchiere, la pesantezza del tono ombroso, che si contrapponeva alla soavità che avevo tra le dita.
Quanto vetro panciuto stavo appoggiando sulle mie labbra questa notte, se mi fossi messo di impegno sarei riuscito persino a contarlo. Era l'ennesimo sorso, ma al dispetto degli altri bicchieri tardavo nell'intravedere il fondo, centellinavo il vino come un sommelier, indugiavo a lungo per mantenere vivo il momento: la compagnia era allettante. Fintanto che l'acuto bruciore si espandeva all'interno del mio stomaco, l'aria assaporava gli aromi del frutto della vite ormai da parecchie ore.
L'occhio socchiuso non era in grado di penetrare nel cupo di quel liquido che portava la mente alla confusione, ma questi particolari mi ricordavano ogni singola manciata della mia terra, lontano dalle origini dell'ospite che avevo di fronte.
Avevo voglia di condividere con qualcuno il “vino del racconto e della luce soffusa” e il Signore seduto sullo sgabello aveva bussato giusto in tempo al mio tavolo; non ricordo se gli avessi spedito un invito e se pertanto mi aspettassi una sua visita, tuttavia era lì davanti a me, con le gambe accavallate e un cappello bianco intrecciato a mano con fibre di palma nana.
Mi guardava dal basso verso l'alto in un sottofondo silenzioso che si era creato non appena è comparso, non per le mie labbra impastate e viola, bensì per il suo fisico robusto e per la sua presenza taciturna e immobile; dovevo cogliere l'attimo, così, diedi parole al mio fiato senza precludermi nulla.
“Vedi questo vino? E' pregiato, se ne deduce che non ha nulla a che fare con te, però è scuro come la tua pelle, forte come i tuoi pugni e sordo come le tue orecchie, ma non è trasparente, sfortunatamente per questo particolare si dimostra adatto a te. Lega in bocca come le tue parole non scritte, che non hanno avuto forza né abilità per andare oltre agli scatti di rabbia che ti hanno vincolato la vita. Facile sostenersi su pagine numerate, perché sapevi che le avrebbe lette unicamente chi teneva a capirti e chi ti credeva.
Quando cola sul palato liscio se ne sente l'impeccabilità, la completezza e sai perché? Perché è maturo, tutti gli elementi sono in un rapporto perfetto tra di loro, al contrario del tuo errato passaggio in quell'attimo di storia, che ti ha allontanato da questa sensazione in cui, inaspettatamente, la tua intelligenza e il tuo sguardo fiero ti avevano fatto saltare. Non era asfalto, era ghiaccio che scricchiolava come zucchero caramellato, per poi farti cadere in un incubo amaro come il retrogusto di questo vino.
Non mi vuoi accompagnare in questo tuo gran navigare in pessime acque? Perlomeno potresti assaggiarlo, non stare lì impalato, prima o poi ti si addormenteranno le gambe. Non mi piace il tuo sguardo di rivincita!
“Ti ho già detto che mi permette di rivivere l'infanzia? Un mondo nuragico, sconosciuto al resto dei miei connazionali tanto da dare l'impressione di essere stato scoperto di recente. Si raccolgono pomodori, si chinano le schiene sotto il sole per tagliare i grappoli d'uva e ci si arrampica sugli alberi per rubare fichi, del resto la fatica di questo lavoro l'hanno conosciuta anche i tuoi fratelli sulle colline del New Jersey. Evidentemente non tu, che avevi altre speranze, come trovare la via d'uscita a quel freddo ferro della polizia che ti stringeva i polsi e che ti dichiarava colpevole. Rappresenta la mia arida e bacchica terra poiché è sempre stata capace di nascondere le cose a chi non le ha mai volute considerare.
Riesce a trasportarmi nel tuo ricordo, come se fosse il mio, eppure è solo liquido colorato, ma ha la capacità di filtrare e annegare il rimpianto di non aver cambiato percorso, capitando innanzi a questo maledetto bar.
I tuoi muscoli erano l'arte per il tuo combattimento, per raggiungere la vittoria, ma tutto passa e tutto prima o poi è destinato a svuotarsi; è passata la gloria destinata a cancellarsi per sempre, è passata la verità sotto le suole dei bianchi, è passato il dolore dietro le sbarre, è passata la speranza di essere rilasciato ed è passata pure la nitidezza con questo potente scacciapensieri, capace di alterare la tua personalità, i tuoi pensieri e ti rende pesante nei movimenti. Quegli “angoli” che per te rappresentavano l'autodifesa, per me sono rappresentati dalla “gradazione”, si beve per barcamenarsi nei propri timori, l'effetto rimane lo stesso, dimenticare, sia che sia un ubriacatura da pugni, sia che sia un ubriacatura da gocce”.
Mi ero sfogato abbastanza, non avevo più guantoni da appendere al chiodo. Le mie mani tremavano e la stanchezza si avventò su di me. Dal mio monologo mi era rimasta la speranza di una riflessione e non di una vendetta, la regia si era comportata bene con me, ma non certo con il mio amico che continuava a fissarmi quieto e muto. Mi volava per la testa il presagio della creatura nella quale mi sarei reincarnato.

“Un montaggio della vita perfetto!”. Avevo intenzione di dirglielo, ma mi limitai ad alzarmi in piedi e appoggiare le labbra a quel gusto intenso e amaro che caratterizzò tutte le fasi della mia esistenza. Erano le 2 e 30 e il rischio della brutale sorte poteva essere nuovamente dietro l'angolo, ma non ho mai temuto la sfida lanciata da chiunque e anche ora avrei fatto la stessa cosa, così bevvi un altro sorso e uscii dal “Lafayette Bar and Grill” non catturando più l'attenzione di chi non sapeva o di chi un tempo mi chiamava Hurricane”.

Hurricane, Bob Dylan


Tributo a Rubin Carter, The Hurricane

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