mercoledì 27 maggio 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. E dio creò la donna: BB




Alla Principessa del musetto imbronciato, contessa dallo sguardo languido, è dedicato questo mercoledì Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi.

Bri-Bri, icona sexy degli anni Cinquanta, sogno proibito di intere generazioni di maschietti, piace a tutti. Irresistibile con lo chignon scomposto, che ancora oggi si porta in suo omaggio.





Lolita hippy a Saint Tropez: il fenomeno B.B. nasce sulle spiagge di questo porticciolo della Costa Azzurra, tra barche di legno e reti da pesca, per mano del regista Roger Vadim. Le sue forme perfette da piccola sfinge imbronciata - ecco come la definì Jean Cocteau - furono immortalate nel film "Et Dieu... créa la femme", pelliccola che fece epoca e soprattutto scatenò lo scandalo.



"(...)in Italia fu tradotto, con evidente intento moralistico e moralizzatore, con Piace a troppi. Non che si vedesse chissà che: come il cesto di frutta del Caravaggio il corpo della Bardot era filmato perfettamente in asse, così da mostrare «solo» la linea del corpo, steso nudo tra le lenzuola. Ma dietro la silhouette di quel corpo ognuno poteva sognare quello che voleva. La storia, in sé, non era particolarmente originale: raccontava i turbamenti di una ventenne di Saint Tropez, per di più orfana, che accettava di sposare la persona sbagliata e che faticava ad amarlo perché da sempre innamorata del fratello. Quello che colpì fu la naturalezza con cui Vadim raccontava i dubbi e le paure della protagonista, senza sentirsi obbligato a costruire complicate struttura narrative. Come dice di lei il personaggio interpretato da Curd Jurgens, «ha il coraggio di fare quello che vuole e quando vuole». Una spontaneità che colpì anche i futuri registi della Nouvelle Vague, da Godard a Truffaut, che in Piace a troppi videro l' antesignano di un nuovo cinema, capace di filmare «le ragazze come le amiamo E i ragazzi come li vediamo ogni giorno». Una rivoluzione che in Italia arrivò poco e male, perché la censura costrinse il distributore a cambiare parentela tra i due fratelli che si contendono la Bardot, trasformandoli in cugini (che vivono nella stessa casa e hanno la stessa madre...). Oltre naturalmente a tagliare una bel po' di minuti, specie nel mambo finale".

Brigitte Bardot si impresse nell'immaginario collettivo con quella figura anticonformista e provocante che le valse il titolo di simbolo del male (!) per eccellenza. Il Vaticano, infatti, nel padiglione per l' Esposizione Universale di Bruxelles '58, scelse proprio l' attrice francese come incarnazione della tentazione.



Altro scandalo la canzone Je t'aime... moi non plus, che il cantautore francese Serge Gainsbourg scrisse per la Bardot nel 1968, durante la loro breve ma intensa passione amorosa. Dalla composizione e l'intonazione molto erotica, la canzone inizialmente era stata registrata con Brigitte Bardot, ma, in seguito, dopo la rottura tra Gainsbourg e BB, fu registrata da Jane Birkin, moglie del compositore.

Ritenuta troppo osée, la canzone fu censurata in molti Paesi. In Francia fu bandita persino la versione castigata!






Oggi che Brigitte Bardot è una donna diversa, impegnata nella difesa degli animali con una forza che ha scatenato non poche polemiche - e pure qualche condanna! - non si è perso quel suo fascino, fatto di forza e fragilità, eccentricità e candore, di minigonne a quadri e ballerine, che, nel ricordo, continua ancora oggi ad incantarci.

"(...) Brigitte Bardot è l’esemplare più completo di queste ambigue ninfe. Visto di spalle, il suo corpo di ballerina, minuto, muscoloso, è pressoché androgino; la femminilità balza esuberante dal suo busto incantevole; sulle sue spalle scende la lunga e voluttuosa chioma di Melisenda, acconciata però con una negligenza da selvaggia; le sue labbra accennano un broncio puerile e nello stesso tempo invitano a baciare; cammina a piedi nudi, se ne infischia di come è vestita, non porta gioielli, non ricorre a busti, non si profuma, non fa uso di nessun artificio, purtuttavia le sue movenze sono lascive, e un santo si dannerebbe soltanto a vederla danzare.
Spesso hanno rimproverato al suo volto l’incapacità di cambiare espressione e la fissità della sua maschera; il mondo esteriore infatti non vi si riflette e da esso non traspaiono emozioni intime; ma questa indifferenza le si addice; l’esperienza non ha segnato Brigitte Bardot; anche se è donna di vita come in «En cas de malheur» la lezione è stata troppo confusa per essere efficace; senza memoria, senza passato, ella ritrova, grazie alla sua non-coscienza, quella perfetta innocenza che si attribuisce miticamente all’infanzia".

Da Brigitte Bardot di Simone De Beauvoir

2 commenti:

Antonio ha detto...

L’artista, pur con immane fatica e lavoro certosino, deve le sue indubbie qualità a un dono di natura, mediante il quale ha la facoltà di ottenere la vita eterna in termini di perenne memoria (o fama).
Ma anche la somma bellezza, quella che modella i gusti e la percezione di ciò che arriva ai nostri occhi, è una forma di genio, in quanto massima espressione dell’apparire, che, per quanto sovente svilito, rimane pur sempre una gran porzione della realtà che ci circonda. La bellezza basta a se stessa per se stessa. Anche se brevemente…
Mi sono sempre chiesto come chi abbia ricevuto questo genio riesca a sopportarne la rapida caducità. Intendiamoci, tutti hanno a che fare, più o meno duramente, col tempo che passa. Da sempre (vedi il tuo post su Nefertiti). Basti pensare alla mole di lavoro dei chirurghi..
Però le nevrosi delle starlette nostrane o delle disperate wives odierne, o anche dei fitness dipendenti rispetto a questi casi assoluti assumono quasi i contorni del grottesco, o del tragicomico.
Ma chi è stato identificato come un modello dell’apparire, come pura forma, non finisce con l’estraniarsi da se stesso sotto il peso di quella responsabilità? Pensiamo alla Bardot. Per quanto viva e vegeta, eccome, tutti parlandone richiamano alla mente l’immagine di come essa fu, non di come è ora. Al pari della Monroe, che invece non c’è più e di cui l’ultima immagine coincide con quella rimasta nell’immaginario. Ecco, l’immaginario..
Una figura “invasiva” come quella della Bardot di fatto si sdoppia, e vive la sua vita reale da sola e qiella dell’immaginario, con un immagine eterna eppure passata..E lei lo sa. Di fatto non esiste quindi, perché tutti parlano di una figura che non c’è più..Però c’è…
Scusa il gioco del paradosso Silvia…Mi ci sto un perdendo..però forse è così….
Difficile da gestire…
Pensiamo al mito di Eos, che chiese l’immortalità per il suo amato, ma si dimenticò di chiederne anche l’eterna giovinezza..ed egli raggrinzì, si piegò, si imputridì senza poter morire…
Hai scritto della fissità del viso di B.B., di una maschera, del non trasparire di emozioni interne..
E’ forse la fissità della bellezza, che guarda attraverso e oltre il presente, sull’eternità in cui è già proiettata in vita, a costo della vita reale..
E’ uno sguardo delle opere d’arte..Dove guarda il David? O la Monnalisa..
Ecco, nella malinconia del paradosso di oggi ti offro un cavaliere eterno, modello di canoni di bellezza come lo fu, in carne e ossa, B.B: l’Apollo di Veio, con le sue forme perfette, il suo sorriso enigmatico, la sguardo teso all’infinito..

silvia ha detto...

...costo della vita reale...questo il rischio che corre chi guarda oltre? Ieri ascoltavo una bella intervista rivolta da Daria Bignardi allo scrittore Antonio Moresco - "I canti del caos", da leggere assolutamente - il quale, alla domanda che riguardava Saviano e la sua vita blindata contro la camorra e che chiedeva quanto valga la pena sacrificare la vita vissuta alla letterattura, ha risposto: per me non c'è differenza, la letteratura coincide con la vita. Una vita vissuta pienamente - che per uno scrittore significa dire le cose in cui crede fino in fondo - dà all'uomo la dignità che merita. Non è una vita a metà, quella di Saviano, ma una vita nobile.
Avrà seguito una vocazione anche BB? il prezzo: diventare icona di se stessa?