giovedì 11 giugno 2009

Mascalese Gaetano detto Tannino di Manuela Minelli



Prosegue la pubbblicazione su DiVINando dei racconti segnalati al terzo concorso letterario di Villa Petriolo S'IO FOSSI...VINO.


Oggi è la volta di MASCALESE GAETANO detto TANNINO ovvero UN DESTINO DI VINO di Manuela Minelli.

Tanti complimenti a Manuela da Villa Petriolo e buona lettura a tutti!


MANUELA MINELLI è nata a Roma, dove abita. E' giornalista pubblicista. Attualmente Istruttore di Polizia Municipale presso il Comune di Fiumicino.
Ha pubblicato inchieste, reportage turistici, interviste, articoli di costume e moda collaborando a quotidiani e periodici nazionali, intervistando personaggi del mondo dello spettacolo quali Phil Collins, Eros Ramazzotti, Ornella Muti, Gigi Proietti, Ugo Tognazzi, Oliviero Toscani, Michele Placido, Meryl Streep, Isabella Rossellini, Nancy Brilli, Giorgia, Philippe Leroy, Luciano De Crescenzo, Isabella Ferrari, Christian De Sica, Luciana Littizzetto, Michele Cocuzza e tanti altri. Durante tutta l’attività giornalistica ha pubblicato circa 800 articoli. Per un anno ha curato l’ufficio stampa della L.I.P.U., Lega Italiana Protezione Uccelli. E’ stata capo ufficio stampa e responsabile delle pubbliche relazioni dell’Ente Turistico di Hong Kong in Italia. Ha ideato e scritto dodici commedie musicali, alcune delle quali rappresentate in vari teatri d’Italia. Ha pubblicato un romanzo dal titolo “C’è odore di cuore” (Giraldi Editore) e attualmente sta lavorando ad un “Epistolario erotico-ironico tra due internauti sconosciuti”. Ha un blog su Kataweb che registra oltre 100 contatti al giorno.
Blog: http://manuelapeace.blog.kataweb.it



Racconto MASCALESE GAETANO detto TANNINO ovvero UN DESTINO DI VINO


“Arzigliano porti un bicchiere d’acqua a quest’uomo!”
“Acqua?!? Ma lei mi vuole morto, mi vuole! Non dia retta, se proprio devo bere, mi porti un bicchiere di vino, bontà vostra”.
L’uomo inframmezzò la richiesta con preoccupanti colpi di tosse, quasi a sputar fuori i polmoni e chissà cos’altro. Continuava a passarsi le mani nodose sui pantaloni, come a pulirli da qualcosa che era difficilissimo da tirare via.
“Allora signor…come ha detto di chiamarsi?”
“Mascalese Gaetano, Tano anzi…Tannino per gli amici. Vede capitano - o dottore, come devo chiamarla? – Il mio è un destino di-vino, e perdoni il gioco di parole. Io con il vino ci sono nato e cresciuto, anzi di più, io in mezzo al vino sono stato concepito. Mi spiego meglio. Sotto i vigneti delle Terre Arse, quando ancora non si chiamavano così, mia madre e mio padre…era una notte di luglio, sa quelle notti di luglio calde e profumate d’ambra, di mare e zenzero? Quando il rumore del Mediterraneo si fa tutt’uno con la camurria dei grilli? Beh, quei due ragazzi si erano dati appuntamento sotto i filari e vuoi i profumi, vuoi la brezza, vuoi la musica della natura, insomma a fine aprile venni al mondo io. Ed ero un bel bambino sa?, con gli occhi come acini d’uva, diceva sempre quella santa donna di mia madre, che poi di figli ne ha concepiti altri quattro, e con mio padre nel frattempo ci si era sposata”.
“Signor Mascalese…Tannino, se magari potessimo giungere rapidamente ai fatti…”
“Certamente dottore – o commissario, come devo chiamarla? – E’ che, vede, devo spiegarle perché io e il vino siamo tutt’uno, come il mosto e le vinacce, come i fratelli siamesi, siamo una cosa sola, ecco…”
“Sì, va bene signor Tannino, ma la prego continui – rispose il Commissario Florio, porgendo pazientemente un bicchiere di vino rosato e frizzante all’uomo con la fronte imperlata di sudore che era di fronte a lui e pregando in cuor suo di poter chiudere la pratica in tempo per arrivare a casa ad un’ora decente. Con lo sguardo rivolto verso un punto imprecisato della stanza, dopo una lenta sorsata, Mascalese Gaetano, detto Tannino, continuò a raccontare.
“Quando quell’anno ci fu la vendemmia, mia madre e tutte le donne di casa scesero nelle vigne ed io ero lì con loro, dentro ad una cesta che mia madre spostava sotto ad ogni filare a cui tagliavano i grappoli e ogni tanto, sui panni in cui ero avvolto, cadevano stille del succo di quell’uva, ma io non me ne curavo sa, tutto protetto da quell’allegria. Era il mio battesimo del vino e da allora, ma forse anche da prima, quello fu il mio destino. Come faccio a ricordare? E’ che mia madre, Amelia, ha fatto così con tutti i miei fratelli, io c’ero quando li portava alla vendemmia, e so che l’ha fatto anche col sottoscritto. Brunello, mio padre, dirigeva gli uomini, e le donne aiutavano e cantavano e preparavano pranzi colorati e sontuosi e la vendemmia era una festa. Poi sono cresciuto ed è grazie al vino che ho conosciuto mia moglie, Donna Camilla, che come il mio vino era profumata, raffinata e genuina”. E qui Mascalese Gaetano, detto Tannino, fece una pausa, chiuse gli occhi, assaporò un altro poco del vino che gli era stato portato e proseguì. “Ed è sempre per il vino che ho potuto mandare i miei figli Alcamo, Brunello e Maristella nelle migliori scuole prima e nelle più prestigiose università del continente poi”.
“Sono contento per lei signor Mascalese, ma devo chiederle di arrivare ai fatti”, lo pregò il commissario Florio, accorgendosi che gli occhi di Mascalese Gaetano, detto Tannino, si erano velati di lacrime, improbabili su quel viso di cuoio e impossibilitate a rotolar giù, tenute a freno dalla dignità e dall’orgoglio di uomo del sud.
“Le minacce cominciarono quando ormai la mia azienda, piccola, e genuina, aveva ottenuto un prestigio internazionale. I vini delle Terre Arse venivano sgrondati, imbottigliati e imballati a mano, per essere liberati e assaporati sulle tavole di nobili, sapienti e buongustai di tutto il mondo. Pensi che un paio di volte venne la televisione a riprendere per mostrare al mondo cosa c’era dietro ai vini Terre Arse”. E qui un guizzo di vanità percorse il volto di Tannino. “ Non era solo il vino sa? Dietro Terre Arse c’era la fatica ma anche la storia, c’erano la dedizione, il sudore, la passione, l’amore e l’attaccamento alla terra di tanta gente che col vino, per il vino e del vino ne ha fatto un’arte. C’era la vita, la mia e quella della mia e di altre famiglie. Ed ora c’è solo rabbia, la rabbia impotente e…”
A Mascalese Gaetano, detto Tannino, si strozzò la frase in gola e soltanto un provvidenziale sorso di vino gli permise di andare avanti.
“Un giorno trovai Artimino e Brachetto, due dei gatti di mia moglie, impalati al cancello della nostra casa. Sapevo cosa significava, era un messaggio ben preciso: ora i gatti, poi la tua famiglia, poi te. Cominciò un lungo periodo di paura, per fortuna i miei figli erano già fuori dal loro tiro, ma a mia moglie vennero gli incubi ugualmente. Richieste? No, ancora non ce n’erano state, ma quello era un avvertimento, un biglietto da visita come a dire Preparati, tra poco passiamo a riscuotere. Ma la richiesta non arrivava mai.
No commissario, magari fosse stato il pizzo, no…che quello ero pure preparato a pagarlo. Loro non si accontentavano dei piccioli, loro volevano di più.
“Ma loro chi, Mascalese, loro chi?” Il commissario Florio, pur non volendo, aveva gridato e sbattendo il pugno aveva fatto vibrare la logora scrivania, schivando per un pelo il bicchiere del vino. Una penna rotolò in terra e Arzigliano si precipitò a raccoglierla rimettendola al suo posto.
“Ora ci arrivo dottore, ora ci arrivo”, disse Mascalese Gaetano, detto Tannino, con voce stanca. “Poi toccò ai cani. Al setter Zucco e alla labrador Lancellotta spararono senza pietà in una notte di primavera. E da lì mia moglie non si riprese più, vedeva morti ammazzati dappertutto, perse il sonno e la ragione, cominciò a trascurarsi e a morire dentro.
Finchè, due settimane più tardi, arrivarono a mostrarsi, finalmente. Una mattina, mentre uscivo di casa, me li ritrovai sul viale. Avevano non so come oltrepassato il cancello, come a dire Vedi Tannino, se vogliamo ti entriamo pure dentro casa. Il Cortese e il Corvo, i due beccamorti di Cusumano, mi spiegarono che il loro capo aveva deciso che lì doveva nascere il più grande centro commerciale della zona, che non gli bastava la sua proprietà, no, questa merda di centro commerciale doveva espandersi fino alla costa e Terre Arse era nel mezzo, dava fastidio capisce? Quindi mi faceva una proposta che non potevo rifiutare. Comprava la mia terra ad una cifra astronomica, potevo sistemarmi tutta la vita, io e la mia signora, in uno di quei posti di vacanza dei film americani e riposarmi finalmente, campando di rendita. Ma secondo lei signor commissario, cosa me ne facevo io di una vacanza coatta senza le mie vigne, con la mia Donna Camilla dai nervi ormai di cristallo, lontano dal mio mondo, dal solo mondo che conoscevo e dove volevo essere sepolto visto che là ero nato? Risposi che mai e poi mai avrei venduto, così, d’istinto. E sa che le dico? Non provai neppure paura, solo tanta rabbia, ed era questa che mi metteva paura, avevo paura della mia rabbia.
Il Corvo rise, di una risata cattiva e volgare. Il Cortese sogghignando allargò le braccia e sibilò: Terre Arse, il destino in un nome. Fa caldo qui Tannino, cosa te ne fai di una terra che può ardere da un momento all’altro, è pericoloso, basta un niente…un niente. Pensaci Tannino.
Capisce dottor commissario. Capisce ora perché…io…perché loro…è tutta cenere adesso…Terre Arse è arsa davvero, ma non per mano loro. Io l’ho creata e soltanto io potevo distruggerla, tanto con loro non c’era soluzione dottore, non c’era soluzione…”. La fronte di Mascalese Gaetano, detto Tannino, produsse abbondanti goccioline di sudore.
“E lei Signor Tannino non ha più visto né saputo nulla del Corvo e del Cortese, me lo conferma?”
“No, mai più”.
E così dicendo Mascalese Gaetano, detto Tannino, strinse forte nel pugno della mano destra ficcato nella giacca un pezzo di radice della pianta madre del suo vigneto. Lo avrebbe preservato per tenere bene a mente le sue radici. Così come negli occhi e nelle orecchie avrebbe conservato per sempre e tenuto a mente le urla di terrore e la visione della carne dei due beccamorti mentre si fondevano nel fuoco. E il fuoco di vino purificava il tutto.

2 commenti:

Slawka G. Scarso ha detto...

Bel racconto davvero, brava Manuela.

silvia ha detto...

Grazie cara Slawka, ancora tanti complimenti a Manuela!
un abbraccio.