mercoledì 29 luglio 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. Pina Bausch, la grazia in punta di piedi



Pina Bausch, coreografa tedesca madre del teatro danza - una forma di danza fortemente evocativa, caratterizzata dalla fusione di teatro e arti figurative - è uscita di scena, in punta di piedi, circa un mese fa. Affetta da una grave malattia, a sessantanove anni ha salutato il suo numeroso pubblico alla vigilia di un grande ritorno nell'amatissima Italia, dove era direttore onorario dell'Accademia Nazionale di Danza di Roma: il debutto del suo ultimo spettacolo al Festival di Spoleto, "Bamboo Blues".

Un ricordo ed un omaggio in questo ultimo mercoledì di luglio per Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi a questa grande donna dal corpo lieve come l'aria e la passione per le persone salda come l' acciaio.



Uno sguardo nitido, azzurro. Lo sguardo di chi ha sentito, ha compreso.

Il ritratto di Francesca Pedroni sul settimanale Left ce la ricorda così: "(...) con la sua eleganza discreta, il suo amore per l'interiorità delle persone, la sua sorprendente capacità di parlarci con il Wuppertal Tanztheater, è una parte della vita di molti noi. Dagli anni Settanta a oggi i suoi pezzi hanno raccontato al mondo l'uomo con uno sguardo fresco e profondo, ironico e pungente, con emozione e capacità di farci capire le difficoltà delle relazioni e la magia degli incontri, la bellezza delle diverse età, quello che muove le persone".




Chi rammenta il film di Federico Fellini "E la nave va", "approdo di personaggi e situazioni tra melodramma e amarezza tragicomica", non può averla dimenticata nel ruolo della contessa cieca...la musica la fa vedere come un arcobaleno di colori...


"Anche le voci sono colori...".
E' l'espressionismo che accompagnerà l'arte della coreografa sin dall'inizio della sua luminosa carriera, con un'originalità che è riuscita a innovare anche molte forme artistiche alla danza vicine. Per Pina Bausch la danza è espressione di un'intimità che s'apre sugli altri, è storia di persone, di solitudini che si incontrano, poi si lasciano, di nuovo si uniscono. E' la magia della vita.



E su tutto la sobrietà del gesto - il minimalismo dell'azione, essenziale, carica d'intenzionalità e di potenza drammatica - di questa eccezionale compositrice di danze.



L'ormai leggendaria sottoveste bianca in cui è avvolto il corpo emaciato, quasi scheletrico, della danzatrice in Cafè Muller, uno dei suoi capolavori, con la musica commovente di Henry Purcell, per "Dido and Æneas", a fare da co-protagonista, non ce la scorderemo tanto facilmente. Immagine di straordinaria efficacia di un'ossessione tutta umana, il tema universale dell'incontro, della tensione continua a sfiorarsi per poi allontanarsi, della difficoltà di comprensione tra uomo e donna...Il corpo sembra avvolgersi su stesso, e poi scomporsi, tra le sedie ed i tavoli vuoti ammucchiati nel caffé, tra i silenzi, le assenze, le paure.

Ma senza mai perdere la grazia. In memoriam.

2 commenti:

Antonio ha detto...

Ho avuto modo di conoscere Pina Bausch grazie a te qualche mese fa, in uno dei tuoi precedenti post (Orfeo ed Euridice?). E' uno dei mille grazie che ti devo per gli spunti e gli insegnamenti che dai..

A questa infinita artista, per l’espressività del suo corpo e del suo sguardo, ben si addice ciò che scrisse il Tasso: “Ciò che la lingua esprimer ben non puote, muta eloquenza ne’ suoi gesti espresse”.
Per quello che tu ne scrivi, per quella danza che è “storia di persone, di solitudini che si incontrano, poi si lasciano, di nuovo si uniscono”, avrei pensato a un cavaliere dallo sguardo invece obliquo, stralunato, umano e disumano, che per causa di una vita disgraziata si esiliò dalla civiltà, perdendo forse il lume della ragione ma titillando una sensibilità all’arte innata e mai più nascosta.

L’eloquenza dei suoi gesti, ovvero dei suoi quadri fece il resto…

Ti propongo Antonio Laccabue, alias Ligabue, tra i più importanti pittori del XX secolo, di cui peraltro c’era (c’è?) una bella mostra a Pontassieve (FI).
Ricorda un po’ il tuo amato Dino Campana, non è vero?

E vorrei proportelo con le parole di una canzone, a lui dedicata, dei Nomadi: “Dammi un bacio”

Piatta pianura, umida calura,
pioppi carraie, mosche zanzare,
il sole, scheggia di vetro, taglia le mani, taglia le pietre.


Piatta pianura, con terra dura,
ci vive la serpe, il riccio la volpe,
fugge il matto, occhi di gatto, che ha visto il diavolo.


Ligabue, naso d'aquila,
urla al cielo la sua pena,
Cesarina, per favore, voglio un bacio, dam un bes.

Sì, è nuda la sua umanità,
la sua verità è diversità,
fugge il matto, occhi di gatto, che ha visto il diavolo.

Piatta pianura, solitudine amara,
il bisogno d'amore, spezza il cuore,
fugge ilo matto, occhi di gatto, che ha visto il diavolo.

Ligabue, gridò la gente,
fa paura è un demente,
è braccato come un cane,
da orme umane.

Laggiù dove cade il sole,
un sogno un giglio,
forse un figlio,
lui Ligabue è la che va,
nessuno lo rivedrà.

Ligabue,
Antonio, Toni.

silvia ha detto...

Sono io che ringrazio te, Antonio, per le sorprese che riservi sempre alle mie dame...ligabue versus pina bausch. due sensibilità certamente straordinarie, doti che hanno consentito loro quello sguardo così profondo, disincantato e allo stesso tempo compassionevole, sull'umanità. Due visionari, capaci di atraversare l'ombra.

"Ligabue, naso d'aquila,
urla al cielo la sua pena,
Cesarina, per favore, voglio un bacio, dam un bes".

A volte, un bacio fa miracoli...la consolazione dell'arte, che ben altro è dall' arte consolatoria.

Non conoscevo la canzone di Nomadi, è bellissima.

A presto, antonio.