mercoledì 7 ottobre 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. Gabriella Ferri, clown di razza



…anche tu così presente così sola nella mia mente, l’espressione della passione e del tormento, come quel piatto cinese…dolceamaro, una madre molto diversa, veramente un’amica ideale, ti dava tutto, una persona più che un personaggio, non penso abbia mai cantato per cantare, lei interpretava la canzone, dove cantava lì era il centro del mondo, la disperazione degli autori, un po’ pazzariella un po’ clown, un clown di razza, una maschera con cui lei nascondeva tutto quel macello, alla ricerca di qualche cosa…cosa cercava non lo so, severa con se stessa, impegnativa, sapeva di essere diversa, una donna bellissima ma che non aveva paura di imbruttirsi, una Magnani canora, feroce, dominante, capricciosa, libera, troppo in tutto, grande, verace, molto romana, testaccina, come un sampietrino, rauca, perturbante conturbante turbante, senza pelle, bella ma assolutamente amante del travestimento, trasparente…un aggettivo solo?! S’incazzerebbe.
Così è ricordata.



Il 3 aprile 2004, a soli 61 anni, muore Gabriella Ferri. Una donna passionale e affascinate, rivelazione della stagione televisiva 1973, quando conduce il sabato sera il primo varietà a colori della televisione italiana con la regia di Antonello Falqui, l'originale “Dove sta Zaza”.




Me la ricordo in "Sempre", sigla finale del suo programma. Teatralità nutrita di asprezza e dolcezza in egual misura, in musica Gabriella Ferri restituisce ciò che la Magnani fa sul set.

"Vive in questo brano tutta la ricerca storico-musicale che Gabriella effettua nella sua carriera, spaziando da sonorità romanesche ad accorgimenti quasi medievali, l'uso della voce è esasperato e pare di assistere alla proclamazione di un triste e rassegnato editto ad opera di una banditrice consapevole del suo destino".



Una vita tormentata la sua, stroncata prematuramente dal mal di vivere: "Ho dei periodi no, dei periodi no esistenziali per cui ogni tanto mi ritiro. Però, quando rifiorisco mi piace molto ritrovare il lavoro, perché è la mia vita. E poi con questa 'vociaccia' che mi ritrovo..."




Ex-indossatrice, è bellissima, con quel trucco pesante, gli occhi bistrati di nero sotto la frangetta bionda, e gli abiti colorati, eccentrici, in aria gipsy, gli anelli, i braccialetti sonanti. Bella anche quando il suo corpo si irrobustisce, ai tempi di "Sempre". Quando diventa Mamma Roma: attrice e donna di cabaret, non solo più cantante, ma interprete che vive sul suo corpo le emozioni che canta.



Gabriella Ferri è anche pittrice e scrittrice. Ce lo racconta il volume “Gabriella Ferri. Sempre”, curato da Pino Strabioli per Iacobelli Edizioni, con splendidi autoritratti ad illustrare le parole.




“L’arte, pur essendo inferiore alla bellezza del creato, tocca tasti misteriosi del nostro così poco conosciuto esistere. L’anima e la psiche vibrano di elettricità che rende tutto luminoso, siamo lettori di questa divinità, solo l’arte è vicina a Dio”,
le parole dell'artista.

E la sua voce, così potente e sempre più roca e ricca, parla proprio di un dono misterioso. Regalato poi al pubblico con quella forza e apparente aggressività che era - confermano gli amici - solo timidezza. Proverbiale la sua paura del pubblico, che superava col sarcasmo, le battutacce, la generosità, la sua poesia.

"Dovete suonare come i beduini, dovete dare il cuore". "Sono figlia di un beduino - ride lei - sono una nomade. Mio padre era biondo, con gli occhi azzurri e la pelle nera. Io invece c'ho la pelle di porco".




Una maschera tragica e allegra. Un clow di razza, appunto.

Si ascolta con emozione grande Gabriella Ferri: nella bellissima canzone "Valzer della toppa", autentica poesia scritta per lei da Pier Paolo Pasolini - lato B di Sempre, 45 giri che aveva in copertina la foto della Ferri truccata da pagliaccio - o nelle canzoni di genere folk "Sor Fregnone", "Pe’ lungotevere", o anche in "Se tu ragazzo mio" (da lei scritto e cantato in coppia con Stevie Wonder a Sanremo 1969), che "diventano allora qualche cosa più che canzoni: sono note vibrate dalla sua voce alta, forte, a tratti sguaiata, sottolineate (...) dalla gestualità vivace, che rimbalzano sul suo corpo che da esile si faceva negli anni via via più imponente conferendole tratti da matrona; sono parole non solo cantate, non solo recitate, ma vissute, così sinceramente da rimanere indelebili".



Al suo funerale straordinarie le dimostrazioni d'affetto con cui i romani vogliono salutarla: al Testaccio, dove Gabriella Ferri era nata, tutte le finestre di Piazza Santa Maria Liberatrice si spalancano lasciando suonare un suo disco...

"Sempre"
(Castellacci, Pisano)

Ognuno ha tanta storia
tante facce nella memoria
tanto di tutto tanto di niente
le parole di tanta gente.
Tanto buio tanto colore
tanta noia tanto amore
tante sciocchezze tante passioni
tanto silenzio tante canzoni.

Anche tu così presente
così solo nella mia mente
tu che sempre mi amerai
tu che giuri e giuro anch'io
anche tu amore mio
così certo e così bello.
Anche tu diventerai
come un vecchio ritornello
che nessuno canta più
come un vecchio ritornello.
Anche tu così presente - sempre
così solo nella mia mente - sempre
tu che sempre mi amerai - sempre
tu che giuri e giuro anch'io - sempre
anche tu amore mio - sempre
così certo e così bello.
Anche tu diventerai
come un vecchio ritornello
che nessuno canta più
come un vecchio ritornello
che nessuno canta più.
Ognuno ha tanta storia
tante facce nella memoria
tanto di tutto tanto di niente
le parole di tanta gente.
Anche tu così presente
così solo nella mia mente
tu che sempre mi amerai
tu che giuri e giuro anch'io
anche tu amore mio
così certo e così bello
Anche tu diventerai
come un vecchio ritornello
che nessuno canta più
come un vecchio ritornello
che nessuno canta più.


2 commenti:

Antonio ha detto...

Cara Silvia,
mi sembra appropriato associare, alla tua bella damigella settimanale, un altro artista profondamente "popolano", la cui vena artistica derivava proprio dalla gente, dalla socialità in cui era vissuto. E questo sia come influsso positivo che come influsso negativo. Un giovane, eternamente giovane, saltimbanco della musica, romano d'adozione: Rino Gaetano. Sei d'accordo? Anche lui cos' vario e varipinto, malinconico ed arrabbiato, pietra grezza tagliente, musicista e attore in maschera (fece la volpe nel Pinocchio di carmelo Bene).
I suoi strazi intimi non lo lasciarono fino alla morte, che lui descrisse profeticamente in questa canzone 10 anni prima:

Quel giorno Renzo uscì,andò lungo quella strada
e una Ferrari contro lui si schiantò
il suo assassino lo aiutò e Renzo allora partì verso un ospedale che lo aiutasse per guarir.
Quando Renzo morì io ero al bar
la strada era buia si andò al S.Camillo
e lì non l'accettarono forse per l'orario
si pregò tutti i Santi ma s'andò al S.Giovanni
e li non lo vollero per lo sciopero.
Quando Renzo morì io ero al bar
era ormai l'alba e andarono al Policlinico
ma lo si mandò via perchè mancava il vicecapo
c'era in alto il sole,si disse che Renzo era morto
ma neanche al Verano c'era posto.
Quando Renzo morì io ero al bar,
al bar con gli amici bevevo un caffè.

Andò così. Aveva 30 anni.

silvia ha detto...

Antonio! Io amo tantissimo le canzoni di Rino Gaetano...anche Gianna, così scanzonata, nasconde "tesi e illusioni", è donna tenera ai miei occhi, e generosa. tu non prendi se non dai, vieni qua, ma che fai, dove vai con chi ce l'hai...

Mi sembra che la mia dama sia in ottima compagnia.
Un abbraccio a te, antonio.