Da "A GRANGOLA!", cerimonia di premiazione del concorso letterario di Villa Petriolo 2010 La gaia mensa |
Ancora un racconto per “La gaia mensa”, il quarto concorso letterario di Villa Petriolo: oggi auguriamo buona lettura con le parole di Elena Gianotti…“Salute a voi miei cari amici!”
Elena Gianotti è nata a Varese ed abita a Borgo Ticino (NO). Primo premio nella 2°edizione del concorso europeo di narrativa “Con il cielo stellato sopra di noi“ con il racconto “la libertà di giocare, di credere, di amare, di vivere in pace”; finalista, nel dicembre 2008 al Concorso G. G. Belli, presso l’Accademia Belli di Roma nella sezione “Articolo Giornalistico“ e nello stesso concorso nel 2009 nella sezione “Pubblicazione”. Finalista al concorso “Trofeo Penna d’Autore“ 2009 . Una piccola casa editrice ha pubblicato due suoi racconti in una Antologia.
Racconto “La cena lezamiana” di Elena Gianotti
Non avete mai pensato di organizzare una cena lezamiana? Io si! Ho preparato gli inviti per i miei quattro più cari amici: “Sabato 14 ore 20,30 inaugurazione del mio nuovo appartamento con cena lezamiana. Non mancate!”. Il giorno dopo il cellulare squillava a più non posso: “Ma cos’è una cena lezamiana?”.
La fantasia non mi è mai mancata nella vita, a volte penso sia l’unica qualità che possiedo, la sola che mi permette di sopravvivere in questa giungla fatta di orari da rispettare, autobus presi al volo, parole vuote e visi assenti…dimenticavo gli ascensori persi (anche se questo fa bene alla mia linea che tende ad essere rotonda)…e la fantasia unita alla creativà sono gli ingredienti base per poter stare in cucina. Potrei aggiungere qb, quanto basta, ma io penso che più se ne ha, di fantasia, meglio è; anche se gli chef non concorderebbero certo con me, per loro è l’equilibrio l’elemento essenziale nella preparazione di un piatto. Ma io sono solo una “brusapàdell”, come diceva mio nonno e l’equilibrio non è mai stato il mio forte.
Comunque tornando alla cena aspettavo solo l’occasione giusta per poterla organizzare. Leggendo “Fragola e Cioccolato” di Senel Paz ho imparato cos’è una cena lezamiana, dal nome dello scrittore Lezama l’autore di “Paradiso”. Mi sono innamorata, con questi libri, pertanto ho deciso di reinventarla, a modo mio. Lo so, lo so, non è corretto, dovrei seguire il menù e la preparazione della tavola nei dettagli: “la qualità del pranzo si notava nella tovaglia ricamata, né bianca né rossa ma color crema, su cui risaltava la perfezione dello smalto bianco dei piatti con un bordo verde bruciato”. Ma, mentre ho comprato una leziosa tovaglia color crema non sono riuscita a trovare un servizio di piatti simile a quello descritto, pertanto i miei piatti sono color oliva…ma per il menù ho cercato di essere fedele all’originale.
Anche se non è stato facile recuperare tutti gli ingredienti, né cercare le ricette per cucinare piatti che sono lontani da quelli della mia tradizione. Inoltre non mi piace copiare le ricette, di solito ci metto qualcosa di mio, anche perché che gusto c’è a riproporre qualcosa che altri hanno già fatto e prima ancora creato? Nessuna. Ma questo è un menù speciale, fatto per conquistare non solo il palato ma anche il cuore delle persone.
Ed eccovi il menù, “il pranzo di famiglia che donna Augusta offre nelle pagine di Paradiso, capitolo settimo”.
sopa de platanos con rositas de maiz (zuppa di banane con rose di mais)
soufflè de frutos del mar (soufflè di crostacei)
ensalada de remolacha con mayonesa y espàrragos
(insalata di barbabietole condita con maionese e asparagi di Lubecca)
crema halada (crema gelata)
vino blanco
Il menù originale comprendeva anche el pavo asado, il tacchino arrosto, ma non sono in grado di tenere a bada quattro piatti tanto impegnativi! Quindi sorvolo sul tacchino. Ora che tutti gli ingredienti sono pronti sulla tavola posso iniziare. Mi sono fatta un elenco preciso di cosa cucinare, in ordine di tempo. Non posso lasciare niente al caso. Occorre avere ben presente cosa si vuole creare e il risultato che si vuole ottenere per poter godere del piatto finale.
Per prima cosa mi verso un buon bicchiere di vino bianco, profumato, fresco e dorato, con note di mandorla dolce al palato, non inizio mai a cucinare senza un bicchiere di vino che mi faccia compagnia; alla fine diventano anche due o tre ma ne vale sempre la pena. Credo sia meglio portarmi in cucina anche Fragola e Cioccolato così posso seguire la descrizione dei piatti fatta con voluttà e con il preciso intento di sedurre. La zuppa di banane deve essere densa e profumata, deve rievocare ricordi lontani, sensazioni che si pensava di aver dimenticato per sempre o fantasie celate perché impudiche. Pura sensualità! Prima però devo preparare il soufflè, è il piatto più complicato e devo confessarvi di non aver proprio seguito la ricetta originale, era veramente troppo difficile per le mie abilità culinarie! Vorrei che i miei amici elogiassero la qualità di questo piatto proprio come Bruno “un piatto così perfetto per i suoi colori aperti, simili ad un flamboyant che rasenta ormai il barocco, ma che continua ad essere gotico per il passaggio nel forno dell’impasto e per le allegorie abbozzate dei gamberoni…”, ma non succederà mai.
Oh mio Dio per poco non bruciavo la salsa! Non ho ancora imparato che non ci si può permettere di divagare con la mente quando si cucina. E poi la maionese la devo rifare, niente panico era già previsto, non mi riesce mai al primo tentativo ma non potevo comprarla in tubetto! Con un po’ di pazienza…ecco fatto, adesso è cremosa al punto giusto.
Mentre sorseggio il mio terzo bicchiere di vino mi gusto una pagina del libro le cui calde parole addolciscono i gesti degli amanti, le loro mani si sfiorano, quasi un gesto non voluto, i loro occhi si trasformano in sfere di cristallo, presagi del piacere che verrà dopo. Dopo quella crema dolce alla banana, densa e profumata che adesso avvolge le loro anime.
Una fetta di barbabietola è caduta sulla tovaglia, sanguina, di un color rosso rubino, intenso e dolciastro, ne prendo un pezzetto con le mani e l’assaggio, il sugo colora le mie mani e le mie labbra; qualche goccia scende lentamente sulla guancia. Resto così, quasi immobile cercando di scorgere la pagina 37 per poter rivivere l’atmosfera quasi erotica che è venuta a crearsi tra i due protagonisti. Ma mi devo subito riprendere, il sugo della barbabietola ha colorato anche il libro e per quanto cerchi di recuperare al disastro, bè oramai è fatto.
Tutto si fonde; il reale e l’immaginario, per un breve attimo, si fondono in un’armonia perfetta. Un’armonia che non è fatta di perfezione ma di piccoli pezzetti di sensazioni che uniti tra loro creano un quadro unico e chiaro, a chi possiede un cuore per vedere.
Mentre sorseggio il mio bicchiere di vino osservando il vecchio pozzo dalla finestra della cucina penso a Miguel. L’ho conosciuto a La Habana in un caldissimo pomeriggio d’estate. Io stavo gustando un moijto che mi stava dando alla testa quando lui allungò la sua mano e si presentò. Ero seduta a El Patio, una orchestra suonava una salsa. Fu la mia estate calda, ma in un battito d’ali arrivò l’autunno. Sposto lo sguardo, la zuppa di banane sta sobbollendo dolcemente, deve cuocere a fuoco lento per poter diventare una delicata ma speziata crema. La servirò con alcune fettine di banana fritte. Questo piatto mi trasmette una grande calma, forse è per questo che i ricordi sono affiorati lenti, ricordi di una memoria che sembra così lontana, come in quel caldo pomeriggio d’estate dove non mi aspettavo nulla se non che il tempo mi regalasse momenti di assoluto oblio, inaspettati, come un dono. Adesso basta ricordi, rischiano di farmi attaccare la crema, niente di irreparabile, la cremosità è perfetta e anche il soufflè sta prendendo una forma aggraziata.
La tavola è pronta, la crema halada è al fresco e la casa è satura dei profumi o forse dovrei chiamarli effluvi che la zuppa e il pesce unendosi, hanno creato. Un’essenza dolce, con note speziate e fresche a ricordarmi un passato non così lontano dove un bicchiere condiviso di moijto aveva trasformato la mia piacevole e ricercata pigrizia in passione.
E se facessi cadere delle melanzane sulla bella tovaglia color crema quando le servo? Con simulata sbadataggine nessuno capirebbe, ma io si e ne trarrei un piccolo ma sensuale piacere solo mio.
Un ultimo sguardo alla tavola. E’ tutto a posto. Suonano il campanello. Vi lascio con la frase che mia nonna mi disse quando compii quindici anni “mia cara, non dimenticare mai che è da un buon piatto caldo, cucinato con dedizione e attenzione che si trasmette amore agli altri”. Penso che qualcosa di vero ci sia in questa frase, mia nonna passava le sue giornate a cucinare per una famiglia numerosa, e se il momento in cui ci si siede attorno ad un tavolo è il più felice e atteso della giornata…
Salute a voi miei cari amici!
Da I piatti de LA GAIA MENSA. Concorso letterario Villa Petriolo 2010 |
Sopa de platanos y soufflè de frutos del mar
2 commenti:
...ben venga sempre. Complimenti.
E brava anche a mia mamma che cucina ancora con amore e tanta fantasia.
Alessandro Zingoni
Grazie Alessandro! Che bella la dedica alla mamma, buona domenica!
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