venerdì 12 novembre 2010
"Da Remo...con amore" di Marcella Maestrelli per la raccolta dei racconti partecipanti al concorso letterario di Villa Petriolo La gaia mensa
Per la raccolta dei racconti partecipanti al quarto concorso letterario di Villa Petriolo “La gaia mensa”, “Da Remo con amore” di Marcella Maestrelli.
Marcella, di Empoli (FI), dal 2007 fa parte dell’Associazione culturale RosaeMundi – felice conoscenza del concorso letterario di Villa Petriolo da più edizioni! - , che si riunisce tutte le settimane presso il nuovo centro coop empolese. Ad oggi, ha scritto due romanzi inediti e vari racconti di vita vissuta. Marcella ama “le colonne sonore dei film, l’aria possibilmente respirabile e gli alberi, tutti!”.
Racconto “Da Remo… con amore” di Marcella Maestrelli
Ad una persona come me a cui piace magiare non dovrebbe creare problemi parlare di cibo, ma se questo diventa quasi l’unica ragione di vita il problema c’è e grosso! Si vive per mangiare o si mangia per sopravvivere? Nel corso degli anni credo di aver confuso le due cose, un po’ come mio nipote; fin dalla nascita Cico ha avuto difficoltà di apprendimento e per colpa del suo ritardo gli capita spesso di essere brontolato come fosse ancora un bambino nonostante la maggiore età appena compiuta. Quando lo prendo in castagna a sgranocchiare cantuccini alla mandorla inzuppati a metà nel vinsanto dolce di nonno o lo becco intento a rufolare nel cassettino dei chicchi dove caramelle e cioccolatini sono a portata di mano e di gola, lo sgrido vivacemente: non voglio vederlo rimpinzarsi solo per il piacere di farlo, ma dopo dieci secondi già me ne pento e giustifico il suo comportamento pensando che almeno una soddisfazione dalla vita debba averla pure lui e malgrado essa sia poco virtuosa e molto sensoriale non m’importa, ben vengano dunque le sue pastasciutte, la svizzera con la sottiletta e la patata lessa che gli piacciono da matti; non vorrei però che per cotanta ingordigia e goduria mangereccia diventasse a breve un giovane obeso per colpa della scriteriata zia, quindi da parecchio tempo mi arrovello la mente per cercare di compensare tale gratificazione con valvole di sfogo alternative possibilmente non dannose alla salute, a vantaggio della linea e più che altro compatibili con Cico medesimo; intanto ho levato di giro i cantucci e chiuso il cassetto tentatore nascondendo la chiave.
Avevo cinque anni quando all’asilo le penne rigate al sugo di pomodoro di Suor Urbana si accompagnavano ai dodici rintocchi del campanile di S. Michele allietandomi il fugace desinare. Avevo quindici anni quando la famosa pizza de “Il Moro” al prosciutto crudo e funghi porcini è diventata il mio chiodo fisso; ne avevo venti invece quando mi son dovuta mettere a dieta e venticinque quando ho ripreso a mangiare più di prima. A trenta ho finalmente sentito la necessità di cambiare qualcosa, qualcosa che pur saziandomi non mi facesse ingrassare e che mantenesse gusto e sapore. Ho cominciato così ad apprezzare la pasta integrale, ho riscoperto il pane di una volta fatto con “la madre”, ma soprattutto ho preso l’abitudine di consumare cereali ad ogni pasto, il riso in primis, rigorosamente munito della propria buccia. Sarà per la forma a chicco, sarà per la forza della sua interezza, ma l’energia che trasmette è di gran lunga superiore a quella fornita dalla classica pasta raffinata ed è appunto la qualità della sostanza a fare la differenza se si parte dal principio che cibo e vitalità siano l’uno la reciproca conseguenza dell’altra, perchè la vera ricarica si avverte subito e si percepisce bene che l’organismo risponde di buon grado ad una alimentazione sana e semplice: stomaco leggero e testa lucida. E’ un peccato che Cico non se ne voglia convincere, d’altronde bisogna insistere per rieducare piano piano la bocca alla cucina naturale. La mia reazione al cambiamento è stata veloce e visibile, ma incompleta; ho appreso che chi si avvicina a certe pratiche meditative decide di privarsi di prodotti animali per alleviare anche lo spirito e liberarlo dal peso di qualsiasi tipo di violenza oltre che sposare nobili cause come la piaga della fame nel mondo; purtroppo però il percorso evolutivo è tanto faticoso da compiere quanto difficile da intraprendere, ma indispensabile per il raggiungimento dello scopo principale del vivere quotidiano: dare alla vita il senso che si merita e nella sua Opera Divina Dante ce lo insegna: “… considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza …” altrimenti la sofferenza sulla terra è garantita e difatti basta guardarsi intorno per rendersi conto che il Maestro aveva ragione.
Provengo da una famiglia di cacciatori ed in casa ho sempre sentito parlare di fagiani e uccellini e li ho visiti cotti e mangiati in tutte le salse, come “Da Remo”, dove pappardelle alla lepre e cinghiale in salmì sono le portate del giorno. Babbo e zio ogni giovedì sera si ritrovano con gli altri compagni di caccia per infilzare allo spiedo le piccole prede piumate dello scorso inverno e brindare insieme alla prossima ed altrettanto proficua stagione in compagnia del robusto Pietraia. Mamma oggi è arrivata al punto di odiare tutto ciò che puzza di selvatico da lontano ed è finita con il sopravvalutare minestrine di brodo di dado e frittatine sguarnite a cui Cico riesce comunque a far festa.
Per il compleanno di Giulia siamo stati a pranzo “Da Remo” e come al solito si è presentato il dilemma di metterci tutti d’accordo sul menù. Remo l’ha capito che tranne Cico i miei nipoti non tirano per le pietanze unte ed elaborate, che io adoro il pesce alla brace, che i miei genitori hanno palati opposti, che i miei cognati snobbano l’arrosto misto, che le mie sorelle sono ghiotte di montagne di palle ripiene di panna ricoperte di cioccolata e per questa raffica di motivi ha pensato di farci una sorpresa, di preparare un piatto speciale capace di trovarci amorevolmente uniti e con i suoi “Spaghetti al vino” devo dire che il nostro caro Remo ci è riuscito alla grande, perché il primo non si discute, il primo si sa, è il re della tavola, il signore degli appetiti, l’amico di grandi e piccini e … gli “Spaghetti ubriachi” come Giulia li ha ribattezzati con pomodoro, radicchio trevisano e vino rosso di Coiano, un successone di bontà ai commensali di sicuro porteran …
Ps: dimenticavo, per la ricetta vi aspetto “Da Remo”: provare per credere!
Approfitto per segnalare questo interessante appuntamento sabato 13 novembre a Empoli: la presentazione del libro “Il flauto di Engos” di Marina Chelini, presidente dell’Associazione Rosaemundi di cui fa parte Marcella. Al Cenacolo degli Agostiniani, dalle ore 16.30.
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