mercoledì 28 settembre 2011

“Miriam Bernini (non tutte le ciambelle)” di Vanni Marchioni segnalato per merito a WINE ON THE ROAD, concorso letterario di Villa Petriolo




Ancora uno dei bei racconti di “Wine on the road” segnalati per merito è “Miriam Bernini (non tutte le ciambelle)” di Vanni Marchioni.


Vanni Marchioni
è nato nel 1974 a Firenze, dove abita. E’ responsabile marketing/commerciale di Pitti Immagine Filati per Firenze, Milano, Tokyo, Shanghai, Seoul. Sommelier A.I.S., nel gruppo servizi regionali, ama la lettura, il teatro, i viaggi, il fitness, il cinema, la canoa fluviale, la pesca con la mosca, l’entomologia e la micologia. Collabora come volontario con l’ente no-profit Save the Children.


Racconto “Miriam Bernini (non tutte le ciambelle)” di Vanni Marchioni

Miriam Bernini era una giornalista, ma soprattutto un critico. Una giornalista molto critico. Si occupava principalmente di enogastronomia e saltuariamente di astronomia, quando alzava gli occhi al cielo. Era un’abitudinaria. Si sedeva a un tavolo del malcapitato ristorante di turno e appoggiava sulle gambe la sua borsa di velluto verde, dalla quale tirava fuori in quest’ordine esatto: un paio di occhiali con la montatura di tartaruga, una penna a inchiostro e il famoso taccuino di carta riciclata, la sua arma letale. Sì perché Miriam Bernini faceva sussultare gli osti, quando appariva sulla soglia. I budini tremavano come budini, nei loro piatti piccoli; i camerieri diventavano maldestri, i bicchieri tintinnavano timore e batticuore, le bottiglie non volevano stapparsi e l’atmosfera generale diventava improvvisamente gelida e greve. Nel frattempo lei cominciava a scrivere: con la mano sinistra arricciava una ciocca di capelli, mentre buttava giù (dalla torre della sua autorevolezza) impressioni e testimonianze che suonavano come benedizioni o sconsacrazioni. Le seconde molto più spesso. Le sentenze negative erano la sua specialità: non più all’altezza del suo nome, dozzinale, di cattivo gusto…erano solo alcune delle tante deposizioni che certificavano l’inesorabile declino di un locale. Più di una volta la sua lingua tagliente e la sua penna pungente avevano messo il punto a una storia. Sancito un fallimento. Firmata una condanna.

Un bel giorno di maggio Miriam Bernini stava passeggiando in bicicletta su una strada sterrata che non aveva mai percorso, in precedenza. Dietro al camposanto di Crevalcore, lungo il fiume, corre questo stradello che oramai adoperano quasi esclusivamente i contadini; Miriam Bernini si trovava da quelle parti e aveva qualche ora di libertà. Non era in vena di biasimi o assoluzioni, in quel momento, voleva semplicemente godersi un pomeriggio di primavera. Così aveva noleggiato una bici da un vecchio signore molto elegante, a suo modo, e aveva preso a percorrere quel viottolo di terra battuta. Dopo qualche chilometro di bella campagna vide la scritta “Cantina sociale & Cucina socievole” sul frontespizio di un casale. Incuriosita, si fermò a contemplare il cartello e un sopracciglio si alzò con elevato automatismo: paesano e grossolano, furono le sue prime parole. Ma ben presto aggiunse anche ironico, però. E sorrise; cosa che non succedeva da un bel pezzo. La stessa sera era seduta, con la sua borsa di velluto verde sulle gambe, al tavolo presidenziale di un famoso ristorante della zona. Ma non riusciva a concentrarsi. Non era da lei, certo che no, tuttavia si sorprese (a più riprese) a pensare a quella strada di campagna e alla vecchia cantina popolare del borgo, con quell’insegna genuina e sagace…mi piace!

Il giorno appresso si presentò dal suo uomo di fiducia, era già diventato il suo uomo di fiducia, e pretese la stessa bicicletta. Si rese conto che stava percorrendo la strada con un po’ di fretta. Se non proprio fretta, c’era un non-so-che di sollecitudine nel suo ritmo di crociera. Nuovamente si meravigliò: lei, Miriam Bernini, la celebre Miriam Bernini manifestava segni d’inquietudine come una precaria questuante al suo primo colloquio di lavoro. Ma quando mai. Eppure dovette constatare l’effettiva realtà dei fatti: non stava considerando i colori della bella stagione, gli alberi e la natura circostante, non stava godendo del vento fresco e così via. Via veloce, invece, pedalava e basta.

Quando uscì allo scoperto erano passate da poco le quattro del pomeriggio. Abbracciò con malcelata emozione il signor Pancaldi, cantiniere socievole, e salutò con altrettanto affetto il resto della famiglia. Il suo taccuino raccontava di un luogo lontano, a un tiro di schioppo, a portata di mano. Dove chi serve a tavola è la ragazza della porta accanto. E in cucina sembra che ci sia una nonna, la nonna di tutti. Miriam Bernini descrisse per filo e per segno le sue sensazioni, quanto sale mancava o era in avanzo, quante dita di vino nel bicchiere mezzo pieno. Quando tornò a rileggere i propri appunti, si rese conto del risultato: un sugo così buono da leccarsi i. E quel vino era la sua. Alla minestra mancava forse un pizzico di. Si respira un’atmosfera d’altri. Arriva il carrello dei. Mi consigli lei. Si potrebbero chiudere gli occhi e tornare a. Quando ero giovane pensavo di poter. Non mi piaceva il cavolo e adesso lo. Come cambiano i. Questo radicchio scricchiola come. Ci sta bene l’aceto di. La miglior pietanza che abbia mai. Per favore, ancora un po’. Una piccola porzione. Un altro bicchiere di. Di quel rosso lì. Del vostro champagne, sì.
Proseguiva a lungo; in quella taverna sincera, dove il termine “desinare” era ancora fortunatamente di uso comune e dove la colazione non veniva mai servita, Miriam Bernini era rimasta senza parole. Non aveva terminato le frasi, come se tenendole aperte avesse potuto in qualche modo lasciare spazio all’immaginazione del lettore. Erano libere, finalmente, di poter essere interpretate.
Pensieri e parole in un viaggio ideale, tra saggezza popolare e fantasia.

Il giorno dopo ancora mandò in stampa il suo articolo, senza correggere il tiro né tantomeno lo stile. Lasciò aperte tutte le frasi, saltando a piè pari censure e opinioni, scavalcando ruoli e istituzioni. Parlò lungamente di quel giovane frizzantino rosso, del cibo genuino che le avevano offerto e di tutto il resto. Era consapevole di aver scritto il più bel resoconto della sua vita, la più minuziosa e arguta descrizione di quante e quali emozioni possono provarsi, lasciando aperte le porte del.

Seguì l’ira funesta del suo editore, produttore, signore e padrone. Seguirono fulmini a ciel sereno, invettive e scomuniche, imprecazioni e improperi, improbabili minacce e via dicendo.

Miriam Bernini passeggiava in bicicletta sulle sponde di un fiume; accarezzava l’idea di un possibile altrove che la stava aspettando a braccia (e proposizioni) aperte. Pensò alla sua brillante carriera presumibilmente compromessa, al suo nome illustre pubblicamente screditato, alla sua stimata natura inevitabilmente snaturata. Con fresca serenità considerò che per sua buona sorte, nel corso di una vita, non tutte le ciambelle.

E fu così che si mise in viaggio, con un po’ di saggezza nelle tasche e un bagaglio di fantasia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bello, se non fosse copiato dal personaggio del critico culinario di ratatouille...