martedì 8 novembre 2011

“IL VINO MIGLIORE DEL MONDO”, il racconto di Angela Amico per “Wine on the road”




Buona lettura del racconto con cui Angela Amico ha partecipato a “Wine on the road”, quinto concorso letterario di Villa Petriolo!

Angela Amico è nata a Caltanissetta, dove abita e si occupa di formazione professionale. Ha scritto diversi racconti, e partecipato a concorsi letterari. Qualcuno l’ha anche vinto. Nel 2002 una piccola casa editrice di Caltanissetta, la Terzo Millennio, ha pubblicato la sua raccolta di racconti “Il Pettine d’Avorio”, da cui è stato tratto un melologo per voce recitante e sette strumenti, rappresentato in diversi teatri italiani.

Racconto “IL VINO MIGLIORE DEL MONDO” di Angela Amico

Non potevi prevedere che piovesse, ma alla fine è bastato indossare un piccolo pullover e, sulle strade rese lucide dall'acqua la tua auto è scivolata silenziosa. Non hai acceso neanche lo stereo, basta il suono del vento ovattato dai finestrini e quell'impercettibile sibilo dei respiri. Tu ti senti vivo, e lei vicino a te è stupita dall'intimità acquisita da una sola notte trascorsa insieme.
Quando piove, la campagna assume dei colori più intensi, e la pietra nera della sciara diventa lucente come fosse preziosa, i cestini gialli dei fiori di ginestra a ravvivare il nero, e la cima dell'Etna a indicare, là in fondo e in alto, che c'è una inarrivabile meta che ci aspetta, comunque. Non oggi, però. Oggi si va per vigneti, e per cantine.
Non hai pianificato l'itinerario, è come se fossero la strada e la campagna a condurti. Le gite precedenti, con altre persone, con un altra donna, sono state cancellate, rese pallide e lontane. C'è solo questa gita, questa strada e questa donna, della quale a stento conosci, oltre al nome e al numero di telefono, poche informazioni essenziali, poche abitudini, qualche nevrosi. Però stai respirando la stessa porzione di atmosfera, su questa piccola porzione di pianeta, e stringendo la sua mano tiepida, e avvertendo le piccole oscillazioni del suo respiro quando stringi un po' di più il suo polso, o quando ti avvicini un secondo per odorare i suoi capelli.
Fuori dal paese, le indicazioni cominciano a segnalare le case vinicole. Alcune sono notissime, e ne hai assaggiato qualche bottiglia, di altre hai letto sui giornali, altre sono sconosciute. Non sai da quale cominciare e ti accontenti di guardare a destra e a sinistra della strada, lisciando con lo sguardo i filari ordinati, e i casolari più distanti dalla strada; qualche cane attraversa pigramente la strada, ma la tua auto procede lentamente, nessun pericolo.
Poi, al colmo di una piccola salita, sulla sinistra, si apre un cancello di un'eleganza trasandata e antica, e due filari di tigli e in fondo una casa di campagna dipinta di rosa, ma non di recente, una di quelle case come ce ne sono a centinaia nel territorio circostante. La casa richiama qualcosa alla tua mente, un ricordo d'infanzia, o solo una suggestione del momento. Anche lei si sporge incuriosita a guardare, e questo ti sembra basti a farti deviare attraverso quel cancello e verso quella casa.
Davanti alla costruzione, lo spazio è circondato da muretti in pietra. Vasi di terracotta, di varie dimensioni, contengono piante grasse e fiorite, non troppo curate, ma rigogliose, vive. Due cani sonnecchiano, ma all'udire il motore dell'auto si alzano, le orecchie ritte e la coda immobile.
La voce di un uomo tranquillizza i cani e ti consente di scendere dall'auto e presentarti.
“Buongiorno, disturbiamo?”
Il signore ha un'aria distinta, antica anch'essa. I pantaloni e la camicia sono vecchi ma di qualità, e ha un sigaro tra le labbra.
“Accomodatevi pure. E' stagione di vino nuovo, nessuno disturba qui. Venite dalla città?”
“Si, e siamo in giro per cantine. Cosa produce?”
“Sogni, produco sogni.”
“Sogni?”
“Si. Mio nonno era barone, e suo nonno anche. Lui portò la tecnica del vino dalla Francia. E le barbatelle di Merlot, nascoste tra le sete del corredo della moglie parigina.”
“Le portò di nascosto?”
“Certo. La famiglia non avrebbe tollerato un rampollo che lavorava, e in campagna poi! La campagna la lavoravano i contadini, e loro ne ricavano denaro per comprare vini francesi. Ma produrli, che volgarità! Ma come posso tenervi ancora in piedi? Sediamoci sotto il pergolato.”
Sotto il pergolato ci sono quattro poltroncine di ferro e un tavolino. Un vassoio di calici e due brocche vuote sono in attesa.
“Sapete quanti anni, e quante traversie? Un anno era colpa della grandine, e un anno della filossera. Si piantava di nuovo, si facevano venire i piedi di vite dall'America, e dopo due anni era la tignola. Dal trisavolo in giù, i possedimenti della baronia venivano venduti a vantaggio della cura dei vigneti. I palazzi di città, e i gioielli delle donne, tutto sacrificato. Ma si coltivava un sogno, e un sogno non ha prezzo.”
“Ma siete riusciti, alla fine?”
“Vedete il vigneto? Produciamo il vino. Siamo riusciti nel sogno? In quello dei nonni, si. Nel mio, forse non ancora. Andiamo.”
Prende la brocca e un calice, e ci dà un calice per uno. Tu afferri la mano di lei, che ha le dita calde, e insieme seguite il barone, lungo la casa, verso la cantina.
Dopo la luce del giorno, la cantina è solo un antro fresco e molto scuro. Occorre qualche secondo finché gli occhi si abituino al buio; le narici sono investite di un odore persistente, e lei indietreggia un attimo. Tu la sostieni, la accompagni.
Le botti sono grandi, antiche. Sembrano guardiani del tempo. Il barone stilla il vino da una di quelle botti, e un liquido rubino fluisce nella brocca. La superficie si copre di miriadi di bollicine argentate, che luccicano nella penombra della cantina.
Il barone lascia la brocca su una botte utilizzata a mo' di tavolino e vi guida verso un locale ancora più interno che conserva delle botticelle impolverate.
“Ognuna è stata sigillata per il battesimo di un barone del casato...dal 1798 a oggi. L'ultima è quella di mio figlio.”
“Non si aprono?” lei chiede. La sua voce risuona fresca.
“No. Proviamo a sfidare l'eternità.”
Il barone ritorna indietro, versa dalla brocca il vino nei calici.
“No, non bevete. Aspettate un attimo.”
Tu trattieni il fiato. Hai già percepito il profumo del vino e ti senti interrotto, frenato.
“Nulla è un caso, nella nostra vita. Potrei raccontarvi come il sogno del vino, o la sua ossessione, hanno governato la vita dei miei avi, la mia vita e quella dei miei figli. Ma non è importante. Quello che importa è che voi siate qui, adesso, con questo vino. Brindate al vostro sogno.”
Tu guardi lei. Lei ti sorride. Non c'è bisogno di scegliere il sogno né, tanto meno, di dubitare delle parole del barone.
“Cosa c'è nel suo sogno, barone?”
“Il vino migliore del mondo. O forse solo il vino che piace a quelli che sognano e si intestardiscono a perseverare.”
Tu assaggi, assapori, inali profumo e gusto. Lei assaggia e si stringe a te. C'è un sole arancio che sta tramontando dietro le vigne, e lascia prevedere che domani non pioverà.

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