sabato 17 dicembre 2011

Racconto “A MONTALCINO” di Patrizia Cozzolino per WINE ON THE ROAD



La ricca settimana di pubblicazione dei racconti di "Wine on the road", quinto concorso letterario di Villa Petriolo, prosegue...Un dono di Natale, che speriamo gradito, a tutti gli amici di Villa Petriolo e DiVINando.

Patrizia Cozzolino è nata a Napoli, dove risiede.
Ha partecipato ai seguenti concorsi letterari: 2002, Soffusi Chiarori, 1° Premio IV Edizione Premio Internazionale di Poesia e Solidarietà Guido Giustiniani; 2008, Pallidi baluginii, 1° Premio I Edizione del Premio Letterario Il labirinto; 2008, Falesie e crepacci, Premio Speciale Comune di Cesa V Edizione Premio Internazionale Poesia Francesco De Michele; 2011, I volti delle rocce di Lucania, 1° Premio VI Edizione Premio Internazionale Poesia e Narrativa Napoli Cultural Classica; 2011, Collettivo olocausto, 1° Premio Premio Internazionale di Poesia Coluccio Salutati Edizione 2011.


Racconto “A MONTALCINO” di Patrizia Cozzolino

Gridava Mattia al di fuori della cantina. Era rimasto all’esterno, nel passeggino, insieme a Valentina che non aveva un grande interesse per il mondo delle cantine e del vino in genere e che quindi si era offerta di badare a lui.
Valentina e Mattia ci seguivano dall’esterno. Era come se stessimo compiendo lo stesso viaggio: loro due in superficie, noi al di sotto del manto stradale e, in qualche caso, ancora più giù, sempre più lontani dalla superficie e più vicini alle “viscere della terra”. Eh già! Era decisamente emozionante la visita alle cantine, quando questa si sviluppava in profondità. La temperatura all’interno si riduceva sempre di più e una gradevole sensazione di benessere originata dalla frescura dell’ambiente s’impadroniva di noi visitatori, piacevolmente allietati dal profumo del vino che, al progressivo abbassamento della temperatura, veniva da noi avvertito come più fresco ed intenso.
Compresi, pertanto, che sulla bontà del vino, materia tutt’altro che inerte, influiscono più fattori, in primis l’ambiente in cui è conservato.
Sembra un’osservazione banale, ma così non è, se pensiamo a come spesso maltrattiamo fiaschi e bottiglie di vino, ponendoli in ambienti caldi, qualche volta addirittura esposti alla luce diretta del sole.
Quando compiamo questo gesto criminale uccidiamo il vino, pregiudicandone i suoi intrinseci caratteri di vitalità.
E indirettamente, senza accorgercene, aborriamo la nostra cultura, che è anche esperienza legata alla coltivazione della vite e, successivamente, al processo di vinificazione.
Ero immersa in questi pensieri mentre mio padre diceva: - Ada, senti come si sta bene qui, non vorrei più andarmene via - .
Col suo sorriso gioviale e aperto, guardava negli occhi il proprietario della cantina che ci illustrava la storia della sua azienda vinicola, racconto che mio padre, forse più di me, seguiva con estrema attenzione. Forse perché anche lui, sia pure in piccolo, “faceva il vino”.
Avevamo un piccolo appezzamento di terra nella zona a ridosso delle Rampe di S. Antonio a Posillipo, delimitato da un costone tufaceo al di sotto del quale si apriva una galleria, che papà aveva trasformato nella sua “piccola cantina”.
Così ogni anno nella stagione autunnale, acquistati svariati quintali d’uva, di qualità per lo più sangiovese e moscato, si dilettava nella lunga, paziente e laboriosa produzione del vino. Vino che poi, al netto di quello destinato al consumo della famiglia, regalava per lo più ad amici e parenti.
La visita alle cantine di Montalcino rappresentava quindi per papà un’occasione di confronto con realtà organizzate e strutturate, dalle quali traeva spunti per apportare migliorie alla sua piccola realtà, celata nel piccolo terreno che amava coltivare e al quale era legato.
Diceva il Sig. Biasotti, il padrone della cantina, che un buon vino nasce innanzitutto dall’amore profondo per la terra che lo produce. Se la terra non è curata, valorizzata, le viti non daranno un buon vino.
Papà, annuendo col capo, condivideva l’osservazione del Sig. Biasotti, al quale replicava: - Mi deve credere, per me la terra è sacra, sento quasi che avverta i miei passi ed ogni mattina quando vado in campagna dialogo con le piante. E mi pare che le viti stiano ad ascoltarmi.
Il Sig. Biasotti e papà avevano scoperto di avere comuni interessi, legati al mondo del vino. Così iniziarono a parlare fra loro con tono sempre più amichevole, come se si conoscessero da svariato tempo, accompagnando le parole con gesti che solo la confidenza dettata dalla consuetudine sedimentata nel tempo può rendere spontanei ed abituali.
- Sig. Biasotti - diceva mio padre, mentre gli dava una leggera pacca sulla spalla - e adesso fatemi assaggiare questo bel vino rosso. Che bel colore rubino, intenso! Invecchiato in botti di rovere? - .
Il padrone della cantina, forse felice di fare da cicerone a qualcuno che nutriva un reale interesse per la sua attività, ricambiando la pacca sulla spalla rispondeva: - Certamente, è invecchiato in botti di rovere. Ora lo assaggiamo - .
Riempì alcuni calici che gentilmente ci porgeva mentre noi eravamo già in visibilio nell’osservare il gesto della mescita del vino, di colore intenso e brillante che fluiva dalla bottiglia al calice: io apprezzai enormemente il “sacro nettare”, prima ancora d’assaggiarlo, allorché piccole bollicine si formarono in superficie all’interno del bicchiere. In una frazione infinitesimale di secondo l’elemento olfattivo e quello visivo si fondevano armonicamente insieme. Piacere della vista e piacere dell’olfatto stringevano un connubio che amplificava l’eccellenza di un prodotto d’altissima qualità.
Mio padre che nel frattempo, sentendosi ormai di casa, si era servito da solo il vino, prima ancora che il Sig. Biasotti avesse riempito i calici per tutti, col suo sorriso aperto e felice diceva: - Bevi, Ada, bevi, è buonissimo! - .
Il vino era eccellente, ma papà si sarebbe dimostrato egualmente entusiasta anche se così non fosse stato. Era nella sua indole vedere sempre il lato buono delle cose, vedere la bontà prima della cattiveria, il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto.
E in una cantina, come si fa a non vedere i bicchieri se non mezzi pieni?
E allora prosit! Evviva il vino, evviva Bacco, evviva le cantine, magici mondi sotterranei che custodiscono intensi e profumati tesori…liquidi!

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