sabato 14 gennaio 2012

Il racconto “Il ragazzo del 99” di Roberto Cipolato per WINE ON THE ROAD



Roberto Cipolato abita a Argelato (BO) e lavora nel mondo aeronautico. Scrive per diletto, una passione nata non in giovane età. Ha partecipato al concorso letterario di Villa Petriolo “Wine on the road” col racconto “Il ragazzo del 99”.
Buona lettura!


Racconto “Il ragazzo del 99” di Roberto Cipolato


“Eh, quella mi sa che non gliela posso proprio dare”. La risposta era stata gentile, quasi a scusarsi. Eppure la mia ricetta di risotto ai funghi voleva un vino schietto come compagno, e quella bottiglia di raboso che vedevo sullo scaffale mi sembrava perfetta. ”Le dò tutta la cantina se vuole ma questa del quindici proprio non posso”. Il vecchio affettò qualche fetta di salame prese una bottiglia pulendola appena dalla polvere e mi fece cenno di seguirlo. Mi portò a sedere attorno ad un tavolaccio piazzato di sghimbescio tra i filari che si perdevano a vista d’occhio lungo il dolce pendio della collina. Due bicchieri e una piacevole chiacchierata tra i vigneti di questa splendida terra. In pochi minuti mi perdo nelle sue parole e non sono più un famoso chef alla ricerca di pregiate bottiglie di vini autoctoni da accompagnare a ricette esclusive ma un anonimo viandante che ascolta la storia da un uomo che ne ha fatto parte. Una storia aspra come quest’uva, dura come questa terra mai domata. “Sa, era destinata alla mensa ufficiali perchè il vino per noi era poco più di acqua sporca ma il carretto delle salmerie era stato preso in pieno da un obice e quella bottiglia era rimasta miracolosamente intatta. Me l’ero portata in trincea e subito era iniziato il bombardamento. Con i miei compagni eravamo pronti con il gavettino, quasi per morir contenti se cosi si può dire, un’altra botta e poi l’apro mi dicevo. La serbavo per il gran finale, erano momenti così lunghi da farti invecchiare subito. Ma non l’ho aperta sa, e quando la guerra è finita me la son portata con me e ogni volta che la vita passava a tormentami aprivo la credenza ma poi la richiudevo. La serbavo per qualcosa di speciale ma ogni volta ripensavo alla trincea, ai miei compagni, a quelli che son morti…e per che cosa hanno dato la vita…” In trincea tutto era morte: i fucili, le granate ma questa bottiglia era l'unica cosa che invece sapeva di vita, e così mi ci sono aggrappato. Quando la guerra è finita mi sono dedicato a questo, a tirar su vigneti a tirar su vita. " disse allargando il braccio sulla collina. Passeggiando per i filari mi mostrò orgoglioso i diversi vitigni che con amorevoli cure accudiva, anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia. Il suo cruccio erano gli incroci : sa ho avuto buone soddisfazioni con dei robusti rossi toscani, ma con i bianchi caro mio." Il suo assillo era il grechetto della valdichiana che un suo ex commilitone dalle parti di Arezzo gli aveva portato in regalo negli anni trenta " tieni" mi aveva detto. "Questo è vino. Non quel clinton che voi veneti mi avete fatto bere per tutta la guerra spacciandolo per ambrosia..." Lo ascoltai per un’ora buona e quando finì i suoi occhi erano umidi ma lo sguardo fermo ed orgoglioso. A dispetto degli anni si alzò quasi di scatto : “Lasciamo perdere il 1915, venga, le insegno un segreto” e rientrammo in cantina. “Con il raboso, se lo invecchia in botti di rovere come questa, magnifica il suo gusto" disse battendo con soddisfazione la mano sul legno " ma non vada oltre i dieci anni, rimarrebbe solo una vecchia bottiglia piena di ricordi e basta”. Mi accompagnò alla macchina infilando nel baule un refosco del 1961, a suo dire l’annata migliore in assoluto. Presi mano al portafoglio. "Non voglio niente sa, un centenario lo ascoltano in pochi, è solo un vecchio baule di stanchi ricordi e mi ha fatto piacere chiacchierare". Mi allontanai lungo la strada sterrata, dallo specchietto lo vidi salutarmi alzando la mano, esile figura che si stagliava sul cielo del tramonto mentre gli ultimi raggi di sole accarezzavano i vigneti di quel paesaggio bucolico.
I funghi porcini hanno un piacevole odore di terra muschiata appena percettibile e mentre attendo che si indorino ripenso alla tua ultima frase nel vigneto, mentre accarezzi i grappoli maturi pronti per la vendemmia, le parole smorzate dai ricordi, screziate dalla vita: “ L’uomo sa metter cura e amore, passione e poi…? “. E io penso ai buoni aggettivi che l’uomo quando non distrugge sa ricavare dalle cose, anche da questo fantastico nettare, al bel color rubino, ai riflessi granati, al suo splendido bouquet, ampio e pieno che ricorda le violette di campo…ed in silenzio brindo a te ragazzo del 99, alla bottiglia che non hai mai aperto e alla Tua vita che non è stata ciò che volevi.



Dedicato a mio nonno ragazzo del 99

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