venerdì 3 febbraio 2012

“Così si viaggiava, così si assaggiava e così si imparava…” di Vittoria Frosinini per WINE ON THE ROAD





Vittoria Frosinini, abitante a Pisa, è un’ insegnante in pensione da 6 anni. Laureata nel 1965 presso la Facoltà di Scienze Matematiche di Firenze. Per molti anni insegnante di matematica presso una scuola media in provincia di Pisa, è appassionata di computer, cucina, bicicletta, natura, teologia e lingue straniere tipo ebraico nonché ingorda lettrice.
Vittoria ha partecipato al quinto concorso letterario di Villa Petriolo “Wine on the road” col racconto “Così si viaggiava, così si assaggiava e così si imparava….”.


Racconto “COSI’ SI VIAGGIAVA, COSI’ SI ASSAGGIAVA E COSI’ SI IMPARAVA...” di Vittoria Frosinini


Ti ho mai raccontato del mio primo viaggio? Fu davvero il primo, anche se in precedenza mi erano toccati diversi spostamenti, più che viaggi. I miei genitori erano piuttosto mobili, vuoi per motivi di lavoro, vuoi per altre cause che ora qui non sto ad elencare, ma, se avrai pazienza di starmi a sentire, te li narrerò un’altra volta...c’è da divertirsi...
Ritorniamo a noi e a ciò che ti volevo dire, al mio primo e vero viaggio.
Era l’inizio dell’estate del ‘49, un’estate che io ricordo magnifica, calda e piena di buoni auspici. Capivo che si stava iniziando una nuova fase, si usciva dal tragico tunnel della guerra. Era palese nei comportamenti dei miei. Si facevano progetti...
Io ero ancora una bambina e mio fratello poco più grande, ma il clima che si respirava in casa era diverso da quello di qualche tempo prima, lo capivo benissimo, nonostante la mia giovanissima età. Una certa piacevole calma, se non quasi allegria, era entrata in famiglia e con lei la voglia di andare avanti nonostante tutto, la voglia di fare programmi per il futuro. Ed ecco che un giorno sento il mio babbo parlare di 15 giorni al mare...Hai sentito bene...15 giorni al mare...in pensione, o che cos’era?
Io il mare non l’avevo mai visto dal vero, ma solo in qualche foto in non so quale libro o giornale e quel discorso di mio padre mi aveva dato una grande emozione...
Non so come fu, ma quella estate al mare ci andammo davvero.
Devi sapere che abitavamo, in quel lontano ‘49, in un ameno borgo della Toscana, al confine con l’Umbria, Val di Pierle. Se guardi in una carta geografica lo trovi il luogo, ma ti accorgi subito che ha una posizione infelice rispetto al mare, perché dista molto sia dal Tirreno che dall’Adriatico.
Questo fatto però non scoraggiò mio padre, vecchio militare, 10 anni in Africa...che riuscì, non so come fece, ad organizzare il viaggio ed il soggiorno per 15 lunghissimi giorni a Cesenatico, alla Pensione Arezzo, prezzi modici, trattamento familiare...
Ti puoi immaginare la frenesia mia e di mio fratello al pensiero della prossima partenza. Infatti la notte precedente dormimmo pochissimo e ci addormentammo all’alba.
Mia madre mi aveva fatto un costume da bagno di lana, sì di lana, rosso ciliegia con una piccola pettorina per coprire il davanti in quanto iniziavo a tirar fuori la mia femminilità...e relative bretelline incrociate dietro. Bada bene che ero orgogliosissima sia del costume che della mia femminilità...
Partimmo con l’unica corriera nel primo assolato pomeriggio del 30 giugno, e, penso che tutto il paese sapesse del nostro viaggio...Ricordo la nuvola di polvere che lasciava la corriera al suo passaggio, come puoi immaginare le strade ancora non erano asfaltate, lì...
Una sola grande valigia ci fu sufficiente a trasportare ciò che ci poteva servire per tutto il periodo. Naturalmente se la trascinò dietro mio padre, il capo della spedizione e l’organizzatore della vacanza. Mia madre era adibita al trasporto delle vettovaglie che non occupavano più di una capace borsa. Panini fragranti ripieni di carne fritta che conservano anche a distanza di tempo la loro bontà, perché il pane assorbe l’unto salato della carne, uova lesse di poco ingombro, molto sostanziose, frutta dell’orto.
E diceva: “Staremo bene?...Spenderemo molto?...” Ed altre amenità del genere. Notavo quindi che era un pò perplessa e non molto convinta di questa iniziativa, ma tant’è seguì alla lettera tutti i dettami di mio padre. Noi ragazzi eravamo...al seguito...ma con occhi ed orecchi ritti, mio fratello sempre dispettoso.
La prima tappa la facemmo a Terontola, luogo mitico di nodo ferroviario. Ricordo con molta precisione gli odori della stazione, odori di ruggine e di fumo e tanta desolazione intorno non dovuta solamente al caldo pomeriggio estivo.
Molti treni ancora viaggiavano a vapore e, noi per raggiungere Foligno, che era la seconda tappa del viaggio, ne avremmo preso uno.
L’attesa del treno non mi sembrò lunghissima anche perché l’ampio piazzale davanti alla stazione, anch’esso polveroso, servì per rincorrerci e correre dietro ad una piccola palla, uscita fuori dalle tasche di mio fratello.
Il treno arrivò tra nuvole di vapore e fumo ed appena sopra, subito ai finestrini.
Mio padre tentò qualche spiegazione sul percorso, qualche nota di carattere storico, sulle varie direttissime...ma cessò quasi subito notando la nostra poca attenzione. Eravamo interessati al viaggio, solo al viaggio in sé. Eravamo felici di essere lì per il solo fatto di essere lì. E mano a mano che il treno ci portava sempre più lontano, io, specialmente, provavo un gran senso di libertà, di novità, di senso di non comune e ciò mi rendeva felice, quasi euforica. Queste sensazioni ancora le ricordo e le provo...
Passammo città e città, campagne e campagne sconosciute, gallerie e gallerie e all’imbrunire fummo a Foligno.
Le cibarie che mia madre aveva portato da casa, furono consumate in un batter d’occhio su una panchina della stazione, che mi parve molto più graziosa della precedente. Quel pane con le uova e carne fritta fu la nostra cena, la fontanella della stazione ci servì per dissetarci e lavarci un pò alla meglio le mani...
Ed ora? Si era fatta notte. Come passare il tempo che ci separava dalla partenza del treno successivo che ci avrebbe portato ad Ancona? Sarebbe partito alle prime ore del giorno successivo e quindi dovevamo inventarci un modo per trascorrere almeno una parte del tempo di attesa.
Non è quasi da credere, ma ti assicuro che andò così come te la racconto. Mio padre, depositata la valigia, ci portò al cinema, sì al cinema a Foligno...E se ti dicessi che mi ricordo che film abbiamo visto, devi crederci perché è la pura verità. Il film era “IL VIRGINIANO” con un Gary Cooper giovanissimo. Pensa che è un film del ’26, l’informazione è molto successiva, ma a Foligno era arrivato nel ’49...
A fianco del cinema c’era una gelateria, ne vedevo una per la prima volta. Dalle sorbettiere uscirono i più vari sapori e noi ragazzi li gustammo a pieno. L’acquisto di quel gelato era stato uno sforzo notevole per le nostre finanze.
Del film non capì molto, ma la cosa che più mi colpì fu la locandina coloratissima ben esposta all’esterno del cinema, messa in bella vista per invogliare ad entrare.
Per buona parte della proiezione devo aver dormito, appoggiata a mia madre, ancora abbastanza perplessa, cullata anche dai rumori della colonna sonora e dalla stanchezza...
Il resto del tempo di attesa lo passammo ancora alla stazione.
Quando il treno arrivò, proveniva addirittura da Roma...salimmo rapidamente e che sensazione piacevole, specialmente per mia madre, fu quella di trovare una famigliola, quasi come la nostra, diretta anch’essa al mare a Cesenatico.
Nonostante l’ora ci fu una fitta conversazione tra i grandi, noi ragazzi rimanemmo in disparte, studiandoci un pò...Dopo poco tirarono fuori le loro cibarie ed il vagone si riempì di aromi vari, di formaggio, di salumi ed uscì anche una bottiglia di vino...Anche noi fummo invitati al banchetto partecipando gioiosamente alla festa...
Poi la notte piena e la stanchezza ci vinse e dormimmo appoggiati l’uno all’altro su quei sedili di legno lucidissimi e non solo per la vernice, ma per tutti gli stropicciamenti ed attriti degli innumerevoli didietri...L’Appennino lo traversammo così in piena notte, ma alle prime luci dell’alba eravamo quasi ad Ancona e miracolo dei miracoli il sole che sorgeva dal mare ci dava il buon giorno. Sì il mare era là lucente, di mille colori, con il sole grande e limpido, immenso il mare, immenso il sole, tutto immenso, anche i nostri occhi, i nostri animi...
E fu amore a prima vista...
Quanta campagna, quanti paesi ancora, quante stazioncine dove i treni diretti non si fermano, protette da eucalipti giallastri, ma la mia attenzione ed il mio sguardo fu rivolto quasi sempre verso il mare che correva veloce parallelo a noi e che presto l’avremmo incontrato, toccato, goduto...
Ti meraviglia il fatto che non mi ricordi nulla del viaggio di ritorno?

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