giovedì 11 novembre 2010

Tenuta di Fessina sul numero di ottobre di CULT, il mensile di Palermo



CULT, mensile di attualità, costume, moda, turismo e società nato a Palermo nel 2001, racconta i principali eventi della Sicilia: nel mese di ottobre, la giornalista Giusy Messina dedica la rubrica “Enologia” a me e Federico per la nostra azienda vinicola etnea Tenuta di Fessina. Molte, molte grazie alla redazione di CULT!

Da “La signora del vino che viene dalla Toscana: Silvia Maestrelli”:

Dalle verdi valli della Toscana alle terre nere dell’Etna, è la passione per il nettare di Bacco il fil rouge della vita di Silvia Maestrelli, imprenditrice toscana nel settore finanziario e da qualche anno intraprendente “signora del vino”. La laurea in Economia le ha aperto le porte nelle società finanziarie del padre, ma spesso «il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce». E il vino scompiglia le carte. «È entrato nella mia vita al momento giusto - racconta - segnando in maniera indelebile e irreversibile un nuovo percorso della mia esistenza. Un percorso di rinascita che riannoda il legame con la mia famiglia e la mia terra». Un’avventura emozionale la sua che si divide tra l’attaccamento alla radici a Villa Petrolio, l’azienda agricola di famiglia a Cerreto Guidi, a 40 chilometri da Firenze dove si coltiva prevalentemente Sangiovese, e tra quella che lei stessa definisce «un autentico colpo di fulmine» per borgo di Rovitello, a Castiglione di Sicilia, dove nasce Tenuta di Fessina. Insieme con il marito Roberto Silva, imprenditore milanese, e all’enologo valdostano Federico Curtaz nel 2007 decise di acquistare il vecchio palmento del XXIII secolo in pietra lavica che si affaccia su un vigneto del secolo scorso, circa sei ettari di Nerello Mascalese appartenuto per anni alla famiglia Musmeci. Ed è proprio alla tenacia del signor Musmeci che ha lavorato viti vecchie di oltre ottant’anni, che Silvia Maestrelli ha dedicato il cru di Nerello Mascalese di “Tenuta di Fessina”, la nuova avventura in cui si è gettata a capofitto, buttando il cuore oltre ogni ostacolo. «Le vigne di Fessina - spiega la vigneron - sono situate tra due antiche sciare semicircolari, colate laviche del passato che, come due grandi braccia, cingono le vigne in un gesto quasi materno, isolando il vigneto come i vecchi muri dei “clos” francesi e creando un microambiente unico. Dalla Sicilia alla Toscana, il legame tra chi fa il vino e l’energia del luogo, è il brand della maison che fa dell’identità del territorio il punto di forza dell’azienda. «Sono vini eleganti, sobri - dice l’affascinante signora del vino - mai carichi o sovrabbondanti». Vini che rivelano la sensibilità e il gusto femminile.



A Villa Petriolo, le donne della famiglia, mamma Giovanna, Silvia, la sorella Simona e le piccole Lavinia e Margherita raccontano il vino con mostre, spettacoli e anche un concorso letterario internazionale. «Una discendenza di donne, la nostra – sottolinea - a cui abbiamo voluto rendere omaggio con la bottiglia del Chianti Docg Rosae MnemoSis. L’etichetta evoca la fiaba delle due rose sorelle che la nonna ci raccontava prima di andare a letto». Instancabile, divide il suo tempo tra i progetti per le aziende: «In Toscana abbiamo l’intenzione di sperimentare, negli anni, nuove vigne di Sangiovese, collocate su altri versanti della collina del Montalbano su cui la tenuta di Villa Petriolo riposa. Tanti “cru” di Sangiovese quanti sono i vigneti aziendali. In Sicilia, ci stiamo emozionando con le varietà autoctone etnee. Due nuovi figli delle vigne di Fessina, prossimamente ». Ma ha anche passione per l’arte contemporanea: «In alcuni momenti diventa per me una vera necessità: quando capita, mi immergo in un confortante bagno d’arte». E se si prova a chiederle il perché di una scelta enologica eroica come quella dell’Etna, la risposta rivela il piglio sicuro di chi ama affrontare le sfide. «Chi fa il vino con passione, curiosità, voglia di misurarsi con luoghi unici e straordinari, come fa a non desiderare di affrontare la maestosa Muntagna con il rispetto che chiede?»




Da “Federico Curtaz, nomade del vino”:

Federico Curtaz, perchè un enologo come lei sceglie di puntare sui vini del Vulcano?
«Mi sento molto studente sull’Etna. La parte del tannino del Nerello Mascalese richiama il Nebbiolo, quella del Nerello cappuccio richiama la spezia crepitante dei Pinot Noir. C’è volume nei vini, la terza dimensione. I vini sono acidi, verticali, hanno nerbo e non hanno l’assillo del colore. Si, sicuramente è una scelta adulta: studiare a fondo un territorio e dei vitigni nei quali intravedo un grande potenziale».

E sotto il profilo umano e professionale, cosa rappresenta l’incontro con una terra così ricca di contraddizioni come la Sicilia?
«Per il mio carattere è come un vento giusto nella vela. Le contraddizioni rivelano molto di un luogo e rimescolano le carte ogni giorno. Bisogna infilarsi in mezzo e trarre il meglio. Professionalmente non è sempre facile, c’è una certa imprecisione. La Sicilia è più vocata al forse che al certo. L’unica cosa che mi offende è girare per le strade e trovare macerie e spazzatura abbandonata ovunque, è sotto gli occhi di tutti. In questo la gente dovrebbe maturare, è una regione così bella, a difenderla devono pensarci principalmente i siciliani. Nell’esperienza di Tenuta di Fessina, ma in realtà anche nelle esperienze professionali precedenti l’accoglienza dei siciliani nei miei confronti è stata bellissima. Io mi sono sempre sentito a casa. I produttori etnei, e anche quelli di altre aree, ci hanno aiutato in tutti i modi, sento un debito di riconoscenza nei loro confronti e un senso di profonda gratitudine».

Perché il consumatore dovrebbe scegliere un vino dell’Etna?
«Per l’unicità dell’esperienza. Riprodurre sapori e profumi di questo tipo è oggettivamente assai difficile, emozione unica, come recita quel refrain pubblicitario, fatto salvo che in questo caso si tratta di una affermazione vera».


CULT - ottobre 2010 - La Signora Del Vino Che Viene Dalla Toscana Di Giusy Messina - Silvia Maestrelli

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