martedì 10 aprile 2012

“La ragazza che non c’era più” di Antonio Chiades per WINE ON THE ROAD



Antonio Chiades, nato nel 1940, è residente a Treviso. Autore di numerosi libri, a prevalente carattere biografico (Ugo Foscolo, Tiziano, Gino Rossi e altri). Premio speciale della giuria al concorso Rabelais 2010 di Caldarola (Macerata), dedicato al vino.
Ha partecipato al concorso letterario 2011 di Villa Petriolo “Wine on the road” col racconto “La ragazza che non c’era più”.


Racconto “LA RAGAZZA CHE NON C’ERA PIU’” di Antonio Chiades


Era dicembre, ma nei locali della cantina era come se splendesse il sole. La ragazza aveva una semplicità che si ammantava di luce, qualcosa di inusitato, di speciale. La pettinatura non assomigliava per nulla alle tante che si vedevano in giro. I capelli sciolti, vagamente lunghi, il sorriso leggero le davano un aspetto che, al primo impatto, lasciava disorientati.
Mentre spiegava le caratteristiche dei vini che andava proponendo, la osservavo con una curiosità assorta e un po’ incredula. Non l’avevo mai vista, prima di allora, anche se in quella cantina ero stato altre volte. Mentre stavo per uscire, mi aveva regalato una bottiglia di vino bianco: “E’ brioso, di piacevole acidità. Lo beva con gli amici, con chi vuole” aveva detto, ma era come se avesse sussurrato “non si dimentichi di me”.

E davvero non l’ho dimenticata. Quando ero tornato in quel posto, non molto tempo dopo, mi aveva accolto un ragazzo gentile e tranquillo, con una vena ironica nella voce. Ma di lei nessuna traccia. Avevo cercato di trattenermi il più a lungo possibile, ma senza esito. Volevo chiedere, ma poi me n’era mancato il coraggio, nel timore di rivelare una curiosità inopportuna. Ma il ragazzo, quasi leggendo nei miei pensieri, mi aveva anticipato: “Lei, la ragazza, non c’è più”.

Poi mi ero trasferito in una città lontana e tra quelle colline ammantate di viti potate con sapienza, come se esistesse un’intesa non occasionale fra l’uomo e le piante, non avevo più fatto ritorno.
Ma ogni tanto mi sorprendevo, senza volerlo, a pensare a lei.
Mi chiedevo chi fosse, se avesse un amore, dove abitasse.
Ma soprattutto mantenevo viva la speranza di incontrarla nuovamente, nel mio inquieto peregrinare per cantine, costantemente alla ricerca di vini perfetti, quasi per esorcizzare, a contatto con l’autenticità della natura e dei suoi succhi, la sottile angoscia che mi derivava dalla constatazione della fuggevolezza della vita.

Un giorno, in una zona collinare che assomigliava a quella dove avevo incontrato la ragazza, avevo individuato un produttore che mi ispirava fiducia, per l’aspetto sereno e sicuro di sé. Mi colpiva l’orgoglio con cui parlava dei suoi vini, anche se era lo stesso atteggiamento, di semplicità e accoglienza, che incontravo sistematicamente nei produttori che avevo occasione di avvicinare. Era fine estate. Avevo anche chiesto l’indirizzo di un allevatore di cui avevo sentito parlare, che proponeva ottimi salumi. “Chiamo mia figlia, lo conosce e può darle indicazioni precise” aveva detto allontanandosi.
Un sussulto mi aveva scosso.
La ragazza era apparsa, bellissima, ma non assomigliava a colei che continuavo a portarmi dentro come un’ossessione, con il suo sorriso attraversato da una sorta di misteriosa consapevolezza.

Un’altra volta, in una cantina, avevo assaggiato un vino equilibrato e leggermente aromatico di cui - ricordavo - la “mia” ragazza mi aveva parlato. Normalmente, dopo un assaggio, ho sempre il timore di sbagliare nella valutazione, nell’individuazione delle caratteristiche del vino. Ma quel giorno avevo acquistato, a colpo sicuro, parecchie bottiglie, come se attraverso quel sapore, quel profumo leggero e insistente, avessi potuto far rivivere la memoria di lei.
Frattanto gli anni passavano, lentamente ma passavano.

Dovunque andassi, restavo colpito dal calore convinto e convincente dei produttori, che mi spiegavano qualità e caratteristiche dei vini che andavano proponendo, permeati dall’amore che ciascuno manifestava per il proprio lavoro, a contatto con la verità della terra e del sole.
Ma finivo sempre per lasciarli con addosso un velo di nostalgia.

Un giorno, passando per una strada di campagna, in territorio a forte vocazione vinicola, avevo avuto un tuffo al cuore. Da una casa mi era parso di veder uscire lei, con quel portamento indefinibile e inconfondibile che, pur non rispondendo a nessun canone di bellezza, mi aveva profondamente affascinato.
Avevo inchiodato l’auto, aspettando a lungo, nella speranza di vederla passare nuovamente. Con una scusa, fortemente imbarazzato, ero sceso, avvicinandomi alla casa e chiedendo un’informazione qualsiasi, non ricordo nemmeno quale.
Ma, quando avevo visto riapparire la ragazza, la delusione era stata quella di sempre: non era lei, anche se la rassomiglianza poteva dirsi notevole.

Così, continuo a frequentare cantine, produttori appassionati ed esperti, senza mai perdere la speranza di rivederla. A volte mi chiedo il perché di tanta insistenza e non riesco a dare una spiegazione razionale al mio atteggiamento. Anche perché, a pensarci bene, lei non aveva nulla di particolare. Forse era stato il fatto di averla incontrata, in una sorta di simbiosi, tra la perfezione delle viti allineate armoniosamente sulla collina. Forse perché il vino, nella mia vita, costituisce da sempre l’apice, il momento culminante di ogni incontro festoso. Quel vino che mi è sempre stato familiare, dal momento che mio nonno, che era stato granatiere e aveva due baffi imperiosi, gestiva una bottiglieria fornitissima, dal nome eloquente e accattivante: “Il cantinone”. E mia madre, nella piazza più caratteristica della città dove sono nato ed ho a lungo vissuto, aveva conosciuto mio padre al tempo in cui lei lavorava in un locale caratteristico dal nome altrettanto eloquente, “Casa del vino”.

Così il tempo che passa inesorabile finisce per assegnare ai ricordi una valenza quasi mitica, a fermare le emozioni in una dimensione irreale. Così, mi dico che la ragazza che continuo a inseguire potrebbe appartenere ad un sogno, come succede per altre situazioni della vita. Ma, egualmente, non smetto di pensare che possa davvero riapparire, improvvisamente, ogni volta che mi soffermo da qualche parte, sempre alla ricerca di vini limpidamente genuini. Come se il loro colore, il profumo e l’aroma, appartenessero a quel bisogno di bellezza e verità che tutti ci portiamo dentro, inestinguibilmente.

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