lunedì 24 giugno 2013
Profondità di spirito. Pinot Noir VS Nerello Mascalese, la provocazione di Michèle Shah al Vinitaly 2013
_Il Nerello Mascalese ha una personalità spaventosa. Che ti conduce”
(Federico Curtaz).
L’incontro organizzato da DECANTER nell’ambito della scorsa edizione del Vinitaly ha fornito l’occasione per un’ approfondita riflessione sul confronto, attualissimo, tra il Pinot Noir e il Nerello Mascalese.
Condotto dalla giornalista Michéle Shah, “Tasting Ex-Press” ha visto come relatori due esponenti della viticultura etnea, il Cav. Giuseppe Benanti e Federico Curtaz, ed un noto enologo della Nuova Zelanda, Jeffrey Chilcott (Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy).
In degustazione per Tenuta di Fessina, il cru di Nerello Mascalese IL MUSMECI annata 2008, neo-classico dell’Etna.
Le premesse di Michèle Shah:
“Si chiederanno in molti il perché di una degustazione di Nerello Mascalese e Nerello Cappucio dell’Etna e di Pinot Nero dalla Nuova Zelanda? Non c’è affatto una risposta logica a questa domanda, dal momento che sappiamo quasi tutti che stiamo parlando di continenti diversi e di due diverse varietà d’uva, che fondamentalmente hanno davvero nulla in comune.
Il vero motivo per la mia scelta di queste due regioni e due vitigni è perché sono entusiasta di entrambi e l’unica “perdonabile” affinità che riesco trovare è che sono entrambi vitigni eleganti ed apprezzati per la loro profondità di carattere e finezza. Jancis Robinson MW ha definito una volta l’Etna Rosso come il “Borgogna dell’Etna”.
Questa degustazione si focalizza sulla “struttura ed eleganza del vecchio mondo in confronto con la potenza e l’intensità del nuovo mondo”.
In questa degustazione sarà impossibile farne una comparativa, in primis perché sono due vitigni diversi e, in secondo luogo, i vini sono caratterizzati da stili diversi. Etna Rosso è una miscela di minimo 80% Nerello Mascalese e 20% Nerello Cappucio, uve coltivate sulle pendici di questo vulcano da centinaia di anni ed autoctone all’Etna. Ancora oggi, si dice che alcune delle vigne sull’Etna datano al periodo pre-fillossera. La viticoltura dell’Etna è caratterizzata da vigneti ad albarello, di cui molti sono vecchi vitigni che risalgono da 60 a 100 anni fa. Il Nerello Mascalese è noto per i suoi tannini fini per un vino spesso definito di carattere riservato e austero, strutturato, intenso e complesso, con delicata finezza di frutti di bosco. L’altitudine dei vitigni da 600-1200 metri slm, le ripide pendici, il terreno vulcanico e minerale e l’escursione di temperatura da giornate calde e soleggiate e notti fresche (per una maturazione lenta) sono i fattori che danno a questo vino il suo profilo sottile e aromatico.
Passando alla Nuova Zelanda e al Pinot Nero, si dice che questo vitigno fu inizialmente portato in Nuova Zelanda da un viticoltore italiano, Romeo Bragato, nel lontano 1894. Oggi, il Pinot Nero è la seconda varietà più piantata con il secondo più alto volume di produzione nella Nuova Zelanda – il primo è il Sauvignon Blanc. C’è stata una crescita del 129% nelle vendite export del Pinot Nero nuova zelandese negli ultimi cinque anni, con quasi 10 milioni di litri esportati l’anno scorso.
La degustazione odierna comprende il Pinot Nero da diverse regioni della Nuova Zelanda. Il critico e produttore di vino australiano James Halliday dice: “La Nuova Zelanda è pressoché unico nell’avere diverse regioni che producono vini da Pino Nero nettamente diversi tra di loro”.
Il Pinot Nero viene coltivato prevalentemente nelle regioni meridionali più fresche. L’enorme diversità tra climi e terreni consente una vasta gamma di stili del Pino Nero nelle cinque principali regioni produttrici.
Il Pino Nero della Nuova Zelanda ha una struttura ‘Vecchio Mondo’ con l’eclatante espressione di frutta del ‘Nuovo Mondo’.
Caratteristiche principali:
• Frutta pura vibrante ed espressiva – frutti da color rosso a color scuro
• Elementi secondari di erbe, spezie e cacciagione
• Tannini fini, struttura elegante
• Intenso e complesso
• Morbida e seducente con dolcezza percepita sul palato
Il clima della Nuova Zelanda offre condizioni ottimali per il Pinot Nero:
• E’ un clima prevalentemente temperato, marittimo
• Estati miti e asciutti con notti fresche
• Autunni soleggiati, lunghi e asciutti per il massimo periodo di lenta maturazione sulla pianta
Terreni:
• Sono preferiti terreni più vecchi, complessi e sassosi
• Con depositi di argilla per consentire la disponibilità lenta e importante di acqua
• Necessità di libero drenaggio e di bassa fertilità.
I vini in degustazione:
Vini dell’Etna:
• Frank Cornelissen Magma Rosso 2011
• Alberto Graci Etna Rosso DOC 2011
• Nicosia Fondo Filara Etna Rosso 2010
• Passopisciaro Passopisciaro 2010
• Tenuta di Fessina Musmeci 2008
• Benanti Serra della Contessa 2002
Vini della Nuova Zelanda:
• Craggy Range Te Muna Road Vineyard Pinot Noir Martinborough 2011
• Old Coach Road Pinot Noir Nelson 2011
• Felton Road Bannockburn Pinot Noir Central Otago 2011
• Pasquale Pinot Noir Waitaki Valley 2010
• Pegasus Bay Pinot Noir Waipara Valley 2009
_L’esuberanza del Pinot Noir della Nuova Zelanda VERSUS l’austerità del Nerello Mascalese etneo_
Federico Curtaz:
“Proprio perché l’Etna è un territorio giovane (500.000 anni di storia geologica), con terreni nuovi, fragili, sottili, molto antropizzati, abbiamo grandi chances per il futuro. A differenza di molti nuovi luoghi vitivinicoli del mondo, sull’Etna abbiamo a disposizione vitigni antichi, che sono essenzialmente tre: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante. (…) Oltre i vitigni indigeni, l’altra grande risorsa sono i vigneti vecchi. In tutto il mondo, i vigneti che hanno più di cento anni sono molto pochi. Sull’Etna ce n’è una concentrazione notevole.
La modernità o la classicità di un vino si costruisce su dei valori culturali. Può diventare classica la Borgogna perché ha 300 anni di storia e può diventare nuovo l’Etna perché non si è mai commercializzato vino come Etna ma come Riposto, il piccolo porto in fondo alla Valle dell’Alcantara, da cui partivano per il mondo tutti i vini prodotti sull’Etna. Allora diventa moderno un vino che ritrova la sua personalità andando in bottiglia finalmente come Etna e non più come vino rosso di Riposto, come si trova su tutti i registri d’Europa ad inizio Novecento.
Il carattere vero della terra dell’Etna: leggera, sabbiosa, con molta roccia, piena di cenere vulcanica. Capita di dover andare piano sulle strade dell’Etna perché ci sono tre dita di cenere che portano fuori strada facilmente. Il vulcano lavora tutti i giorni e ti restituisce un sacco di energia, anche fisica.
Un’altra componente molto importante è il vento africano. Dalla Libia, dai deserti nord-africani, arrivano sovente con lo scirocco argille che si depositano sulle foglie come macchie rossastre e quando lo scirocco si accompagna a temporali porta ulteriore nutrimento.
Sono terre molto ricche, molto sottili, perché i lastroni di lava indurita hanno poco di copertura, e quindi concedono poco spazio per le radici.
Il clima: mediterraneo durante l’estate e continentale durante l’inverno; ad ottobre-novembre fa freddo e sull’Etna può nevicare anche sino al 1° di maggio”.
“Questa grande escursione termica è la responsabile principale della profondità di spirito di questi vini- chiosa Michèle Shah -, del loro profilo aromatico e dell’eleganza, elementi che hanno condotto Jancis Robinson a paragonare l’Etna alla Borgogna”.
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