giovedì 8 maggio 2008

Cinema di..Vino


Nel cinema, da anni, il vino ed il cibo sono costantemente presenti.
Dalla forte valenza simbolica, il vino assume, di volta in volta, funzione socializzante, inebriante, seduttiva, narrativa, metaforica…o diviene cifra d’identità d’un popolo. Si pensi all’Italia, dove l’agricoltura costituiva il principale settore produttivo sino a cinquant’anni fa: il vino faceva parte del regime alimentare quotidiano di tutti. Quanti film ci riportano tozzetti colmi di vino in scena! I giorni del vino e delle rose, film del 1962, con la regia di Black Edwards, che il concorso di Villa Petriolo intende omaggiare, è un’opera disincantata in cui la schiavitù dall’alcol è rappresentata quale metafora del disagio della classe media americana.

Il Morandini così recensisce il film:

“Da un teledramma di J.P. Miller (diretto da John Frankenheimer): dopo le nozze, Joe Clay si rimette a bere e induce la moglie Kirsten a imitarlo; diventano entrambi alcolizzati cronici. Lui smette, lei non ce la fa. Riuscito intermezzo drammatico del quarantenne B. Edwards, principe della commedia. Con Giorni perduti (1945) di Billy Wilder, è uno dei più rigorosi e sconvolgenti drammi sul tema dell'alcolismo. Più che terminare, il film si ferma, rifiutando la lieta fine, l'amore come risoluzione. Squarci improvvisi di tenerezza soffocante e di lirismo lacerato in un tessuto di cupa intensità. Uno dei film più personali e più belli di Edwards. Il merito è anche dei due interpreti e della fotografia di P. Larthrop. Paradossalmente ebbe soltanto un Oscar per la migliore canzone di Mancini-Mercer”

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