giovedì 29 maggio 2008

mirabilia..

Simili agli uomini e agli animali, le piante “riversi animali immobili”, hanno “bocca, nervi, vene, cuoio, ossa, midolle, vesti, corna e fan figli per non morire del tutto”.

In questi giorni in cui il caldo ci attanaglia, ritirarsi al fresco a leggere ci risolleva l’animo. Mi sono imbattuta nelle parole lussureggianti e immaginifiche di Piero Camporesi, insuperato antropologo ed italianista, scomparso dieci anni orsono, che ha indagato il campo dell'influenza del cibo e delle condizioni materiali di vita nella formazione dell'immaginario collettivo.

In “Le officine dei sensi” - edito da Garzanti nel 1985 - si legge: Organismi vitali e sensibili, dotati di sentimento, di anima vegetativa e sensitiva, non solo di senso ma di ragione (le nuove sconcertanti scoperte sull’intelligenza, le capacità di comunicazione, la previsione del pericolo le strategie per neutralizzarlo dovrebbero far apparire meno visionarie le mitologie vegetali del pensiero prescientifico), creature perfino passionali, erano ritenute capaci di odi e di amori, di repulsioni e di attrazioni, portate all’amore, sensibili all’amicizia, alle tenerezze.


Sensibili organismi femminili, le piante avevano bisogno di carezze e tenerezze... e mi torna in mente quell’antico metodo di allevamento della vite che ha caratterizzato il paesaggio toscano fino a non tantissimi anni fa e di cui rimangono esemplari superstiti, sebbene abbandonati, anche nelle campagne intorno a Cerreto Guidi. E’ la vite maritata, ricordo del sistema mezzadrile, immagine poetica in cui la vite, prolifica, forte e femmina, si avvinghia al suo “omo”, il sostegno vivo, suo sposo, pioppo, acero, gelso, ulivo, per crescere e dare il suo frutto.



Anche il rapporto fra uomo e pianta pare fosse profondamente diverso dall’attuale distacco, dall’attuale insensibile freddezza. Il coltivatore doveva tener conto dei loro bisogni sentimentali, del profondo, vaneggiante desiderio d’affetto, e d’unione.

“Il mirto e il pomo granato s’amano insieme e l’affezione loro si conosce mediante le radici, perché se ben piantati alquanto discosto l’uno da l’altro, nondimeno le si vanno a trovare, s’abbracciano amorosamente insieme ed essendo piantati da presso si danno grazia l’un l’altro...”.

Che meraviglia...

Possibili suggestioni per la prossima edizione del concorso letterario di Villa Petriolo....? Vi terrò aggiornati.




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