venerdì 29 agosto 2008

ogni colore ha un suo sapore...


Buon compleanno a Francesca Murru, autrice del concorso letterario di Villa Petriolo "I giorni del vino e delle rose".

Francesca Murru è nata a Piombino il 29 agosto 1981, dove risiede attualmente. E' appassionata di sport, natura e scrittura. Laureata in Economia aziendale e specializzata in Marketing e Ricerche di mercato presso l'Università di Pisa nel 2007, con una tesi sul Marketing territoriale ("Parchi Val di Cornia Spa"), lavora come responsabile marketing presso un'azienda della Val di Cornia che si occupa della progettazione e istallazione di sale da bagno e centri benessere.



Racconto

di Francesca Murru



Rosso. Un rosso rubino, smeraldo, sangue, porpora… ogni colore ha un suo sapore, un suo odore, una sua sfumatura. Ti evoca pensieri che non credevi essere capace di ricordare, sensazioni che non credevi di provare più. Tutti i contorni svaniscono. I cinque sensi ad un tratto si annullano, o meglio si uniscono e sono capaci di generare un unico brivido. Penso. Alla mente mi riaffiorano i gesti e gli sguardi che ho pesato e con cura ho messo via di quei giorni, di quel periodo. Un paesaggio senza limiti, senza tempo. Le verdi colline si alternano al mare regalando ai miei occhi e alla mia mente un’immagine solenne. Io sono li, mi vedo con gli occhi di un estraneo. Seduta sul bordo della staccionata mi riempio gli occhi e l’anima di serenità. C’era lui accanto a me, c’era elettricità nell’aria, una fresca sera di primavera. Un bicchiere di vino per due, amore, tranquillità, essere una coppia e sentirsi un
essere unico. Sono uscita dalla mia testa, ho permesso a lui di entrare in me e scoprire quello che a nessuno permetto di vedere. Provo a mia volta ad entrare in lui. Ci rinuncio. Mi piace guardarci dal di fuori. Siamo belli. Io, lui e il nostro bicchiere. Non siamo soltanto belli, siamo soli. Il mondo intorno è scomparso, e se con la mente provo ad allargare i confini dei miei ricordi, vedo solo il bianco del nulla. A tratti mi sento sporca. Com’è possibile che solo a causa delle mie percezioni alterate riesca in effetti a sentirmi così bene? Forse domani mi pentirò di questo? Non faccio nulla di più di quello che non vorrei fare. Mi chiedo se è questo vino, quest’aria, quest’amore o quest’età che mi fanno sembrare tanto speciale questo momento. Eppure sono i miei paesaggi, il mio mare, lo stesso che guardavo da piccola. Sono stata bagnata dalla stessa acqua e quella stessa erba mi ha già solleticato i piedi, ma il momento è unico. Non ha tempo. Non si può ripetere. Quanto tempo è passato da allora? Dieci anni, un mese, tre giorni? Non riesco a quantificarlo, ma del resto che importa. Oggi è di nuovo primavera e sono qua con lo stesso bicchiere in mano a guardare quello spettacolo. Ma qualcosa è cambiato. Oggi mi sento inerme, nuda, privata di un tassello che rendeva il mio mosaico ineguagliabile. Mi viene in mente una parola. Attesa. È lei che, me ne rendo conto solo ora, ho dovuto ringraziare. L’attesa aumenta a dismisura il piacere, lo prolunga perché già inizi a pregustarlo in precedenza, sai gia che cosa proverai. Ma quale è la sua antitesi? Perché è quella adesso che mi perseguita. Sono come quei metri che, anziché separarti dall’ottenere qualcosa, sottolineano attimo dopo attimo la tua sempre maggiore lontananza. E la consapevolezza ineluttabile cresce scontrosa. Ma perché mi è così difficile accettare che qualcosa che è stato non sarà più? In fondo sono certa che, se non sarà lui, se non sarà quell’attimo, sarà un altro attimo a scaldare la mia mente. E di questo dovrei essere ben felice. Non è forse l’unicità a render giustizia agli infinti capolavori del mondo? Come questo bicchiere di vino. Lo sto tenendo in mano, mentre scrivo, nella speranza che mi parli, mi consigli, risvegli in me quel fuoco che sentivo. Ne bevo un sorso. Mi sembra di tradirlo. So che anche lui è a tempo, come tutto il resto, e so che ogni volta che io e lui ci baceremo, avrà un sapore diverso, e io sarò una persona diversa. Lo poso. Guardo le mie montagne, il mio verde e il mio mare. Uno sguardo veloce al mio steccato. Mi chiedo in continuazione come sarebbe guardarlo con gli occhi di un altro. Tutto è li. Immobile. Sono solo io a mancare.


Charles Aznavour, Trusse Chemise

3 commenti:

D. ha detto...

Che bello ogni sapore ha un sapore...


ora penso ai poeti...i poeti hanno vita claudicante...ma è preziosa la loro più di qualsiasi altra.

silvia ha detto...

è vero, d....c'è una canzone di piero ciampi, "Ha tutte le carte in regola", che ci racconta bene tutto questo...."ha un carattere melanconico,beve come un irlandese...". E continua "preferisce stare solo, anche se gli costa caro...".
Questo è il miserere di chi non ha più illusioni...E' solo perché è un artista che l'hanno preso per un egoista. La vita è una cosa che prende, porta e spedisce.Finisce così questa bella conzone.
A presto, d.

D. ha detto...

PER TUTTE LE MERAVIGLIOSE DONNE DELLA MIA VITA a d. che la mia identica differenza: COME TORNARE IN PEDI CON UN PAIO DI SCARPE NUOVE.PERCHè L'UBRIACONE è UN GRAN SENTIMENTALE.
Ho deciso che non troverò un rimpiazzo o un continuatore in un unico uomo.Devo trovare qualcosa di diverso: COMPRARE DELLE SCARPE NUOVE.Le scarpe giuste al momento giusto.Non erano delle scarpe qualunque, erano le scarpe a cui avrei trovato una nuova identità. Non era un décolletté, raffinate ed eleganti. Erano tacchi acuminati, forti scarpe utili, pratiche.Basta con i sabot facili da perdere. Queste avevano fibbie e cinghie a volontà. Scarpette da punta, scarpette da troia, alla fine sempre di bondage si tratta. Erano le mie scarpe , le chiamavo " non rompetemi il cazzo". Ironia della sorte erano anche scarpe che dicevano "ho voglia di cazzo". Ah! le scarpe dai doppi sensi.
Per la prima volta dai tempi che ballavo sulle punte mi sentivo così alta da poterle sparare grosse.I miei piedi erano molto più alti del mio suolo, è il luogo in cui do il meglio sia nel corpo sia nella mente.
Le mie nuove scarpe divennero sia lo scudo che l'armatura nella battaglia per un nuovo modo di vivere.
Altre paia di tutti i colori disponibili: viola, argento, rosso acceso.Una volta allacciate mi danno tutto un altro contegno. Divento un misto di Afrodite,Artemide,Atena.Cammino lenta , fiera, senza fretta, meravigliosa sulle mie armi scintillanti coi tacchi alti. Non guardo più dal basso in alto, ma dall'alto in basso. Le indosso in casa mentre lavo i piatti, mentre spolvero gli scaffali, con la biancheria senza biancheria. TERAPEUTICO.
E continuo bene a pulirmi il buco del culo: un gesto di speranza in un terreno abbandonato