venerdì 19 settembre 2008
e anche questa è fatta...
"E anche questa è fatta", il racconto di David Scarselli per "I giorni del vino e delle rose".
Buona lettura!
David Scarselli è nato ad Empoli nel 1975, vive a Castelfiorentino (FI).
Ha pubblicato un'opera di poesia e due di narrativa, racconti su riviste ed antologie. Ha ricevuto vari riconoscimenti ai premi letterari ai quali ha partecipato, fra cui un primo posto al "Giovanni Gronchi", sezione giovani. Con il racconto Nuvole basse ha vinto il terzo premio al concorso "Interrete shorts". E' membro dell'Associazione culturale Assenzio.
Racconto
"E ANCHE QUESTA E' FATTA"
di David Scarselli
Ada è bella. O meglio, Ada sarebbe bella. Non fosse per quei rivoli di sangue che le bagnano le labbra partendo dalle narici. Ada ha la carnagione scura. O meglio, avrebbe un bel carnato caraibico, non fosse per il biancore che lo sciupa. Ada è alta. Lo so che ora vi aspettate... o meglio... ma Ada è e resta alta, anche se ora giace al suolo. Vicino a lei una sedia, anch’essa distesa, nella posizione del missionario (chissà perché sia nata questa leggenda dei missionari che trombano in questa posizione. Io ho degli amici missionari che mi hanno assicurato di prediligere altro). La stanza è ordinata. O meglio era ordinata, prima che ci andasse ad abitare Ada. In questa cucina-soggiorno, qualcosa non quadra, e non solo per l’inusuale rotondità della stanza delle pareti delle finestre oblò e di ogni oggetto. Ada è distesa con gli occhi socchiusi, come se uno spiraglio di vita ancora la tenesse appesa a un filo. Distogliendo un attimo lo sguardo da lei, si potrebbe ad esempio notare, sopra al tavolo rotondo, la sua borsetta tonda, capovolta, con tutto il suo interno rovesciato. Borsello, rossetto e rimmel, smalto per le unghie, un accendino, sigarette delle quali non si può notare la marca perché oscurata dalla censura. Idem per gli assorbenti, impossibile notare o meno le ali. Invece i preservativi sono della durex. A prima vista tutto sembra pressoché normale. Tranne Ada stesa a terra come fosse un pugile distratto al quale hanno rotto il naso. Tranne che ci sarebbe anche altro da notare ma proprio non ve lo posso raccontare. Credetemi non è colpa mia, è l’autore che me lo impedisce. Dice che gli rovino il finale o cazzate del genere...
Salve. Mi chiamo Nanni, Nanni Moretti. No, non sono il famoso regista girotondino. Con un cognome così mi rendo conto che chiamarmi Nanni è stato, come dire, inappropriato da parte dei miei genitori. Del resto non è che te li puoi scegliere, i genitori. Loro sono convinti di avere il senso dell’umorismo. Io ne ho dubitato quando hanno cominciato tutti a prendermi per il culo.
Mi chiamo Nanni, dunque, e sto per entrare nel negozio di Gino, un fioraio mio amico.
“... Gino...”
“Oh”
“Stasera esco... no, volevo dire...vado a casa della mia vicina di casa... cioè...”
“Ho capito, c’hai un appuntamento! E com’è lei”
“E’ bona Ginooo. Ma la cosa più assurda è che abita davanti alla porta di casa mia, la punto da una vita e nemmeno ci speravo!”
“Davvero? Che spettacolo!”
“Insomma dammi una rosa rossa che alle donne piacciono queste cose.”
“Una? Come sei tirato! C’hai i braccini corti figliolo!”
“Allora dammene sette che sette mi ha sempre portato bene. Quanto ti do?”
“Vent’euri Nanni!”
“Vent’euri? Se non la trombo l’ammazzo!”
Parto deciso verso casa. Muovo spedito i passi con delle rose rosse in pugno e sono sicuro: sette rose? Sette rose, le porto sette rose... è fatta! E’ fatta!
Poi mi viene in mente com’è andato il suo invito... (flash back)
“... Nanni, potresti venire una di queste sere a cena a casa mia così mi sistemi il computer? Ho qualche problema a chattare con i miei amici...” (ritorno al presente da non confondere con ritorno al futuro)
.... forse lei mi considera un amico e io come al solito fantastico su come potrebbero andare le cose... (ritorno al futuro ma di quelli che non s’avverano)
“Tieni bene stretto il mouse che io attacco la mia presa USB”
e lei risponde “mettila bene tutta dentro”
Smetto di fantasticare e torno a riflettere. Se mi presento con delle rose e basta potrebbe equivocare. Anche se non c’è niente da equivocare. Se lei pensa che voglio portarmela a letto pensa giusto. Ma se mi presento con una bottiglia di vino e sette rose, è fatta. Sono bello come il sole, ingiacchettato e incravattato, distinto, sette rose e una bottiglia di vino. E’ fatta...
Mi fermo da un mio caro e vecchio amico che vende vino...
“Ciao Nanni, che giri da queste parti? è da quando sei entrato all’alcolisti anonimi che non ti si vede”
non fatevi una brutta idea di me
“... Guarda che siamo nel mio racconto, non dire così che c’è gente che ci ascolta”
“Se ti conoscono tanto lo sanno, stai tranquillo non te la sciupo la reputazione!”
è un vecchio amico, sta solo scherzando
“Ascolta Fausto, ho bisogno di una bella bottiglia e non intendo il vetro ma il contenuto, di vino, devo fare bella figura con una fig... amica, ehm.”
“Sì, ora te c’hai le fig...he. Ti do il solito Morellino e sei a posto”
“Perché che cos’ha il morellino? a me mi (che non si dice ma la maestra me l’ha spiegato male) piace parecchio! il rapporto qualità prezzo...”
“Eccolo là, beone e tirato! Va via reputazione...”
è un pezzo di merda altro che amico!
“Insomma dammi una bella bottiglia di Morellino e si taglia la testa al... (povere bestie i tori: le corride, le teste mozzate) Quanto ti do?”
“Quanto mi vuoi dare. Dammi 20 euro...”
“Vent’euro? Prezzo da amico!”
“Diciamo pure, prezzo da fratello!”
“Pensa che culo i figli unici!”
Riparto sempre più deciso, mi hanno svuotato le tasche ma ho una certezza: o me la da o è una donna morta! Ma no, non ci sono dubbi: ho speso 40 Euro, tengo stretto in un pugno sette rose rosse e nell’altro una bottiglia di Morellino. No, sette rose e una bottiglia di Morellino, cioè il Morellino e sette rose, è fatta! Per forza, non ci possono essere dubbi, è fatta. Poi anche se volesse essere solo una buona amica e vicina di casa, io lo accetterei. Cioè, dopo che stasera me l’ha data. Per essere chiari in futuro può anche togliermi la parola ma stasera si tromba!
E’ fatta.
Sono finalmente giunto al luogo destinato al nostro appuntamento: il pianerottolo del secondo piano. Entro in casa quando mi ricordo che l’appuntamento è a casa sua. Adesso dovrei scendere le scale e suonarle così mentre io salgo lei magari si prepara. Beh magari mi prende per un coglione visto che sa che io ho le chiavi per entrare dal portone del palazzo.
Esco e mi accorgo che la porta di casa sua è socchiusa: deve avermi sentito entrare e ha aperto. Mi sta aspettando... è fatta! è fatta! è fatta!
Sento dei rumori provenire dall’interno, mi sa che è lei...
indossa una suadente vestaglia trasparente con sotto della minuscola biancheria intima “Nanni spegni la tele perché sennò diventi cieco” (era un ritorno al passato imbarazzato: mia madre che mi becca a masturbarmi!)
Entro e mi accorgo che c’è qualcosa che non quadra. Sì, lo so che lo sapete che la stanza è tutta tonda, talmente tonda che fa girare la testa! Strano il costruttore di questo palazzo, casa mia è tutta triangoli, anche il cesso! Sapeste che fatica starci seduto!
Noto che una ciocca di capelli sbuca da dietro il divano e mi accorgo che due occhi mi stanno guardando, ma non sono quelli di Ada. Infatti Ada è distesa con sopra un uomo in un abito che potrebbe sembrare di quelli che usano alla NASA, non che ci sia mai stato alla NASA ma nei film li mettono sempre vestiti in questo modo. Sto divagando perché non sopporto l’idea di dover raccontare un altro uomo che sta massaggiando il petto della donna che avrei dovuto farmi. Ha anche quegli strani aggeggi che servono per rianimare le persone e noto che sul tavolo tondo c’è un vassoio tondo con sopra della polvere bianca. Mi avvicino e penso: dev’essere cocaina...
Snifff
è cocaina...
Guardo Ada e l’uomo sopra di lei...
“Ma che sta succedendo?” chiedo...
“Questa ragazza è fatta”
“E’ fatta? Lo dicevo io!”
Esco dalla stanza tondeggiante e saluto l’uomo della NASA che da vicino ho potuto notare essere rotondetto. Lancio il mazzo di rose dietro le mie spalle. Entro in casa mia, spacco il collo della bottiglia su un triangolo isoscele e bevo tracannando a garganella.
Penso: sette rose, il vino, 40 Euro. Era fatta. Cerco di rivalutare la masturbazione come atto essenziale dell’esistenza onestamente decente di un uomo con genitori poco spiritosi, ma non ci riesco. Penso: speriamo almeno non si riprenda, sennò l’ammazzo io...
Elio e le storie tese, Servi delle gleba
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