martedì 2 settembre 2008

un'ampia visione....per la mia Sicilia

Si avvicina il tempo della vendemmia anche nella calda ed antica Trinacria.
Come è avvenuto in tutte le zone classiche del vino, l’ Etna si sta ora ripopolando di produttori. Tende a somigliare alla Borgogna, per il vino di monovitigno (nerello) e per i “cru” in cui si divide, qui “contrade”, che stanno a grandi differenze di altezza e su lave molto diverse"(dalla presentazione della manifestazione Le contrade dell'Etna).

Solo un assaggio di questa splendida terra, dalla nostra Tenuta di Fessina, Contrada Rovittello, vendemmia 2007...in attesa di portare a compimento l'opera in questo anno, quando un'ampia visione...porterà ogni cellula nuova a fiorire...



In accompagnamento, poche gocce di prosa del mio instancabile compagno di viaggio nel mondo del vino Federico Curtaz....


"A Rovittello, all’entrata di quel nido di pietre scure di lava, non appena attraverserete i binari stretti della ferrovia che sale ai paesi etnei, sinuosa e appoggiata ai fianchi del monte, quasi come fosse una cintura sulla vita di una femmina, sì, proprio lì, farete un incontro strano.
Maestoso e sensuale, un grande albero con le radici che, come una serpe, avvolgono i blocchi del muro di cinta del borgo, con i rami che volano verso il cielo a guardare i Nebrodi, vi apparirà il Millicucco. Sì, proprio il Millicucco.

Come molti altri personaggi, nei quali vi imbatterete in questi luoghi, il Millicucco è un gigante altero e ieratico, sa di essere importante e ce lo fà, educatamente, sapere. È lui la raffigurazione dell’unità di misura di questo posto che la gente chiama da sempre “I vigne di Fessina”. Qui l’unità di misura è il tempo, quello antico, unito a tutto ciò che sale verso il cielo, con pazienza.
Diceva Gino Veronelli “ il vino è il canto della terra che sale verso il cielo”, con il misticismo anarchico e profondo del suo cuore.
Il Millicucco è il custode del borgo, è quello che avvista l’arrivo degli stranieri, li guarda e li fà sentire piccoli, incute rispetto. Non dice nulla ma fà capire molto, induce a un comportamento serio.
Quasi tutto in questo luogo ti fà sentire finalmente piccolo e poco importante. L’immensità del monte e il senso di questo lavorìo infinito e indefinibile che genera il nuovo ad ogni scadere di secondo. Queste forme imperfette e non perfettibili ma da accettare perchè mutanti e vive. Questa forza alla quale non si può mettere le mani perché brucia e bruciando dà nuova vita, asciugando di polvere crea nuova linfa, paradosso semplice e oggettivamente certo.
A salire verso il cielo in questo piccolo ombelico verde, tra sciare nere che scendono dall’alto ci sono molte cose. La più appariscente è quel pennacchio di fumo che, si vede quando si alza lo sguardo, sale dal cappello da gnomo che sta in cima al monte. Non smette mai di sbuffare, da 500.000 anni e forse più e riversa cenere e lapilli che depositano e si distribuiscono nel fluire delle stagioni a volte accumulati, altre volte spazzati via dall’acqua. A volte rimescolati e coperti da lava fluente, nascosti al verde e alla coltivazione per centinaia di anni, fino a quando paziente la natura ricomincia il suo lavoro di conquista della roccia e ci regala, conche irregolari, piccoli vasi di terra che se coltivati per bene danno frutti meravigliosi. “ I vigne di fessina “ sono uno di questi vasi di terra particolare, ricca della sua povertà. Tra Linguaglossa e Randazzo sono molte queste forme che coccolano i vigneti come balie generose. Vigneti che per destino danno vini molto diversi generati da suoli e microambienti talmente particolari da renderli unici. Ma questa è una strada che va verso una comprensione scientifica e quindi di per sé retorica, e non mi ci voglio infilare. In questo caso è bene sentire, capire è molto meno importante, è per addetti ai lavori, oggi, noi preferiamo emozionarci..."

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