martedì 28 ottobre 2008

una rosa, una lettera


Buon compleanno a Gianluca Lucchese, autore del concorso letterario 2008 di Villa Petriolo!
www.gianlucalucchese.it


Gianluca Lucchese è nato il 28 ottobre 1970 a Cascina (PI) e risiede a Pisa. Dal 1996 titolare di All Night (servizi di tutela-sicurezza nel settore concerti, fiere, discoteche), è coach sportivo (Fipcf-Coni, Licensed Practitioner in Pnl) e dal 2006 al 2007 ha fatto parte dello staff Hi-Performance-Anthony Robbins per seminari a Londra. Nel 2004 ha pubblicato "Buttafuori per caso" (Ed. I fiori di campo), con prefazione di Klaus Davi, presentato anche durante un programma mattutino di Maurizio Costanzo. Nel 2007 è uno degli autori di Pisanthology, AA.VV., l'Antologica. Nel 2008 è uscito il terzo libro di Gianluca, "La spiaggia perfetta. LiberaMente in cammino: prossima fermata Russel Square".


Racconto

"UNA ROSA, UNA LETTERA"

di Gianluca Lucchese



Caro amore mio
è la sera giusta per rivelarmi con queste mie sincere righe.
La Rosa che accompagna questa lettera, è un pensiero profumato e luminoso.
Si chiama Primo Sole.
E’ un prodotto del nostro paese.
Ha un colore puro che non si stempera con il tempo.
Sai, sembra non sentir proprio il passar degli anni.
Come te.


Sapevo che avresti avuto delle qualità in futuro, e quando ti ho visto e sentito, ho avvertito subito un’ emozione fortissima.

Mi hai rapita sin dal principio.

Sei cresciuto alle luci migliori, bello, sano, gioioso. Mi hai sempre guardata senza proferir parola: non ne avevi bisogno, mio caro, le tue guance, d’un rossore capace di regalare magnifiche emozioni, mi hanno rivelato dal principio tutta la tua sensibilità. Ho aspettato con pazienza prima di coglierne i frutti. Ho ascoltato il mio cuore prima di tutto.
Ti guardavo spesso, solo, muto, immobile al buio sotto un cielo stellato, fissare per ore ed ore la pallida luna. In silenzio tra fulmini e tuoni, impaurito, ti lasciavi sfiorare dagli acquazzoni : tremavo io per te, amore mio. Ti sentivo anche danzare morbidamente al vento e ti osservavo prendere il solleone con felicità. Ti dipingevo di nascosto con i miei colori ad olio sulle tele delle mie fantasie bambine. Eh sì, da piccola immaginavo di diventare una pittrice famosa: una volta, per diletto e per amore, ti dipinsi sul vetro della mia finestra.
Eri sempre sulla bocca di mio padre, gli piacevi tanto. Ti chiamava “Chicco”, ricordi?


Al momento del trasloco da quelle terre ti ho fatto aiutare con cura, passione, attenzione. Volevo il meglio per te. Sapevo che oramai era giunto il momento adatto. Ti ho visto allontanare su quelle macchine. Ho sentito dire che stavano facendoti inacidire. Poi sei maturato, lontano da quei luoghi, da quei parassiti che volevano solo prendere senza darti nulla, vicino a quei cuori che sapevano darti la giusta dolcezza e che ti hanno portato ad avere una tua struttura: sei passato dal ragazzo all’uomo come dall’acciaio al legno. Il tuo carattere si stava formando.

Tornavo a vederti di nascosto: non resistevo senza te.

Ti vedevo beato, protetto, sapevo che eri diventato più intenso e capace anche di essere morbido e all’occorrenza, più ricco .
Lasciavo gli amici, lo svago, il lavoro, per correre ad ammirarti. Ti portavo sempre l’esemplare più incantevole del mio roseto. Un delizioso bocciolo per farti compagnia.
In silenzio aprivo le porte per scovarti e, sempre leggera come una piuma, scendevo gli scalini senza farmi sentire, senza disturbare il tuo riposo. Ti ammiravo al lume di candela, sentivo il tuo respiro, il tuo profumo arricchito dalle componenti aromatiche della tua nuova dimora in legno, immaginavo il tuo corpo. Le miei narici si dilatavano come quelle dei cani da tartufo. La mia pelle candida, bianca, manifestava segni di trepidazione alla tua vicinanza . Amavo sussurrarti, in canti mirabolanti, dolci parole d’amore, finché stanca, afona, mi abbandonavo al sonno, seduta in un angolo tra il pavimento in cotto e la parete in pietra. Ti dico che mai avrei pensato di sentirmi così. Lì, sera dopo sera, mese dopo mese, ti sognavo compagno mio: t’immaginavo tra le mie mura di casa, davanti al mio camino, tra le risa compagne di una serata a tavola con amici, sulla terrazza d’estate a ballare un tango argentino, tra le coperte calde ascoltando la pioggia cadere sulle tegole curiose. Nelle nostre sere mondane tutti ti osservavano con ammirazione, stupore, mistero. Ti spiavano da ogni angolo, da ogni luce possibile, ti vedevano danzare con eleganza composta. Sapevi essere amabile, vivace, fine, intenso,vellutato, armonico , dolce, equilibrato, etereo a seconda dell’ occasione.
Il tuo profumo dava vita all’ossigeno respirato e quella scia lasciava molti come statue di cera, bloccati con i loro calici in mano. Altri sussurravano parole d’elogio per te e, quando arrivavano alle mie orecchie, mi svegliavo di soprassalto: la forte gelosia mi faceva battere il cuore nel petto. Mi turbavo: ti volevo solo per me, passione mia.

Eri mio anche in sogno, solo mio, sempre mio, ed io ero tua, solo tua, sempre tua.
Ti difendevo con gli artigli. Le spine di Primo Sole, mi ricordano quanto ero tenace anche in sonno… Con lei ho riempito di colore il mio giardino e, con te, il mio cuore.

Così, caro amore mio, ho aspettato alcuni anni prima di saperti pronto e prima di dichiararmi con quest’invito.

Sappi inoltre che in questa folgorante attesa…

Ho guardato le lancette ogni ora, ogni minuto, ogni secondo,
ho preso appuntamento dal miglior acconciatore della città,
ho fatto cure, massaggi e bagni rigeneranti giorno dopo giorno,
ho Indossato l’abito eletto per l’occasione e i tacchi più seducenti che potessi calzare.
Infine, giunti a questo mio bramato incontro,
ascolteremo per noi il più bravo violinista in circolazione,
siederemo una di fronte all’altro nel miglior ristoro delle nostre terre.
Così per te, per me, per il piacere che offre questa vita,
mi toglierò il mio bel rossetto Cardinale,
farò due bei respiri e,
con tutta la passione, l’amore, il trasporto, l’entusiasmo, l’eccitazione, l’ardore, la sensualità, il fascino, la magia, il mistero,
ti sfiorerò delicatamente,
ti mirerò tra la luce,
inspirerò il tuo profumo,
avvicinerò a te le mia labbra umide,
e col batticuore del primo volo d’una farfalla,
finalmente,
meritatamente,
dolcemente,
scelto il calice dalla forma e dalla geometria per te perfette,

ti gusterò,

amato Rosso mio…


tua fedele ammiratrice


Roberto Vecchioni - PENSIERI D'AUTORE - Le lettere d'amore e Fernando Pessoa

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Piano piano la costruzione del racconto sale sino a quando si manifesta l'obiettivo che ti eri prefissato, il tema da soddisfare. Un bevitore incallito non è capace di centellinare il vino goccia a goccia come tu hai fatto con le parole, un sommelier forse.
Ci sei riuscito pensando alla distanza/vicinanza emotiva donna/uomo. La donna l'io narrante.
Questo esercizio di scrittura" è la dimostrazione di come, una volta focalizzate le immagini, sai come procedere spedito nel racconto, che poi le immagini evocate siano a tinte tenui e delicate ben si accorda con lo sviluppo narrativo sino alla maturazione dell'oggetto chicco, sino all'assaggio finale. Bravo. Ubaldo De Robertis

silvia ha detto...

Grazie a Gianluca per la sua bella partecipazione al concorso di Villa Petriolo e ad Ubaldo per l'attenzione alle parole dei "nostri" autori!