domenica 30 novembre 2008

i giorni del vino e delle rose di luciano lo casto


Edvard Munch, Il giorno dopo, 1894-5



Buon compleanno a Luciano Lo Casto, autore del concorso di Villa Petriolo edizione 2008!

Luciano Lo Casto è nato ad Avellino il 1° dicembre 1983 ed abita a Priverno (LT).

Racconto

“I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE”

di Luciano Lo Casto


Si avvinazzava non poco quasi quasi scriteriato… Speculava nello scantinato, si rinchiudeva… serraglio dell’anima sua… Ogni mescita un’intenzione di rimessa, di pareggiarsi al mondo… Aveva mica perso tutto quanto? …Una bottiglia di vino che poi era sangue suo nel pesto della notte… beveva! Chi lo guardava? Lui si corrucciava solamente… nel suo covo –sangue di vino, sangue e sangue e nessuna lievità… non una requie da giorni… stracco infiacchito sulla sedia la bottiglia accanto e le rose destinate a lei... Ma cosa mai volete? C’è la notte, il paludamento, chi è bevuto cerca simulazione… La franchezza datela ai duri di cuore… chi gode di ristoro, rispondenza… e non separatezza… travestimento! A parte troncati da ogni relazione! Tutti estranei alle gote rubizze… tutti ritrosi cattivi, rognosi…
La cantina si infossava tra i vitigni, poco discosto c’era un rovo… era malridotta, malcurata sfatta… si aggrovigliava tutto quanto… niente si curava di niente… ogni fastello si attorcigliava ad un altro… Lui era uno sperso… la campagna pure -sterminata, isolata... Vedessimo dall’alto -solo tanto verde… e un cumulo di sterpaglia accostato a lato di una collina… Non c’era proprio ordine che non gli importava di nulla… Solo di lei… e smoccolò la vecchia lampada… storse lo stoppino… rispense la notte… che va bevuta essa stessa ancora… e ancora… Tracannava fortemente… tempo prima avrebbe usato premure… si sarebbe dato compostezza… Ora a chi serviva? era rottame tra rose e bottiglie… rose che stillavano il suo sangue… rosse di vino… colorate d’ubriachezza… Non sono affatto fandonie… Sentite bene che giaceva sulla sedia… gagnolava… lamentoso affaticato nella strozza… il gargarozzo veramente pieno gonfio… socchiudeva gli occhi… tristezza, grinze in fronte… Dov’è lei? Quante altre primavere avrebbe giaciuto senza mai baciarla? Lei altrove… la stessa distanza, esatta, tra le rose e le bottiglie… Farneticava soltanto… si stiracchiava… stravaccato sulla seggiola di legno… Accese una cartina di trinciato… aspirò forte che fece la miccia infuocata… la lasciò a riposare nel posacenere… si allungò in terra con la sedia alle spalle appoggiata al muro… Reclinò il capo all’indietro… la sigaretta sbuffava sola… tra i vecchi mozziconi… i 45 ammonticchiati della giornata… Strabuzzò un secondo gli occhi… agguantò la bottiglia a lato… diede un sorso… lasciò la finitura… dimenticò della sigaretta… non se ne cura proprio… “Bruciasse il mondo intero e succursali! Mi accuccio… mi lascio lacrimare… stringo le rose… un rogo sarebbe grandioso… spiacente non vi sarebbe esplosione vera e propria… Decine e decine di rose rosse stinte, scolorate dal bruciare violento... e altrettante bottiglie, bottiglioni, gotti… tutto fumè.. tutto opacizzato dalla fiamma… il vino si “brulerebbe”… ebollizione… i tappi che saltano… ad ogni scoppio un sorrisetto mio… la mia fissità… inamovibile mi lascerei… ma lasciamo bruciare tutto quanto! tanto che mai accetterebbe una mia rosa… mai un bicchiere del mio sangue vino…vino sangue… fatto del mio cuore… del mio amore per lei…”
Si decise finalmente che riprese il mozzicone… spento ormai dal tempo… Frusto come ogni cosa didentro… riaccese! Ma nemmeno si scuoteva… le rose erano affastellate sotto una mensolina… erano tipo un centinaio… bei quattrini… riaccese pure la lampada a petrolio… gradiva quel forte puzzo all’elettricità… sbottona i pantaloni di fustagno… gli cade la pancia…. Rutta, sbuffa… si rimette al tavolone con una nuova bottiglia… stringe il bicchiere, si guarda attorno… “Niente da fare… oramai che precipita tutto… nemmeno barcamenarsi… quasi quasi affondo… Vattelapesca! Sicuro è tra i benvestiti, gli azzimati del sabato notte… sono venuti a dirmele le sue scorrerie… quanto si affaccenda per piacere alla società! …di rose non ne abbisogna… sono romanticherie melliflue di tempi ormai lontani… io penso tutt’altro… tardigrado non lo accetto! È questione di amore, è incoscienza… il vino è l’amore… quello mesciuto da me poi!! …cosa vuoi più? lei trinchetta… persino mi hanno detto preferisce le strade del centro e le sbronze da Cognac… io sarei quello estraneo… emarginato, quello astemio… vivo una clandestinità vinicola io! Ubriaco di rose… di sangue… sono liso, logoro dentro e fuori… non scorrazzo per le tue strade… è ché le civettano tutti… Quanto strazio -venissi un poco! Ti mostrerei un talamo da questa cantina… un letto di rose… avresti di che avvinazzarti… liberemmo insieme… Fare all’amore per ogni rosa… ogni amplesso un bicchiere di vino… ogni goccia di sangue pizzicata dalle spine una nuova rifocillata di vino… Impareresti a passare i giorni… giorni col coppiere degli Dei… avresti i tuoi giorni…. E la lampada che s’allarga alla parete… la vedo io stesso or ora… il puzzo che si espande… Meraviglioso! Che giorni avresti dalla tua! un calore immenso… tutto che si ombreggia –manco fosse una notte in litigio con dei giorni… e vedo sempre più avvampare fuori di me, dattorno… e avvampa tutto dentro in fondo… non ti basterà un bicchiere… le mie labbra umettate di sangue… il sangue del mio cuore… che batte tenuemente mentre vedo rosso in fiamme tutto quanto… ti darò di quei giorni… nessuna sofferenza… nessuna nostalgia… io mi abbandono a questo calore… accompagnami… te ne supplico… Saranno i giorni del vino e delle rose!”

Ah! Quel diner..da La Périchole, di Jacques Offenbach

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