domenica 2 novembre 2008

il giorno del giudizio...


Giudizio universale, Michelangelo





Buon compleanno a Paolo Covassi, autore del racconto “Il giorno del giudizio” per il concorso di Villa Petriolo “I giorni del vino e delle rose”.


Paolo Covassi
è nato Milano il 2 novembre 1968 ed abita, con la moglie e tre figli, a San Donato Milanese (MI).
Dopo il diploma in Ragioneria, si laurea in Lettere Moderne, Comunicazioni sociali. Attualmente è responsabile commerciale del mensile Strategie Amministrative. Iscritto all’Albo dei pubblicisti di Milano, è redattore e fotografo per le testate Strategie Amministrative, Si o no, Me&Te.


Racconto

"IL GIORNO DEL GIUDIZIO"

di Paolo Covassi



Ricordo la prima volta che venni a casa tua.
La prima cena a casa dei tuoi, la presentazione ufficiale del futuro marito di Valentina, la loro unica figlia. Roba da perderci il sonno. Altri tempi.
Arrivai talmente in anticipo che dovetti aspettare venti minuti seduto sul gradino del marciapiede di fronte, dove c’era il fornaio, combattuto tra la paura del primo incontro e la voglia che finisse in fretta. Mi specchiai diverse volte nella vetrina. Tutto a posto.
Quando finalmente giunse l’ora entrai nell’atrio, il numero 14 di via Musa, e salii le scale fino al secondo piano. Suonai il campanello sotto la scritta “Fam. Brumati” e dopo un attimo sentii una voce: “Avanti!”
Con qualche difficoltà, avendo le mani impegnate, riuscii ad aprire la porta e a entrare trovandomi così, da solo, in casa tua. Tre porte si affacciavano sul piccolo ingresso illuminato fiocamente da un fin troppo grande lampadario di vetro lavorato. Io rimasi fermo lì, come in mezzo a un labirinto, con in mano un mazzo di rose e una bottiglia di vino.
Da sinistra, dalla cucina, arrivò tua madre accogliendomi con un gran sorriso, forse un po’ di circostanza. Indossava il suo vestito “buono”, un tailleur grigio chiaro; finì di asciugarsi le mani in uno strofinaccio che appese dietro la porta e si diresse verso di me. In quel momento, dalla porta di destra, uscì tuo padre. Lui non sorrideva, anzi, aveva ancora il giornale in mano e mi scrutava da sopra gli occhiali com l’espressione del giocatore di carte che, solo guardandoti, sa dire se stai bluffando.
Io cercai di sorridere e senza dir niente allungai le braccia per consegnare i miei doni.
Nessuno dei due si mosse.
Allora mi resi conto che stavo consegnando il vino a tua madre e, soprattutto, le rose a tuo padre. Dalla gola mi uscì un grugnito che voleva essere un “scusate” e incrociai le braccia assumendo una postura da perfetto idiota. In quel momento si aprì la porta di fronte a me e comparisti tu. Prima mi guardasti strano, per capire cosa stava succedendo, poi ti mettesti a ridere, e fu come se solo in quel momento il mondo attorno a me riprendesse consistenza.
Tua madre prese le rose ringraziandomi e tu afferrasti la bottiglia di vino. La cena, fortunatamente, era pronta e ci sedemmo subito a tavola. Tu eri l’unica disinvolta e, con naturalezza, prendesti la bottiglia sul tavolo apparecchiato per sostituirla con quella che avevo portato io. Vidi lo sguardo di tuo padre e mi venne una fitta allo stomaco.
Ti guardò come farebbe un vecchio parroco che segue con gli occhi il chierichetto che si permette di spostare il calice dal tabernacolo. Seguì un attimo di imbarazzato silenzio, lo sguardo di tuo padre si spostò su di me e quindi, con aria di sfida, prese la mia bottiglia con una mano, il cavatappi con l’altra e mi chiese:
“Ti intendi di vini?”. Sono state le prime parole che mi ha rivolto.
“Sinceramente non molto…”
“Io sì.” Disse troncandomi in bocca il resto della frase.
Cominciò con abilità e concentrazione a stappare la bottiglia. Il tappò uscì con un rumore sordo e, subito, si allargò, aprendosi come un bocciolo di rose. Un profumo che non dimenticherò mai si diffuse lentamente nella stanza.
Tuo padre non riuscì a nascondere un accenno di sorriso e, guardandomi di sottecchi, versò delicatamente un goccio di vino rosso in un grande calice. Lo girò lentamente fra le mani, lo guardò contro luce, lo annusò a lungo con gli occhi chiusi quindi ne bevve un sorso, poi un secondo. Tutta questa scena durò pochi istanti, ma io la vissi come se fosse sospesa nel tempo, dilatata indefinitamente.
Stava assaggiando il vino, ma stava giudicando me.
Poi mi guardò con una strana espressione e in tono ironico mi chiese:
“Tu non ti intendi di vini?”
“Purtroppo…”
Poi facendosi serio: “Perché hai scelto questo vino?”
“Mi sono fidato di un amico”.
A questo punto successe la cosa che meno mi sarei aspettato in quel momento: tuo padre sorrise. Un sorriso di cui fino a quel momento non lo avrei mai detto capace: caldo, accogliente, compiaciuto.
“C’è solo una cosa più difficile dello scegliere i vini: saper scegliere gli amici. E tu – aggiunse guardando soddisfatto la figlia – sai scegliere molto bene”.


Sidney Poitier nel film Indovina chi viene a cena

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