martedì 25 novembre 2008
il racconto di carola chiarlitti per i giorni del vino e delle rose
Foto tratta da Ode al vino
Buon compleanno alla giovanissima Carola Chiarlitti, autrice del concorso letterario di Villa Petriolo "I giorni del vino e delle rose"!
Carola Chiarlitti è nata a Roma, dove abita, il 25 novembre 1992.
Carola ha vinto il premio letterario "Telescopio 2003" di Roma e, nel 2008, si è classificata seconda alla XV edizione del concorso di poesia patrocinato dal XIII Municipio della sua città. Sul Giornale di Ostia ha pubblicato, nel 2003, la poesia "Teatro" e, nello stesso anno, ha dato alle stampe la raccolta "Poesie di Carola Chiarlitti".
Racconto
"I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE"
di Carola Chiarlitti
Osservo il sole sull’imbrunire, affrettarsi dietro la collina, tingendosi a poco a poco del rosso succoso della polpa. Il rosso dei suoi raggi che va ad infrangersi sui terreni della mia terra, scivolando come sangue sulla roccia fredda e indifferente quasi a volergli donare una vita a tutti costi. Rosso un po’ come il mio vino che se ne sta gentile e silenzioso nel calice di cristallo, ascoltando i miei pensieri inespressi, un po’ come un vecchio amico seduto sul tuo letto in attesa delle tue lacrime. Se ne sta lì, orgoglioso nei suo riflessi scarlatti di essere il centro del mio mondo in quel tramonto di luce e di ricordi.
Cosa c’è di meglio di un buon bicchiere di vino? Nella mia vita probabilmente niente. Ma non dispero finché c’è un calice da riempire, un calice da svuotare, lacrime da versare e da disprezzare nel buio e nell’aroma pungente di un autunno già morto eppure mai stato così intenso.
Sarà che i giorni sono troppo lunghi quando non li vuoi vivere, sarà che il vino è troppo poco per poterne bere per sempre. Eppure c’è. È qui fra le mie mani in attesa di un mio cenno dissennato, per asciugare le mie lacrime, cancellare i miei ricordi, mettere a tacere la mia coscienza… Almeno per un po’.
Le labbra sono aride, esauste, desiderose, ardenti, come in attesa di un bacio sempre nuovo che eppure è sempre lo stesso. Porto il calice alla bocca che sento pungere dal freddo inconsistente del cristallo intarsiato, poi il calore, l’aspettativa, la promessa farsi strada fra le labbra, saziare la mia disperata lussuria.
Grazie.
Grazie amico mio, ancora una volta. Ancora una volta ti devo molto più di quanto mi aspettassi, forse molto più di quanto entrambi meritiamo. Perché è bello dimenticare. Come era bello sognare quando sul tavolo accanto al vino c’erano anche le rose. Quando il rosso scarlatto del fiore mi regalava più di una vana promessa, più di una devastante illusione. Quando mi regalava certezze e nuovi sogni da rincorrere; cadendo magari, inciampando forse, ferendomi sempre…ma per quello c’era sempre il vino. Ma quando la notte moriva dolcemente nell’alba e l’ebbrezza se ne andava con lei come il ricordo di un antico pianto di bambino, le rose erano ancora là a dirmi che la vita andava ancora avanti per una ragione. Ed ora? Cosa c’è su quel tavolo? A parte polvere mista a lacrime di penitente, ricordi, legami di uomo presi e gettati lì in un angolo…a parte il vino? Perché l’aria si fa improvvisamente irrespirabile di notte mentre con il tuo aiuto amico mio tento follemente di restare sveglio fuggendo dai miei incubi?
E respiro nell’aria frammenti di risate dissennate, frasi lasciate a metà, realtà rinnegate, colpe di peccatore ingenuo, serate dense di attesa. In attesa della stagione delle rose che ogni giorno chiedo disperatamente indietro, e che ogni giorno crudelmente non vedo tornare. Respiro il profumo acido di lacrime vecchie e stanche, sguardi annebbiati e consapevoli…aroma di vino…
Sì forse dovrei ringraziarti amico mio. Dovrei farlo quando mi abbracci nel buio e mi sussurri le tue storie, quando mi sei vicino come l’angelo consolatore, il tentatore generoso, il mercante di illusioni...talvolta come il venditore di rose.
Buffo.
Ora mi sembra quasi di sentirne il profumo sai? Ma in fondo anche questo lo devo a te, giusto? Forse se sarai gentile lo condurrai con me nei miei sogni…ma ha poca importanza. La notte è fatta per dimenticare, non per sognare…Questo me lo hai insegnato tu.
Nel bicchiere quasi vuoto mi specchio nelle tue ultime gocce scorgendo i resti di una promessa morta nel nulla, di un esistenza tranciata nell’aria. E tu resti impassibile, placido fra le mie mani tremanti.
Siamo agli sgoccioli amico mio. Noto ridendo il paradosso di questa realtà. È rimasto ben poco per noi qui. Andiamocene e lasciamo nel nostro brindisi di addio una preghiera per la notte. Chiediamole di portarci via con sé. Forse troveremo qualcosa durante il viaggio: forse un sentiero, forse una vita, forse un nome, forse un calice…forse una rosa.
Buon compleanno, Claudio Villa e Renato Zero
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