martedì 25 novembre 2008

Rita Levi Montalcini e i pregiudizi sul cervello delle donne...





Uscito di recente il libro "La clessidra della vita di Rita Levi Montalcini", di Giuseppina Tripodi con Rita Levi-Montalcini. Non posso non riportare questo post, tratto da Il mondo di Galatea...


Quello che fa più venire l’orticaria, quando ragionano su di te come donna, non sono le battute da caserma o i doppisensi volgari: a quelli noi ragazze, credetemi, ci siamo abituate. Puoi essere ingegnere nucleare, avvocato di grido, giornalista con un curriculum da premio Pulizer, ma ci sarà sempre il cretino che ti riduce a pura “gnocca di turno”, lasciando intendere che ogni traguardo professionale conseguito deriva dalla tua gnoccaggine e l’unica funzione di una femmina è, in buona sostanza, finire a letto con qualche maschio dominante. Quello che fa venire l’orticaria, ma con delle bolle grosse così, sono i discorsi di quelli, e anche di quelle, che si credono invece molto femministi/e, anzi “donnisti/e”, e passano invero gran parte del loro tempo a sostenere che le donne non sono solo uguali, ma sono molto meglio. Il loro esser migliori dipende infatti dalla caratteristica precipua della “donnità” secondo il loro vangelo: e cioè dal fatto che le donne, qualsiasi cosa facciano, in qualsiasi campo operino, sono “più sensibili”, capaci di comprendere le “emozioni”, di affidarsi e ragionare in base ad esse.

I maschi, nella loro visione, sono esseri razionali, distaccati e sordi ai moti dell’animo; le donne, queste meraviglie del creato, sono invece tanto carucce perché affrontano le situazioni guidate dal cuore, a furia di pacchette sulla spalla, empatia sparsa a fiumi, comprensione e materna partecipazione all’altrui sofferenza, che si tratti di un ginocchio sbucciato o di una crisi in azienda. Sono così convinti delle loro tesi, questi signori e signore, che se una si scosta un po’ da questo approccio, subito la guardano con occhio sospettoso e bocca stortignaccola, lasciando intendere che la donna in questione proprio donna non è, ma una che ha rinunciato alla sua femminilità, e – orrore! - scimmiotta il maschio. Perché se sei donna, ma donna veramente, da insegnante devi essere materna, il che vuol dire cercare giustificazioni anche per gli alunni più colpevolmente zucconi, perché se pretendi di insegnargli il rigore senza scappatoie, sei una zitella frustrata; da scrittrice puoi occuparti sì di tutti i temi, ma con un’ottica femminile, il che spesso significa che non puoi scrivere un affresco sociale, al massimo la partecipata cronaca di rognette in famiglia; da giornalista, se proprio non ti adegui a curare la posta del cuore, devi avere posizioni comprensive e politicamente corrette, perché una semplice e pura carogna che elenca fatti verificati senza fare sconti è una virago che ha qualche problema con la vita; e se ti occupi di scienza, o mamma, ecco, allora sei un’eccezione, perché le donne, si sa, in fondo con la scienza non hanno questo gran feeling: la fanno, sì, vabbe’, perché ora possono far tutto, ma la debbono fare da donne, e quindi con compassione, empatia e un diluvio di altre scemenze “femminili”.

A tutta questa bella serie di pregiudizi, che, per quanto portati avanti in assoluta buona fede, spesso riducono noi femminucce in un bel ghetto, anche se infiocchettato di rosa e carino come una bomboniera, ha risposto ieri sera a randellate Rita Levi Montalcini, da Fazio. Venti minuti di intervista che valevano un secolo, cioè l’età della veneranda signora.

Se è vero che con la vecchiaia le facoltà si opacizzano, non avrei voluto trovarmela di fronte trentenne, la Montalcini: perché da centenaria ha giubilato, senza una sbavatura, una bella massa di buonismo dei luoghi comuni con degli zàc zàc impietosi; tanto che il povero Fazio, tramortito, non sapeva bene neanche lui come parare il colpo. Perché la sua intervista era partita nel miglior stile pro-femminista, con un deferente: cara signora, dal suo libro si capisce che la chiave per tutto nella vita è l’amore. Il prosieguo scontato, nelle aspettative del Fazio e di chi, con reverenza e rispetto, aveva scritto le domande, era una tirata della premio Nobel che spiegasse che sì, da donna sensibile, l’amore per la vita e per il prossimo era ciò che l’aveva sempre mossa, perché, noi donne, è sempre l’amore che ci muove, e se non è materno, anche quello generico per la ricerca e l’umanità va bene per compensare.

Col fischio! La signora sì è guardata Fazio con la poca compassione che usa nel guardare gli embrioni di gallina presenti nei suoi laboratori, e ha cominciato a randellare: “L’amore non è la chiave di niente, la chiave è la curiosità.” ha sentenziato, col tono di chi riprende un ragazzino che s’è permesso di dire una scemenza e va subito redarguito per evitare che la ripeta. E poi, giù di sciabola: la “componente emotiva” del cervello umano, ha spiegato, è quella più arcaica, che l’uomo usava quando stava ancora appeso agli alberi: è quella neocorticale, sede del pensiero razionale, che va invece potenziata perché prenda il sopravvento e le si rimettano tutte le decisioni; la componente emotiva, che se ne sta nel sistema limbico, è un relitto primordiale e l’istinto è responsabile delle peggiori tragedie di questo secolo e della storia.

“L’uomo non è cattivo – ha aggiunto la signora, con la tranquilla certezza di chi accenna ad una verità evidente, perché evidenti sono le verità che derivano da prove scientifiche – ma è gregario” ed è proprio per via del suo affidarsi irrazionale alle suggestioni del sistema limbico e delle emozioni lì prodotte. Quando stavamo sugli alberi, l’essere gregari era una virtù, oggi è un limite, perché la salvezza dell’umanità sta nell’essere razionali, non ragionare di pancia e buttarsi al seguito del primo che titilla il nostro istinto.

Se la guardava un po’ basito, Fazio, che da un anziano monumento forse si sarebbe aspettato una delle solite tirate generiche e buoniste, di quelle valide per ogni occasione e che fan contenti tutti, in cui un po’ si richiamano i sentimenti, un po’ il vago buon senso di nonna, e invece si trovava a fronteggiare una disamina sull’agire umano basata sulla scienza e le scoperte inoppugnabili della biologia. La ascoltava molto basito anche il pubblico, che credeva di sorbirsi l’intervista scontata con una donna, e centenaria, e invece si trovava davanti la secca e asciutta analisi di uno scienziato, che nulla concedeva al sentimentalismo, all’emozione, al pathos. E in tutto questo spiazzamento generale, io, che ero a casa in poltrona, da donna, sorridevo contenta, pensando che non m’era capitato mai di vedere in tv una donna comportarsi in modo tanto femminile.

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