sabato 21 febbraio 2009

ebbrezze e rivoluzioni


József Rippl-Rónai, My Father with Uncle Piacsek Drinking Red Wine



I migliori auguri di buon compleanno a Ludovica Mazzuccato, autrice del racconto "Ebbrezze e rivoluzioni" per l'edizione 2008 del concorso letterario di Villa Petriolo "I giorni del vino e delle rose".


Ludovica Mazzuccato
è nata a Ferrara il 20 febbraio 1978 ed abita a San Martino di Venezze (RO).
Si è aggiudicata, nel 1992, il primo premio alla XXV edizione del concorso internazionale indetto dal C.I.A.S. di Roma e dall'UNESCO. Da quel momento in poi ha raccolto numerosissimi e prestigiosi riconoscimenti come poetessa e come narratrice, anche all'estero; tra le svariate pubblicazioni, "Scooter...con le ali ai piedi" (2007, ALBUS Edizioni), con la prefazione di Federico Moccia. Ludovica si occupa del trimestrale "Finestre aperte", di cui è vicedirettore, oltre a tenere seminari di poesia.


Racconto

"EBBREZZE E RIVOLUZIONI"

di Ludovica Mazzuccato



“Il lavoratore arriva a casa stanco e snervato; trova un’abitazione priva di comodità, umida, sporca e poco accogliente; ha urgente bisogno di divertirsi, deve avere qualcosa che gli renda sopportabile il pensiero del domani… e poi, in seguito a tutto questo l’operaio non dovrebbe essere fortemente tentato dal bere? Ogni sabato sera, a Glasgow, mentre i borghesi intingono i biscotti nella cioccolata, ci sono più di tremila lavoratori ubriachi e in media, la classe operaia, spende venticinque milioni di sterline l’anno, in bevande alcoliche.
Il rapporto tra miseria e il bisogno di bere è direttamente proporzionale: l’alcol resta una delle pochissime valvole di sfogo accessibili. Quello che ti sto raccontando l’ho visto con i miei occhi, girando per i quartieri operai di Manchester…” disse Friedrich, giocherellando con il calice vuoto.
Karl non poteva che essere d’accordo.
Nella mente gli tornarono a galla le immagini della sue bevute nelle birrerie londinesi; la notte in carcere da studente universitario per schiamazzi e ubriachezza e quella volta che Karl Heinzen lo dovette accompagnare a casa perché si era scolato parecchi fiaschi di vino…
Non c’era nulla di cui vergognarsi: un uomo fiducioso come lui nel riscatto di un’umanità che appare sempre più alienata, forse non può essere un buon bevitore? L’ubriachezza lo faceva sentire leggero o anzi, così pesante da non essere più capace di pensare. Come diceva Sofocle, la vita è più bella quando non si ragiona.
L’ebbrezza cancella tutto: le incertezze sul futuro del movimento rivoluzionario, le difficoltà di studio e quelle economiche.
Il segreto è tutto racchiuso in quell’incosciente e veloce passaggio da uno stato burlesco ad uno di perfetto oblio, dimenticanza totale di qualsiasi responsabilità personale nei confronti degli altri.
“Certo, hai ragione: basta guardare noi! Scherzi a parte, l’alcol è una questione sociale. Già negli anni ’40 sulla Gazzetta Renana, mi occupai delle condizioni di miseria dei vignaioli che lavoravano lungo la Mosella. Da quel momento mi avvicinai all’economia e iniziai la mia presa di coscienza.
A proposito, hai sentito parlare di quella raccolta poetica uscita in Francia intitolata Les fleurs du mal, di un certo Baudelaire? Pare che l’autore, tipico giovane disadattato della borghesia intellettuale europea, veda nel vino una forma di ribellione al perbenismo dei benpensanti. Ha dedicato a quello che lui definisce vegetale ambrosia, gran parte della raccolta. Una poesia è intitolata Anima del vino e decanta, con lucida consapevolezza, le fatiche necessarie per produrre il vino e per dargli un’anima… ” spiegò Karl.
“Sì, ne ho sentito parlare e si dice che questo Baudelaire stia portando scompiglio nel mondo della cultura. Una vera e propria rivoluzione. Mi dispiace per quelli della Sturm und Drag, perché anche a loro non dispiaceva andare per taverne… Ma dove c’è il vino c’è sempre rivoluzione perché esso stesso è il prodotto di un fermento. Tutto merito di un moscerino, di una briciola di lievito, proprio come una mezza idea nata da un piccolo uomo, può cambiare il mondo…
Forse al nostro simbolo avremmo dovuto aggiungere anche una bella botte! Sai, io credo che senza lo champagne non sarei riuscito a darti una mano a scrivere in fretta e furia I Principi del Comunismo.
Allora concordi con me che bisogna bagnare nell’alcol anche gli esami a cui sottoporremo tutti i nuovi membri della Lega dei comunisti?” chiese Friedrich.
“È un ottima idea. Possiamo mettere un boccale di stagno pieno di birra davanti al candidato…” azzardò Karl.
“Io preferirei il Bordeaux. Lo sai che come te ho un debole per il rosso: è un colore di-vino! Però sono come l’Emilio di Rousseau: bevo succo d’ottobre ma so distinguere quello genuino da quello adultero” disse sghignazzando Friedrich.
“Non ho dubbi sul fatto che siamo ciò che mangiamo e perciò anche ciò che beviamo, ma non sono sicuro che tu sia un palato sopraffino, piuttosto un palato sempre secco. Comunque ti prometto che questa tua stupefacente dote me la ricorderò quando dovrò pronunciare il tuo discorso funebre… – a quelle parole Friedrich si lasciò scappare un gesto scaramantico sotto la tavola – Ora dobbiamo brindare alla tua geniale idea e questa volta offri tu… io mi sono già svenato e poi chi la sente Jenny!” sentenziò Karl sfregandosi la barba e ripensando che se non fosse stato per un’eredità inaspettata della moglie, probabilmente avrebbe dovuto rinunciare ai suoi studi.
“Ah… ora ho capito perché sei un estimatore di Baudelaire! Lui ha le idee chiare su come affrontare le mogli che gridano quando i mariti tornano a casa ubriachi e senza un soldo: ucciderle! Ovviamente non per un atto di rabbia, ma bensì per il troppo amore. E poi c’è l’alcol che consola ogni buon peccatore… Noi lo sappiamo bene. Vero, Karl?” scherzò Friedrich, consapevole di quanto il compagno amasse la moglie.
“Io non potrei vivere senza Jenny – esclamò con tono serio Karl – ma non potrei vivere nemmeno senza bere” concluse con fare scanzonato.
“Non posso che crederti… Come si dice… In vino veritas… Ma perché non facciamo come l’Eutrapelo di Erasmo da Rotterdam: paga il vino chi racconta la storia più gustosa e quello che racconta la più melensa. Così ora offro io, poi ancora tu… – disse Friedrich mentre stava già agitando il braccio in aria e cercava di ricordare un’ode di Alceo – Cameriere, cameriere… porti subito una di rosso agli assetati! O amato fanciullo, prendi le tazze variopinte, perché il figlio di Zeus e di Semele diede agli uomini il vino per dimenticare i dolori…”.
L’odore del vino appena stappato bussava alla soglia dei loro sensi come un innamorato all’uscio della sua amata.
Si accomodò alla loro tavola come un ospite senza piedi ma pieno di mani che macchiano tovaglie e camice. Gli parlò della sua terra, corteggiando la loro voglia disillusa da troppe promesse mai mantenute. Eloquente, riempì le loro speranze e mentre i bicchieri roteavano come pianeti, dagli archetti schizzati scoccavano idee come frecce, pensieri nuovi ancora inconsapevoli di essere nati.
“Benvenuto tu sia, in questa casa e nel mio cuore, per festeggiare in allegria o congedare con cortesia l’amaro in bocca di una giornata senza amore” recitò Karl, venerando la bottiglia di Bordeaux appena portata dal cameriere e già mezza vuota.
“Il vino ha veramente dei poteri miracolosi se riesce a far diventare un poeta persino te… come diceva Orazio? Nulla placere diu nec vivere carmina possunt quae scribuntur aquae potoribus… (non piacciono e non durano molto i versi scritti da chi beve solo acqua)” sentenziò Friedrich, in un latino che se non fossero stati in taverna sarebbe risultato piuttosto imbarazzante.
Karl e Friedrich scoppiarono in una sonora risata.
Il vino come un amico lontano, fisicamente invisibile ma di cui ne senti il calore, stava tra i due compagni con le braccia sulle loro spalle, consolando e condividendo i loro sogni.
Si leggevano solo impronte di labbra carnose sui bordi dei bicchieri e di dita emozionate sugli steli, gocce generose sul tavolo che il legno cercava di succhiare dalle sue spaccature e carte topografiche di venuzze eccitate sulle guance dei due amici.
Eppure, proprio lì, con il sacro inchiostro di Bacco, si stava scrivendo la storia.

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