sabato 21 marzo 2009

luce a Primavera o nel vento


William Bouguereau, Primavera (1858)


Nel primo giorno di Primavera....il bel racconto di Lucio Franco Masci, per continuare con la pubblicazione di tutti i racconti dell'edizione 2008 del concorso letterario di Villa Petriolo "I giorni del vino e delle rose".

Lucio Franco Masci è nato nel 1961 a Santa Sofia d’Epiro (CS), dove risiede.
Architetto, vive e lavora a Napoli. Svolge ricerca sull’architettura e l’urbanistica dei nuclei urbani di origine albanese mirata a classificare i centri presenti in Italia. Sull’argomento ha pubblicato due opere. Inoltre, lavora nel campo dell’arte grafica, nella realizzazione di originali manufatti e nel settore della fotografia.


Racconto

"LUCE A PRIMAVERA O NEL VENTO"

di Franco Lucio Masci



Che fai? Che pensi? Ci salveremo in questa vita

Scrivimi se hai sentito il canto del cuculo
Sulla ginestra fiorita.

Gëzim Hajdari

La luce tremula delle foglie dei pioppi bianchi sfiorate dal vento, il blu vivo del cielo, le candide nuvole, il tutto, perfettamente ritagliato nel mirino della vecchia reflex a pellicola, dopo un rapido clic era magicamente impressionato sulla celluloide, per sempre. L’istante irripetibile di luce veniva catturato per l’eternità. La ragazza, soddisfatta, sorrise dentro di sé, mentre il vento le ondulò i capelli bruni coprendole la visuale. Con fare femminile li prese tra le dita, li spostò e di nuovo respirò, con lo sguardo, il paesaggio. La invase un senso di libertà e avvertì un certo distacco dalla delusione sentimentale che la tormentava. Si girò, e si diresse dall’altra parte della strada, verso l’auto e gli altri ragazzi ancora rapiti dal panorama che gli si apriva di fronte. Appena li raggiunse, l’altra ragazza, la biondina dai capelli corti le indicò la rosa rossa che ondeggiava timidamente sul margine della scarpata di terra bruciata, dove più in là si scorgevano i ruderi di un casolare distrutto dal fuoco. La biondina disse: “Sapete, la prima rosa era bianca e nacque da una goccia d’acqua che cadde dal corpo di Afrodite quando la dea uscì dal mare. Diventò rossa quando lei accorsa in aiuto di Adone si punse in un roseto e il sangue tinse i petali.” “Però fu Dioniso che donò alla rosa l’irresistibile profumo!” aggiunse il ragazzo appoggiato con le braccia sullo sportello dell’auto. “Quante cose sapete!” fece, con accento toscano, il rosso dai capelli ricci. L’altro, che era l’unico a conoscere quei luoghi, disse: “Fino all’estate scorsa qui c’erano un bosco, un prato e una casa, ora solo cenere. Maledetti incendiari!”. “Maledetti bastardi!” urlo con rabbia la biondina.” “E’ uno stupido suicidio!” Sentenziò il rosso. L’altro, puntando la rosa col dito, concluse: “Comunque, lei vive ancora.” Ripresero il viaggio. Il rosso seduto a fianco al volante, prese un porta cd, scelse uno e lo inserì nel lettore. Dopo qualche attimo il suono della tromba di Rava li librò trasportandoli dentro un videoclip. Salirono di quota e il percorso diventò più sinuoso. Si incanalarono nel verde deI castagni. I fiori di quegli alberi emanavano un aroma che li stordì. La natura era dentro di loro e loro dentro la natura. Improvvisamente, la biondina, seduta diagonalmente all’autista, disse: ”Sono proprio ansiosa di conoscere questo speciale amico che tu vieni spesso a trovare, ma mai lui a te.” E continuò: “E poi sono un po’ gelosa!” Il ragazzo le volse lo sguardo sorridendo e lei : “E se mi innamorasi di lui?”. “Lui si innamorerà di te” fece l’autista e aggiunse: “Ogni rapporto di amicizia è diverso da un altro ed è unico, l’essenziale è che sia autentico, per cui è sciocco essere gelosi!”. Il telefonino dell’altra ragazza mandò due acuti squilli. Lei visualizzò il messaggio, lo inviava una compagna di viaggi, lo lesse: “Che fai? Che pensi? Ci salveremo in questa Vita?”. Erano versi del poeta che, al Festival della Letteratura di Mantova, le aveva incantate e le aveva fatte approdare nelle isole vaganti della “poesia dell’esilio”.
L’auto si fermò in un emiciclo. Al centro sgorgava una fonte di pura acqua in concerto con i versi di ghiandaie e merli. Sul lato opposto si apriva una radura circondata da stupendi cerri sotto i quali c’erano tavoli e panche di legno, e violentata da rifiuti di ogni genere. Natura e civiltà venivano devastati dall’arroganza e dalla stupidità dell’uomo. La biondina alla vista di un magnifico esemplare di pino laricio abbarbicato tra le rocce, lo salutò con la mano e gridò: “Ciao Piti!”. Il rosso, che aveva osservato la scena, scoppiò a ridere e lei, fissandolo, disse: ”Ignorante! Prima che tu nascessi esisteva una bellissima ninfa che si chiamava Piti ed era amata sia dal Dio Pan che da Borea, il quale, rendendosi conto che lei era innamorata di Pan, la scaraventò in un dirupo. E Gea la trasformò in un meraviglioso pino. Quello!”. “Perciò i pini gemmano quando soffia il vento di tramontana” precisò l’autista.
All’uscita dell’emiciclo c’era un cartellone con un riquadro di un’aquila bicipite nera in campo rosso e un altro con un gruppo di colli verdi e cielo turchese, con su scritto, MASSERIA LÖMI Agriturismo Cucina tipica Arbëreshë Giovedì Chiuso. “E’ là che andiamo”: disse l’autista. “Ma oggi è chiuso!” Esclamò la biondina. “Appunto” rispose il ragazzo. Il rosso chiese che cos’erano quelle strane parole LÖMI e Arbëreshë. Lui spiegò: “Gli arbëreshë sono una minoranza etnico-linguistica che giunse in Italia nel 1400 e fondò numerosi centri urbani di cui diversi esistono ancora e conservano la lingua, le tradizioni, la cucina, insomma la propria cultura, lömi significa l’aia.”
Ripartirono e dopo alcuni chilometri iniziarono a scendere di quota. L’ambiente mutò in tortuose colline puntinate da uliveti e vigneti disposti a volte a giropoggio, a cerchio attorno alla collina, altre a rittocchino, lungo le linee di pendenza e altri ancora a viti basse sparpagliate A valle si scorgevano piante di fichi, mandorli e papaveri. Nei margini di confine trionfavano lecci, querce da sughero e imponenti roverelle lasciate crescere come segno di demarcazione. Le rimanenti aree erano coperte da macchia e boschi. Nella sua irregolarità lo spazio antropico si compenetrava armoniosamente con quello naturale. E la luce radente del sole con il vento che ondulava la vegetazione rendevano ancor più suggestivo il paesaggio. L’auto rallentò. Svoltò a destra e prese una strada in salita, oltrepassò un cancello con l’insegna della masseria. Il giallo intenso delle ginestre che scorreva ai margini della strada e l’aroma persistente li inebriò Si fermarono in uno spiazzo. A fianco c’era un roseto e il suo profumo diede loro il benvenuto. Le abitazioni con i caratteristici comignoli che sembravano guerrieri in vedetta, e tutto quello che li circondava si accordavano con lo spirito del luogo connotando il territorio. Il giovane presentò i tre alla coppia di proprietari e subito ci fu sintonia. “E il tuo amico?”, chiese sottovoce la biondina. “Arriverà per cena”, rispose lui. Si ritrovarono a tavola e sia gli oggetti che le persone brillavano di quella particolare luce che si accende solo quando tutto è in armonia. L’uomo benedisse il pasto. Fecero un brindisi. Il rosso esclamò: “Aristocratico! Davvero speciale. Un autentico Nettare degli Dei. E’ proprio vero quello che diceva Mario Soldati, “che devi essere Tu ad andare dal Vino, non lui da Te”. La biondina lesse con gli occhi la citazione su un riquadro dell’etichetta e poi la declamò ad alta voce: “L’uomo ha bisogno dell’uomo per provare piacere, senza amicizia non c’è piacere. Epicuro”. Poi rilesse il nome sull’etichetta: Filos. Realizzò il significato della parola greca e gridò: ”Eccolo l’Amico!”. E tutti scoppiarono a ridere. Sul tardi si udirono dei versi di uccello. La signora disse: “Kuksa”. Il marito tradusse: “Il cuculo”. La bruna sussultò dentro di sé, chiese scusa dicendo che sarebbe tornata subito. Andò nell’alloggio prese il telefonino, usci sul loggione. Il vento la sfiorava e la sua luce accarezzava l’intimità del suo essere con un soave profumo di rose. Selezionò Messaggi e rispose: “Solo l’amore, l’amicizia vera e il rispetto per questo mondo che stiamo distruggendo ci salveranno.”
AI MIEI AMICI E, CON UMILTA’, A MARIO SOLDATI

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