giovedì 18 giugno 2009
Il caso vino di Filippo Taddia
IL CASO VINO è il racconto di Filippo Taddia, tra i segnalati del concorso letterario di Villa Petriolo S'IO FOSSI...VINO. I nostri complimenti all'autore!
Filippo Taddia è nato a a Cento (Ferrara) nel 1982 ed abita a Pieve di Cento (Bologna).
Racconto IL CASO VINO
“L’imputato Vino è chiamato a rispondere delle seguenti accuse:
- Truffa e raggiro
- Omicidio plurimo
E’ ammesso il primo testimone. Entri l’Uva”
Proprio ora mi vede, dopo una settimana in prigione.Non hanno alcun rispetto della mia dignità! Sono entrato che avevo al collo l’etichetta migliore, e ora ho solo questo stupido vimini. Mi sento una botte! E guarda lei quanto è bella, quanto è succosa. Faremmo un rosso da impazzire, se solo potessi toccarla. Non mi guarda nemmeno, certo, però si tormenta quel picciolo così. Chissà se mi ha più pensato…
“Ho conosciuto Vino appena nata. Aveva l’abitudine di girare per le terre migliori, quelle più ricche di vita e di nutrimento, dal nord al sud dell’Italia senza distinzione. Sceglieva lui con chi accompagnarsi, bianche o rosse non aveva importanza, purché da quell’incontro nascesse qualcosa di straordinario. Quel giorno, non so perchè, chiese a me di seguirlo. Io ero poco più che una bambina, con pochi, deboli acini. I miei genitori erano ottima uva da tavola e anche io lo sarei diventata. Lui era forte, bellissimo, mi raccontò delle sensazioni che io avrei conosciuto e regalato se l’avessi seguito. Non ci pensai un attimo. Lasciai tutto, la vite di mio padre e di mio nonno, raccolsi i miei pochi grani e partii. Non sapevo a cosa andassi incontro. Ogni autunno venivo pestata, io con tutti i miei figli, mentre lui passava per i campi sorridendo. Lo vedevo una volta all’anno poi andava via. Lavoro, diceva. Ma io dentro di me sapevo che aveva tanti altri grappoli giovani per la testa. E quelle emozioni che mi aveva promesso? Annebbiavano il cervello dei poveracci che uscivano cantando dall’osteria e morivano giovani, ingannati. Traditore! Bugiardo! Assassino!”
Ricorderò sempre l’odio che leggevo nei suoi grandi chicchi umidi. Ancora oggi,al pensiero, piango gocce silenziose.
Poi finalmente ecco entrare qualche vecchio amico. La Gioia, la Follia e l’Amore, chiamate a testimoniare, mi hanno difeso con vigore. Che gruppo che siamo! Quando gli uomini ci incontrano vivono momenti indimenticabili e noi giriamo sempre insieme, inseparabili. Chi può farne senza? E quanti bambini sono in realtà figli nostri: forse il raziocinio porterebbe mai alla procreazione? No, mai, solo noi siamo tanto amici dell’uomo e tutti lo sanno ma il sistema giuridico, se possibile, è più folle addirittura della Follia in persona. Incapacità di intendere e di volere dei testi: deposizione nulla.
Venne poi il giorno dell’ Ubriacone e dell’Astemio. Erano buoni amici un tempo. Poi a causa mia si erano persi di vista. L’uno, che entrava ciondolante e allegro, era sempre stato dalla mia parte. L’altro, fiero e accigliato, fingeva di non conoscermi, come se non ci fossimo mai incontrati.
“Guardati come sei ridotto – attaccò l’astemio – è vita questa?”
“E’ vita sì “ cianciò, scatenando la risata dell’aula.
“Caro vecchio amico mio. Hai voluto scappare alla triste sorte rifugiandoti tra le sue braccia – sermoneggiava alzando teatralmente il braccio a indicarmi – e ti sei perso nei sentieri della perdizione!”
Ubriacone restò in silenzio qualche secondo.
“La perdizione? Che parole difficili che usi. Io conosco solo la gioia! La voglia matta di bere e divertirsi. E chi non si è mai divertito almeno un volta? Eravamo giovani insieme io e te. Mentre io vivevo, tu morivi. Ora accade al contrario. Io ho scelto di vivere gli anni migliori e di accettare le altre età così, senza farmi del male. Tu hai scelto, quegli anni, di buttarli via dietro a chissà cosa. E solo ora provi a vivere. Il vino è stato mio compagno di balli, di amori, di feste e ora anche di queste giornate in cui, spesso, siamo da soli, io e Lui”
“Non ci casco, mio caro – rispose l’astemio – io mi sono fatto una famiglia, una posizione. I miei parenti non si vergognano di me, non mi hanno lasciato solo al mio destino”
“Vivi in gabbia, pieno di pensieri e non ti invidio sai? Non ti invidio proprio.”
“E io non invidio te. Schiavo del vizio. Io almeno la “gabbia” me la sono scelta ma tu ti ci sei trovato dentro e non puoi più aprirla. Cosa vuoi insegnarmi con quegli occhi spenti? Come puoi sperare di convincere questa sobria giuria che il Vino sia innocente? Sei stato assassinato da dentro e neanche lo sai”.
L’ubriacone mi sorrise e io sorrisi a lui. Per un momento mi parve che la tensione si fosse completamente sciolta e che fossimo da soli io e lui, come sempre.
Poi l’ubriaco si alzò. “Vado a bere, signori miei, a bere. Qui è posto troppo serio e triste per uno come me. Dice il saggio: “Sia benedetto colui che per primo ha inventato il vino, che mi fa stare allegro tutto il giorno!”
Si alzò, raccolse il cappellaccio, se lo mise sulla testa e danzando, seguendo una musica che nessuno sentiva, l’Ubriacone usci dall’aula passando per il corridoio centrale. Dalla bocca usciva una litania muta, incomprensibile e terribilmente gioiosa. Improvvisamente tutte le mani in un rapido crescendo si lasciarono andare a un applauso scrosciante.
Manca poco alla sentenza e vivo in fermentazione questi ultimi giorni. Non credo che sia reato offrire a qualcuno gusti, profumi, colori, sapori. Non credo sia reato offrire un po’ di vita a buon prezzo. Chi se ne vorrà privare? Mi corico qui, in questa stanza fresca dove mi hanno spostato per mantenermi meglio, e aspetto tranquillo.
“L’accusa ha richiesto l’ammissione di ultimo teste. Sia fatta entrare La Morte”
Una donna elegante e altera, ben truccata, si siede. Non ha falce, maschera o chissà cosa. È semplicemente attraente, con un fascino fatale. Diremmo quasi letale. Inizia a rispondere.
“Tante volte il Vino mi ha aiutato a far cadere tra le mie braccia uomini, donne, giovani e anziani. Abbiamo lavorato a lungo insieme: ecco la mia verità”
“Non ho altre domande vostro onore”
“Il tempo è terminat…”
“Vorrei dire ancora qualcosa se possibile. Sa, non sono abituata a sentirmi dire “il tempo è terminato”: quella è la mia battuta”
“Ho incontrato l’Ubriacone, l’altra sera. Ero a casa che lo aspettavo. L’ho preso e prima di stringerlo gli ho parlato. Abbiamo parlato di morte, di cui non so tutto nemmeno io, e di vita, di cui invece non so niente. Mi ha detto di quando lavorava la vigna. Mi ha detto delle feste e delle donne. Mi ha detto della gioia e della speranza che l’imputato ha saputo dargli. Ha scoperto, poveretto, che l’esagerazione porta sempre a me ma io ho scoperto che il vino è salute, forza, felicità semplice ma unica. Prima di portarlo via ho esaudito il suo ultimo desiderio. Un brindisi con la morte non è cosa di tutti i giorni e il vino l’ha scelto lui. Il colore era bianco, il sapore fresco, secco, vivace. Il vino dei suoi ricordi, mi ha detto, quello della sua terra. La mia bocca si è riempita di una sensazione nuova, io che non l’avevo mai provato. A un bicchiere ne è seguito un altro, poi ancora, fino a quando ho deciso di ringraziarlo per quel momento, lasciandolo vivere. E lui, appoggiando delicatamente il calice, mi è corso incontro e mi ha detto che un vecchio amico aveva bisogno di lui. Si sarebbe concesso al mio abbraccio con la promessa che io sarei corsa qui, subito dopo, ad aiutare il suo compagno. L’ho stretto, piangendo, e mentre moriva ho capito che, per la prima volta, la vita mi stava battendo. Ho capito che tanti altri avrebbero vissuto grazie a quella morte. Sono qui oggi per mantenere la mia parola”
Ad attendermi fuori dal tribunale c’erano in tanti. Per un po’ le tv e le radio facevano a gara per avere in studio il protagonista del processo del secolo. Poi, di nuovo libero, piano piano ho ripreso la mia vita. Cammino per le terre, scelgo i grappoli più belli e creo. Ogni tanto, molto di rado, incontro la Morte; più spesso l’Amore, la Gioia e la Follia. Con tutti loro parlo e rido di quei giorni così incredibili. Quando posso, da solo, vado a trovare il mio amico Ubriacone, e mi verso un po’ sulla terra dove riposa sperando che riesca ancora a sentire il mio sapore. Se ho potuto scrivere tutto ciò è merito suo.
Il Vino
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