martedì 23 giugno 2009

Verderame di Bruno Bianco



Verderame è il titolo del racconto di Bruno Bianco, tra i segnalati al terzo concorso letterario di Villa Petriolo "S'io fossi...vino. Epifanie dello spirito". Molti complimenti all'autore!


Bruno Bianco è nato ad Asti nel 1966, vive a Montegrosso d’Asti (AT). Ingegnere libero professionista, nel 2008 ha conseguito i seguenti riconoscimenti: 3° classificato VI edizione Concorso Letterario “Fiori di campo” 2008 Sezione Narrativa – Tonco (AT); 2° classificato IX edizione Concorso “Gian Stefano Raiteri” 2008 Sezione Narrativa – Quargnento (AL); finalista Premio Giallomilanese 2008 – Milano (AT); 1° classificato V edizione Concorso di Poesia e Narrativa 2008 Sezione Narrativa – Costigliole (AT).



Racconto VERDERAME


La pensione è un cosa seria. Lavori tutta una vita pensando a quando potrai finalmente dedicarti ai tuoi passatempi preferiti, a fare del tuo tempo quello che decidi tu e non quello che vogliono gli altri; poi quando arriva quel momento, guardi la porta dell’ edificio che si chiude alle tue spalle, una fabbrica, un ufficio o come nel mio caso un caserma dei vigili del fuoco e non sei poi così convinto che potrai veramente fare del tuo tempo quello che tu decidi. Ma io ce l’avrei fatta; mi sarei dedicato a tempo pieno al mio piccolo vigneto di barbera; viti vecchie, buona esposizione, terra giusta. Certo a sessant’ anni non si ha più la brillantezza di quando se ne hanno quaranta, ma adesso potrò fare tutto con calma, non con l’affanno di chi smonta dal servizio pensando già all’ orario del prossimo turno. Per cominciare domani devo dare il verderame e lo farò con calma, come facevo quand’ ero ragazzo e aiutavo mio padre; però non come quella volta di trentacinque anni fa. Già, è vero, sono proprio passati trentacinque anni; impossibile dimenticarsene.
La lettera era arrivata pochi giorni prima: “La S. V. deve presentarsi alla caserma dei Vigili del Fuoco di Sondrio entro le ore 12,00 del giorno 13 giugno 1953”. Poche righe per dire che iniziava la mia nuova vita; da contadino, figlio di contadini della campagna monferrina, a vigile del fuoco nella terra della Valtellina. Era quello che volevo perché la terra non mi andava, perché i miei amici se ne stavano fuggendo tutti in fabbrica, perché in campagna restavano solo i vecchi e perché avevo fatto il militare nei pompieri, mi era piaciuto da morire e avevo fatto di tutto per passare il concorso e diventare un vigile effettivo.
-Oggi dai ancora il verderame; sarà l ultima volta, ma almeno è una di meno.-
Da qualche anno a questa parte il verderame lo davo sempre io e il pomeriggio prima della mia partenza mio padre aveva voluto che lo facessi di nuovo; anche se non era ancora il momento, anche se l’avevamo dato solo qualche giorno prima e si poteva aspettare tranquillamente ancora altri giorni. Ma mio padre non aveva voluto sentir ragioni; dovevo dare il verderame almeno così era un pensiero di meno e alla fine avevo capito che avrei fatto meno fatica a mettermi la macchina in spalla e farmi in lungo e in largo tutta la vigna piuttosto che cercare di convincere quel brav’ uomo che si poteva aspettare ancora un po’. Così non avevo potuto godermi nemmeno l’ ultimo giorno prima della partenza e alle cinque del mattino dopo salivo su un treno della stazione di Asti, mentre dai vetri la pioggia era già iniziata da qualche ora.
A Sondrio non pioveva, anzi c’era un bel sole; ma dalle mie parti era successo l’ incredibile. La pioggia non aveva più voluto smettere; un giorno e poi quello dopo e quello dopo ancora. E poi un altro, e di nuovo un altro e quindi un altro ancora; alla fine erano stati dieci giorni di pioggia ininterrotta, continua e instancabile senza concedere nessun tipo di tregua. Un’ ora dopo che era smesso, le vigne erano tutte piene di contadini che con la macchina in spalla quasi correvano tra un filare e l’ altro; tutti dominati dalla voglia di spargere in fretta quel liquido azzurrino su ogni foglia e su ogni tralcio, sventrati dalla bramosia di fermarsi a guardare da vicino vite per vite se mai la malattia si fosse impossessata delle loro creature.
La sera nei bar del paese non si parlava d’ altro; tutti dicevano con forza e convinzione di essere arrivati ancora in tempo, che ancora un giorno di pioggia e non di sarebbe salvato più niente. Tutti lo dicevano a tutti sperando che una menzogna ripetuta, gridata, sostenuta e riaffermata potesse diventare una verità; ma il miracolo non avvenne e la menzogna non restò che una bugia. La prima notizia arrivò al mercato del martedì, tra quelli che prendevano il bianchetto al bar. “La vigna di Pierino, quella delle rive, ha preso la malattia; la vigna del bricco invece sembra ancora a posto, ma per me la malattia ce l’ha anche quella”.
Poi toccò a Giovanni, quindi a Sergio, poi a Carletto che aveva una collina intera e tutta malata; nel giro di un settimana, forse due, in paese la malattia l’ avevano presa tutti. Qualcuno tentò trattamenti particolari e ognuno giurava di conoscere un prodotto giusto e costoso che faceva miracoli in quei casi; tutti si dicevano convinti di poter salvare tutto e che in qualche maniera si sarebbe fatto perché non era possibile che quell’ anno non si potesse vendemmiare. Ma più in paese si parlava, più passavano i giorni, più l’ ottimismo si mostrava falso e soprattutto più le viti presentavano il loro triste scenario di madri sterili.
Quell’ anno in paese si vendemmiò in un’ unica vigna: quella di mio padre. Una vendemmia così era da ricordare per anni. Ero riuscito a farmi dare qualche giorno di permesso proprio per vendemmiare anch’ io; grappoli grossi, acini duri, un gusto così dolce come se l’ uva fosse stata passata nello zucchero a velo. Quell’ anno i mediatori facevano la coda da mio padre con il cappello in mano; loro che erano così arroganti con noi contadini e ancora di più con quelli come mio padre che avevano piccoli pezzi di terra e non potevano che accettare quella miseria che veniva offerta ogni volta.
-Buon giorno signor Mario, come sta? E suo figlio, si trova bene a fare il pompiere? Senta signor Mario, quest’ anno non lo faccia il vino; venda le uve che le facciamo un prezzo di favore.-
Era una processione dei mediatori che volevano la nostra uva, gli stessi che gli altri anni la nostra uva non la volevano nemmeno vedere; al massimo venivano poi a offrire due soldi per il vino.
-Grazie, ma a casa mia abbiamo sempre fatto il vino e non riesco nemmeno a pensare di non avere la botte che bolle nel mese di ottobre.-
-Come vuole signor Mario, ma allora mi tenga presente per il vino che le faccio un prezzo di quelli che non può dire no.-
Se ne uscivano con mille inchini e per tutto l’inverno ognuno veniva da mio padre a ricordargli che il vino doveva darlo proprio a lui; vuoi per l’ amicizia personale, vuoi perché diceva di essere il più onesto, vuoi perché giurava che gli avrebbe fatto fare l’affare migliore. Così a marzo mio padre vendette tutto il vino al mediatore che gli fece l’offerta migliore e prese molti più soldi che per il grano, la meliga e il fieno messi tutti insieme; ne tenne solo qualche damigiana per noi e la prima domenica che tornai a casa in permesso facemmo un pranzo a base di bollito e fritto misto come solo il giorno della festa patronale si faceva.
-Brindiamo a nostro figlio che ha trovato un bell’impiego; brindiamo perché grazie a questo impiego abbiamo salvato la vendemmia e abbiamo finalmente avuto i soldi giusti per la fatica che un’annata di vigna si porta dietro.-
E con quel brindisi la vendemmia era entrata definitivamente nel nostro ricordo.

La pensione è un cosa seria; finalmente puoi fare quello che vuoi nei tempi che vuoi. Devo dare il verderame alla vigna e ho tutto il tempo di farlo con calma. Ormai la mattinata se n’è quasi andata e allora oggi mi godo il primo giorno di pensione facendo proprio niente; domani mi alzo, faccio colazione e con calma vado a dare il mio verderame.
Però se domani si mettesse a piovere? E se la pioggia continuasse anche il giorno dopo? E se poi non smettesse per una settimana? E se andasse avanti per due o addirittura tre settimane? Meglio non perdere tempo, meglio che chiami il mio figlio più giovane che poi quest’ anno inizia l’università e chi lo vede più ad aiutarmi; lo chiamo subito, andiamo insieme nella vigna e il verderame lo faccio dare a lui. Così quando questa primavera la domenica tornerà a casa dall’ università apriremo un bottiglia di vino nuovo e ci faremo un bel brindisi tra di noi; brinderemo per festeggiare di essere riuscito a farlo studiare e di non aver smesso di coltivare la vigna che fu di mio padre e del padre di mio padre e del padre del padre di mio padre.
Sì, non c’ è che dire. La pensione è davvero un cosa seria.

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