mercoledì 19 agosto 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. L'Accesa Isabella Andreini, dalla lingua eloquente



«…Essendo per avventura questo desiderio di sapere nato in me più ardente che in molt’altre donne dell’età nostra, le quali come che scuoprano in virtù degli studi molte, e molte esser divenute celebri, e immortali, nondimeno vogliono solamente attendere (e ciò sia detto con pace di quelle, che a’ più alti, e a’ più gloriosi pensieri hano la mente rivolta) all’ago, alla conocchia, e all’arcolaio… hò voluto à tutta la mia possanza alimentarlo; e benché nel mio nascimento la Fortuna mi sia stata avara di quelle comodità, che si convenivano per ciò fare, e benché sempre sia stata lontanissima da ogni quiete… tuttavia perché il viver mio non si potesse chiamare un continuo dormire… a pena sapea leggere (per dir così) che io al meglio che seppi, mi diedi a comporre la mia Mirtilla favola boschereccia, che se ne uscì per le porte della stampa…».

Celebra il valore della cultura la comica Gelosa Isabella Andreini, a cui è dedicato questo mercoledì Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi.

La sua famiglia non era agiata, ma Isabella ricevette una solida educazione, e il diritto alla conoscenza lo difese per tutta la sua esistenza.

Nata a Padova nel 1562 e morta a Lione a soli quarantadue anni per "una sconciatura" (l'aborto - drammatica fine di tante donne in tempi passati e, malauguratamente, anche recenti - dell'ottavo figlio), questa grande attrice e poetessa fu celebrata da molti scrittori per il grande fascino che, unito a notevoli doti artistiche, nel canto e nella musica, la consacrò quale attrice indimenticata di tutti i tempi.



Membro della Compagnia di Teatro all'Improvviso dei Comici Gelosi, recitò in molte lingue diverse con un'eloquenza unica. Sposò il commediografo pistoiese Francesco Andreini - ossia, Capitan Spaventa - da cui ebbe Giovan Battista, autore della famosa opera "L'Adamo". Il figlio ricalcò le orme della madre che, grazie alle sue capacità letterarie, fu ammessa all'Accademia degli Intenti col nome de L'Accesa. Il suo motto: elevat ardor, la fiamma innalza.




Ben la fronte serena,
che fu scena d'amor, veggio, Isabella;
veggio la luce ardente
degli occhi, che già, vivi,
de' teatri festivi
i chiari lumi abbarbagliâr sovente.
Ma la lingua eloquente
non odo articolar d'alta favella:
fors'ella, fatta a le celesti eguale,
sdegna orecchio mortale.


G. Marino, da La Galeria, XLV

Colta, bella e charmante, diede vita alla caratterizzazione del personaggio di “Isabella”, l'Innamorata, maschera poi riproposta per anni nelle pièces della Commedia dell'Arte: "il personaggio della donna amorosa, determinata nel perseguire i suoi scopi anche contro le macchinazioni di chi li vuole ostacolare – solitamente il suo stesso vecchio e arcigno padre, oppure un qualche pretendente di analoga meschinità – (...) interpretato dalle più giovani e dotate attrici delle compagnie all’improvviso".



Isabella seppe interpretare più maschere passando da una lingua all'altra, come era uso nella recitazione all'impronta delle Compagnie itineranti della Commedia dell'Arte, e questa versatilità la condusse a calcare i palcoscenici delle più importanti corti d'Europa. All'inizio del 1603 i Gelosi sono a Parigi, su invito della corte reale: le rappresentazioni si svolgono al Petit Bourbon, teatro restaurato proprio per la Compagnia di Isabella. Il successo è enorme. E l'Innamorata per antonomasia passa alla storia, guadagnandosi quella gloria che, con tanta determinazione ed intelligenza, aveva cercato per tutta la pur breve vita, superando i limiti di un destino, quello delle donne, che la Storia con la esse maiuscola ha relegato troppo spesso nei territori bui dell'oblio.

“Di tentar fama io mai non sarò stanca
Perché ‘l mio nome invido oblio non copra:
Benché m’avveggio, che sudando à l’opra
Divien pallido il volto, e ‘l crin s’imbianca”.


Isabella Andreini, “Rime”.

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