venerdì 21 agosto 2009

L’alberello, paradigma di qualità



Apprendo da Cronache di gusto della preparazione di un interessante convegno dedicato all'antica tecnica di coltivazione della vite diffusa sull'Etna: "L’alberello come paradigma di qualità, veicolo di cultura e business. Esperienze a confronto" il titolo della tavola rotonda prevista per il 4 settembre alle ore 11.30, a Milo.

Interverranno, oltre all'enologo catanese Salvo Foti: Giampaolo Gravina ,vicecuratore Guida Vini d’Italia L’Espresso; Giuseppe Spina, rappresentante dell'Ente Parco dell'Etna; Dario Cartabellotta,direttore dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino; Pippo Privitera, presidente regionale di Slow Food; Paolo Benvenuti direttore dell’Associazione Nazionale Città del Vino. A moderare sarà Gian Luca Mazzella, giornalista, critico e documentarista.

Un appuntamento da non mancare, per tutti gli appassionati di vino, e di quello siciliano in particolare.


“Vogliamo offrire un momento di scambio di testimonianze e opinioni su questa tecnica coinvolgendo chi già la impiega, non solo produttori locali ma anche vignaioli provenienti da altri paesi. Si affronteranno gli aspetti commerciali e di marketing, ma è soprattutto l'esperienza umana, che c'è attorno a questo metodo, ciò che vogliamo porre al centro del dibattito. Perché è la conoscenza dell'uomo, il suo apporto, la sua capacità di interpretare le esigenze di ciascuna pianta, il contributo determinante la qualità del vino, il suo valore aggiunto”. Mano dell'uomo tanto primaria quanto difficile da reperire, come denuncia Foti: “Per ogni vigna autoctona ci vuole un uomo autoctono. Solo un profondo conoscitore del proprio territorio può gestire una tecnica come questa. Deve essere armato di sapienza, passione, dedizione, spirito di osservazione. Coltivare ad alberello significa: lavorare in condizioni difficili e, qui sul vulcano, addirittura estreme; richiede il curare ogni singola pianta, perché ciascuna diversa dall'altra con una propria ‘personalità’ ed età; esige un'approfondita conoscenza delle diverse tipologie e composizioni del terreno, che sulle pendici del vulcano variano in modo drastico all'interno di uno stesso impianto; e soprattutto mettere in pratica un bagaglio di conoscenza che sia stato maturato nei secoli precedenti e tramandato”.
L'alberello è anche il più efficace sistema di difesa della biodiversità, proprio perché lascia la natura libera di esprimersi. “Non si prevede alcun intervento di macchinari o sostanze chimiche. Il che significa garantire una crescita sana della pianta e il miglior sviluppo possibile del frutto, proprio perché il terreno non viene alterato, stressato e maltrattato. Anche se – annuncia Foti la novità - al convegno presenteremo il beneficio dell'ausilio di strumenti e accorgimenti meccanici, assolutamente non invasivi, che abbiamo sviluppato e sperimentato. Come la motozappa. È la prima volta che un mezzo meccanico viene previsto nell'alberello”.




A Fessina i vigneti si estendono per circa sei ettari, coltivati ad alberello, piantati tra il 1920 ed il primo dopoguerra, con un sesto quadro 1.15x1.15, per arrivare ad una densità di circa 8000 piante per ha. Gli alberelli sono sculture del tempo, potati da generazioni diverse, a volte sono forti ed eretti, a volte sono contorti e avvitati su se stessi.

Le piante sono allevate con un fusto centrale, dal quale si dipartono tre o quattro speroni corti rinnovati ogni anno per la produzione. Le sorregge un tutore di castagno, a cui legare il tronco e la vegetazione annuale, che costituisce la struttura del vigneto.



La coltivazione è assai semplice. In inverno la potatura e il ripristino dei pali di castagno usurati, in primavera la spollonatura che lascia 6-7 tralci, la pulizia dell’erba con piccole motozappe e la rifinitura a mano, il diradamento e una sfogliatura a luglio inoltrato. I trattamenti contro l’oidio, e occasionalmente la peronospora, 4-5 volte all’anno.

Nessun commento: