mercoledì 21 ottobre 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. La Principessa Sissi, dall'abito candido



Chi da bambina non ha sognato almeno una volta di indossare il favoloso abito bianco della Principessa Sissi alzi la mano!



In questo mercoledì d'ottobre, l'appuntamento con Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi è un omaggio all’Imperatrice d’Austria Elisabetta Eugenia Amalia di Wittelsbach, entrata nel cuore di milioni di persone semplicemente come “la Principessa Sissi”.




Ha contribuito a creare il mito della bellissima Principessa la famosa “Trilogia di Sissi”, opera di Ernst Marischka - dal 1955 al 1958 -, la cui protagoniosta sullo schermo ha il meraviglioso e solare volto dell'attrice Romy Schneider giovanissima.

I film hanno tramandato una Sissi certamente più spensierata del vero: scompare dalla finzione cinematografica, ad esempio, la morte della primogenita Sofia, avvenuta nel 1857, un lutto dal quale, insieme al suicidio del figlio Rodolfo, la vera Sissi non si riprenderà più.



Al cinema, Sissi corre per i corridoi del grande castello di Schömbrunn con i lunghi capelli fluenti, sorridente e amata dal giovane e altrettanto bellissimo consorte, che la chiede in sposa durante un fastoso ballo a corte...



Recenti biografie ci raccontano che la vita dell'Imperatrice d'Austria non è stata esattamente tutta rose e fiori.



Molto più verosimile il ritratto che tratteggia il film "Sissi. L'Imperatrice ribelle": "La storia dell'imperatrice Sissi, una donna che ha precorso i tempi, in continuo conflitto con le tradizioni e il conservatorismo di corte che ha cercato di combattere in ogni modo".



Una vita di fughe quella di Sissi - tanto che si parla di motomania - che, seppur madre amorevole, consegnerà i suoi giorni all'erranza, in compagnia delle uniche amicizie, le dame di corte, nel tentativo di sfuggire a quel castello nel quale gli scontri con la suocera arcigna si fanno sempre più insopportabili e dolorosi.

La malinconia la attanaglia, ostacolata persino nella scelta di come educare i propri figli. L’aspetto fisico diviene un'ossessione: i corsetti sempre più stretti la impegnano per ore nel tentativo di entrare in abiti che sono come armature tanto la costringono.

Secondo le cronache, Elisabetta era alta 1 metro e 72 e pesava 50 kg (in un'epoca in cui il canone della bellezza era assai diverso dall'attuale), aveva capelli castani folti e lunghissimi, che sciolti le arrivavano alle caviglie. Quasi tre ore occorrevano quotidianamente per vestirsi, poiché gli abiti le venivano quasi sempre cuciti addosso per far risaltare al massimo la snellezza del corpo;la sola allacciatura del busto - per ottenere il suo famoso vitino da vespa - richiedeva spesso un'ora di sforzi. Altre tre ore erano dedicate ai capelli, che venivano intrecciati in elaborate acconciature dalla parrucchiera di corte. Il lavaggio dei capelli era eseguito ogni tre settimane con una mistura di cognac ed uova; richiedeva un'intera giornata, durante la quale l'Imperatrice non tollerava di essere disturbata. Elisabetta era impegnata per il resto della giornata con la scherma, l'equitazione e la ginnastica (a tal scopo, aveva fatto allestire in tutti i palazzi in cui soggiornava delle palestre attrezzate con pesi, sbarra e anelli). Costringeva inoltre la propria dama di corte a seguirla durante interminabili e forsennate passeggiate quotidiane. Per preservare la giovinezza della pelle Elisabetta faceva uso di maschere notturne (a base di carne di vitello cruda o di fragole) e ricorreva a bagni caldi nell'olio d'oliva; per conservare la snellezza, oltre a rispettare il rigoroso regime alimentare, dormiva con i fianchi avvolti in panni bagnati e beveva misture di albume d'uovo e sale. Mascherava la propria anoressia con l'ossessione per un'alimentazione sana.



Il candore della fresca ed ingenua fanciulla bavarese si trasforma ben presto in un abito prennemente a lutto: Elisabetta diviene introversa, triste, indurita nei sentimenti.
Dal diario poetico dell'Imperatrice, pubblicato nel 1998, si scopre che l'Imperatrice d'Austria non amasse per niente la sua condizione aristocratica, tantomeno abbracciasse la politica degli Asburgo: la sua volontà di morire "improvvisamente, rapidamente e se possibile all'estero" le deriva anche dal dolore che le procura la consapevolezza delle condizioni sociali in cui versava la popolazione austriaca e ungherese, tanto da considerare i giovani a lei contemporanei come "oppressi dall'ordine stabilito".

Il destino beffardo esaudirà i suoi desideri: Sissi muore assassinata per mano dell'l’anarchico Luigi Lucheni, che la pugnala d’improvviso mentre dal molo sta correndo verso un battello svizzero, a Ginevra.

Il bustino così tanto stretto sulla vita la farà svenire, prima che si accorga di essere stata ferita a morte. Sissi ha 61 anni.



Non esistono immagini di lei che non siano quelle all’apice della sua bellezza, fermata nell'immaginario collettivo con l’abito candido ed i capelli ornati di fiori. Spensierata, come non lo fu mai più dai suoi quindici anni.

2 commenti:

Antonio ha detto...

Cara Silvia,
credo che la tua Sissi, come quasi tutti i regnanti del tempo, o meglio, come quasi tutti gli uomini di lungo potere della stroai, fossero in un certo senso vittima dei mondi virtuali in cui vivevano. In quelli si costruivano, frutto di un idealismo più che mai teorico e artefatto, dei pruriti rivoluzionari che ovviamente venivano ingigantiti dalla solitudine in cui spesso l'etichetta li costringeva.
Quando Maria Antonietta (forse) disse: "se il popolo ha fame date loro delle brioches..", sono convinto che fosse davvero convinta dell'ultilità de parere, e senza alcuna ironia. Basta guardare il villaggio contadino che si era fatta costruire a Versailles, un paese degno di una fiaba che mal si adattava a capire i problemi di gente che moriva di fame dalla mattina alla sera..E infatti non capì i cambiamenti che la Storia stava preparando e ne fu travolta, vittima più che colpevole..
LO stesso, anche se più in piccolo, credo si potrebbe dire di Sissi, che viveva in quella che, per quei tempi, era la corte più illuminata d'Europa in fondo..
Erano i tempi della Storia che ancora una volta volgevano. E un regno tropppo lungo alla fine, buono o no, stanca tutti.
E' morto il re viva il re...

Certamente però, tornando al personaggio in sè, all'idole che esce dai ritratti, tutta quella vita lustrini e doveri doveva esserle quitidianamente opprimente. Dopo tanto tempo una vita opprimente diventa arida, dopo i lutti una vita opprimente diventa insopportabile..
Un giallista potrebe financo pensare a un omicidio organizzato...

E allora ti/le porgo, se ti va, un cavaliere di mondi infiniti, non certo di serenità, ma di costante ricerca di libertà..
Il battello ebbro..
Arther Rimbaud, che a soli 24 anni, musicatore di spericolate realtà nascoste, all'apice della fama, si ritirò in Africa alla ricerca di una salvezza dal tedio divorante, alla deriva come era sempre stato.
Chiedeva nei suoi versi un condono dai doveri.

"In un granaio dove venni rinchiuso a dodici anni, conobbi il mondo, illustrai la commedia umana. In una cantina imparai la storia. In qualche festa notturna, in una città del Nord, incontrai tutte le donne degli antichi pittori. In un vecchio passaggio, a Parigi, mi furono insegnate le scienze classiche. In una magnifica dimora circondata dall'Oriente intero, compii la mia opera immensa e trascorsi il mio illustre isolamento. Ho rìmestato il mio sangue. Il mio dovere mi è condonato. Non si deve nemmeno più pensarci. lo sono realmente d'oltretomba, e niente commissioni."

A 24 anni il genio ha visto tutto e ha vissuto mille vite.

Conclusioni:

"I colombi che tremano nei prati,
La selvaggina, che corre e vede la notte,
Le bestie delle acque, la bestia asservita,
Le ultime farfalle!... tutti hanno sete.

Ma fondersi dove si fonde quella nuvola senza guida,
- oh, favorito da tutto ciò che è fresco!
Spirare fra le umide viole
Di cui le aurore riempiono questi boschi?

silvia ha detto...

...tutti hanno sete, caro Antonio citi a ragione.

Oltre i ruoli istituzionali, anche i regnanti di tutti i tempi avranno avuto di che soffrire. Certo, la fame e la sete reali sono altra cosa...

La sete di libertà, però, la reputo altrettanto divorante. La mia bella Sissi, l'imperatrice ribelle, avrebbe avuto almeno un pò di umana compassione dal tuo errabondo cavaliere. I loro doveri li avrebbero condonati volentieri a vicenda, ne sono certa.

Un caro abbraccio a te.