venerdì 9 ottobre 2009

Imbottigliamento 2009 a Villa Petriolo


"Andiamo, scendiamo in fondo alla scala dei vini, e arriviamo alle bottiglie senza fronzoli e senza pose..."

Huysmans, "En ménage"











1 commento:

Antonio ha detto...

Cara Silvia,
come suonano i nostri animi? Come risuonano? In sintonie? In disfonie? Leggendo il testo della canzone della tua dama, se non ne conoscessi la tragica conclusione, mi aspetteri di cogliere gioventù donata da gioventù: ah, come mi faceva sentire giovane..e invece, sotto il velo presto squarciato, mi par di leggere un'immediata disillusione, anzi un peggioramento: vorrei esser sempre giovane, sto con lui perchè più giovane per riceverne frescheza. Risultato: mi sento più vecchia di quel che sono. COsì mi sembra che dica Dalila...
Primavera crudele, così viva rispetto a me, sembra dire...

"Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
L'inverno ci mantenne al caldo, ottuse
Con immemore neve la terra, nutrì
Con secchi tuberi una vita misera.
L'estate ci sorprese"...

Ecco il mio cavaliere, Silvia: T.S. Eliot, che attraversando i secoli della letteratura e dell'umanità, novello Dante, canta anche della beffarda, crudele sorte della Sibilla (che ottenne da Apollo di non morire mai, ma senza poter sottrarsi al tempo invecchò avvizzendo tormentata da stuoli di ragazzi molesti)...

Desolazione di passioni scompigliate ed esaurite..forse sprecate.


..Nell'ora violetta, quando gli occhi e la schiena
Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende
Come un tassì che pulsa nell'attesa,
Io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite,
Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere
Nell'ora violetta, nell'ora della sera che contende
Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto.
La dattilografa a casa all'ora del tè, mentre sparecchia la colazione, accende
La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato.
Pericolosamente stese fuori dalla fìnestra
Le sue combinazioni che s'asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole,
Sopra il divano (che di notte è il suo letto)
Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole.
Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrínzite,
Osservai la scena, e ne predissi il resto -
Anch'io ero in attesa dell'ospite atteso.
Ed ecco arriva il giovanotto foruncoloso,
Impiegato d'una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito,
Uno di bassa estrazione a cui la sicurezza
S'addice come un cilindro a un cafone rifatto.
Ora il momento è favorevole, come bene indovina,
Il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca,
Lui cerca d' impegnarla alle carezze
Che non sono respinte, anche se non desiderate.
Eccitato e deciso, ecco immediatamente l'assale;
Le sue mani esploranti non incontrano difesa;
La sua vanità non pretende che vi sia un'intesa, ritiene
L'indifferenza gradita accettazione.
(E io Tiresia ho presofferto tutto
Ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto;
lo che sedei presso Tebe sotto le mura
E camminai fra i morti che più stanno in basso.)
Accorda un bacio finale di protezione,
E brancola verso l'uscita, trovando le scale non illuminate...

Lei si volta e si guarda allo specchio un momento,
Si rende conto appena che l'amante è uscito;

il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato Trascorra: « Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito. »
Quando una donna leggiadra si piega a far follie
E percorre di nuovo la sua stanza, sola,
Con una mano meccanica i suoi capelli ravvia,
E mette un disco a suonare sul grammofono...