mercoledì 25 novembre 2009
Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. La dame en blanc o del candore della scelta
"Quella mattina ti sei alzata senza sapere ancora nulla della forza e della determinazione che stavi per dimostrare. Al tuo fianco la solita noia di marito, possessivo e pedante. Sei sgusciata via dal letto prima che lui potesse trattenerti. Del resto da ore eri lì, sveglia, a immaginare il tuo inimmaginabile futuro: Fausto, Fausto, Fausto, ti ripetevi... Eri scesa svelta in sala (in bagno avresti potuto svegliarlo) e gli specchi del buffet e del contro-buffet moltiplicavano all' infinito la tua immagine. Lì, con in mano il rossetto, hai preso l' irremovibile decisione: non saresti più stata la moglie del medico di Varano Borghi. Lo hai fatto, tu dici, per amore, perché non potevi più restare lontana da lui. Sì, ma perché ti sei trascinata dietro la figlia, perché sei corsa da Fausto e hai preteso che salisse in barca con te, davanti a tutta la carovana? Sei stata la nostra Yoko Ono, la donna che sottrae il mito alla schiera dei fedeli e ne decreta la caduta. Allora, era il 6 giugno del 1954, quindicesima tappa del Giro d' Italia, avevo il moccio al naso, non sapevo nulla di te, Giulia Occhini, e John Lennon era un sogno non ancora sognato ma tu, Giulia, sapevi tutto. Quel giorno Coppi, che andava per i trentacinque, stava messo male in classifica dopo che a Taormina aveva beccato 11 minuti per «dissenteria da ostriche». Quel giorno hai preso pubblico possesso della sua vita, ti sei rivelata al suo fianco, un minuto dopo la cronometro di Gardone Riviera. (...)".
Aldo Grasso
Deve ad un montgomery color neve il suo nome. E' Giulia Occhini, ribattezzata la Dama Bianca dal giornalista francese Pierre Chany che la fece passare alla storia fissando nell'immaginario di tutta Italia il suo amore per il Campionissimo a Saint-Moritz. La Dame en blanc aveva ventisei anni quando decise di abbandonare il marito e due figlioletti per seguire, tappa dopo tappa, Fausto Coppi.
Concubina, grande peccatrice: l'Italia bigotta degli anni Cinquanta non le perdona di aver scelto, con candore, la passione della sua vita, a dispetto delle leggi imperanti - discriminatorie per le donne - e dei dictat dei benpensanti. E a dispetto anche delle schiere di giornalisti malevoli e dei tantissimi fans dell'airone delle salite, di cui si temeva di incrinare l'immagine e comprometterne le prestazioni.
Bartali e Coppi
" (...) Lui, Coppi, che rallenta su un tornante impervio del Tour perche' ha visto lei, la Dama, sul bordo della strada. La moglie di lui e il marito di lei che piombano sul Garda durante una sosta del Giro e qualcuno penso' che stesse per ripetersi la tragedia di un altro ciclista, Pellissier, ucciso a revolverate dall' amante. I giornali titolavano a base di "scandaloso amore" e "famiglie distrutte". Perfino l' immenso scandalo legato alla morte di Wilma Montesi passo' per qualche giorno in seconda fila. A Coppi ritirano il passaporto, la Dama conosce il carcere. Nel marzo del ' 55, li processano ad Alessandria. L' accusa e' di "violazione degli obblighi di assistenza familiare". Il presidente del tribunale chiede al campione: "Come mai e' arrivato al punto di spedire a sua moglie l' anello matrimoniale in una scatola con l' indirizzo scritto di pugno dalla Occhini? Sa che sua moglie l' aspetterebbe a braccia aperte? Lei voleva vedere la bambina nella sua nuova casa: ma non sa che nella casa di prima c' e' la mamma di sua figlia e nell' altra una donna estranea?". Li condannarono a due mesi di carcere (Coppi) e a tre (la Dama) con la condizionale. Poi nacque il figlio, Faustino, che Giulia Occhini ando' a partorire a Buenos Aires. Poi mori' Fausto nel gennaio del 1960. Poi se ne ando' anche la figlia Lolli, stroncata da un male incurabile. E' giusto pensare che la Dama sia, dopo lutti e drammi, sopravvissuta a se stessa".
Lei è bella, alta, elegante, e i suoi occhi risplendono. Una perfetta femme fatale, o capro espiatorio per peccati che sono di tutti e che tutti coprono ipocritamente.
Lo scandalo si ferma solo quando Coppi muore, il 2 gennaio del 1960, per la malaria contratta in Africa durante una battuta di caccia.
”Tutti volevano che io sparissi, che gli stessi lontana. L’insipienza dei medici l’ ha ucciso. Ma per l’Italia, la colpevole di tutto ero io.”
Giulia Occhini muore a sessantanove anni, dopo 510 giorni di coma. Gravissime lesioni subite in un incidente stradale le stroncano la vita, dopo che mai più ha ripreso conoscenza. Faustino, figlio dell'ormai mitico "uomo solo al comando", giura che la madre abbia trascorso il resto dei suoi giorni, vedova del suo grande amore, nel ricordo inconsolabile di Coppi.
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2 commenti:
Cara Silvia,
l'eterno dilemma della spersonalizzazione/usurpazione del mito, che non appartiene più a se stesso per troppo amore altrui. Il mito sembra quasi un buco nero: tutto si annulla intorno a lui, diventa ombra, ma ciò di cui si autoalimenta è anche ciò che lo divora. Anche in questo ritratto, come sempre di una finezza intellettuale sopraffina, Silvia, quanto luce c'è di Coppi...
E la massa che innalza e possiede il mito lo vuole possedere interamente. Quanto fu odiata, indipendentemente dalla qualità personale, Yoko Ono?
Ma l'altro capo del dilemma è questo? Se quel quid che rende una persona mito mancasse, se non fosse mito per la massa adorante, sarebbe anche stato amato così follemente? Oppure ogni dama bianca altri non è, essa stessa, che la vincente della massa? Un'adorante arrivata prima alla corsa al possedimento dell'uomo-dio?
Ti offro, per contrasto, Silvia, Aminta, personaggio del dramma lirico giovanile di MOzart Il Re Pastore.
Aminta è un pastorello in cui Alessandro il Grande, per la sua nobiltà d'animo, riconosce il legittimo erede al trono di Sindone. A suggello di regalità e della pace ritrovata, Alessandro propone però le nozze con Tamira, figlia del vecchio re usurpatore. Allora Aminta, da sempre innamorato della ninfa Elisa, si dice pronto a rinunciare alle nozze e al regno per amore.
Elisa, a sua volta: "Vanne a regnar, ben mio"..
Che amore! Che rinunce!
Il lieto fine, con Alessandro, era assicurato..
Ma quanti "re" hanno rinunciato al trono per una vita "comune", per amore? E quante dame binache hanno detto, con Elisa: "Vanne a regnar, ben mio"..?
Il mito, un buco nero...
Antonio caro, grazie sempre del tuo apprezzamento, che sai per me prezioso.
Hai ragione, i miti sono ambivalenti: attraggono grandi amori, fagocitano tutto.
Credo che quello di Coppi abbia divorato anche Coppi stesso e chi gli voleva bene.
Proponi Aminta per la mia dama: eroe della favola pastorale del Tasso, ripresa poi nel melodramma musicato da Mozart, bellissimo, che tu mi riocordi, ha un rapporto contrastato con la corte, come il suo autore. Voglia di essere amato, senso di oppressione. Illusione/disincanto.
Tutti sentimenti presenti anche nell'"intrico d'amore" della mia dama con il Campionissimo.
Aminta avrebbe rinunciato per amore. Ma la dama bianca non credi abbia fatto altrettanto?
un abbraccio, a mercoledì prossimo
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