domenica 4 dicembre 2011
WINE ON THE ROAD: “CHEVALIERS DE LA TABLE RONDE” di Laura Giorgi
Quanti bei racconti per “Wine on the road”…Buona domenica col racconto di Laura Giorgi partecipante al quinto concorso letterario di Villa Petriolo.
Laura Giorgi, di Grosseto, è vincitrice nel 2008 del premio Viareggio Carnevale; 1^ class. CITTA' DI POMPEI 2008: 2^posto al Premio Belli 2008 (Roma); 2^ posto premio Città di S. Gillio (TO) ; 2^ posto premio M. dell’Arco 2009 (Roma). 2^ posto premio Nuvolone di Caserta. . Vincitrice Premio Città di Montieri 2010 e Racconti del Territorio di Limena (PD).
Racconto “CHEVALIERS DE LA TABLE RONDE” di Laura Giorgi
Il 12 luglio 1793, sotto un sole rovente, su una carrareccia tutta poggi e buche per evitare la strada principale tra Parigi e Amiens, il carrettiere Gaston Laroche trasportava nel cassone, camuffati da mucchietti di paglia, il conte Roland d'Assas e la sua amante, madame Des Moulins, in fuga da una sicura condanna alla ghigliottina, con la sola colpa d'essere di nobili origini, secondo il conte; con il fatto di essere un trafficone, delatore, strozzino e sciupafemmine, a detta del resto del mondo.
Gaston, incurante del caldo e degli insetti, sembrava felice per il pasto offertogli, innaffiato da buon vino, e soprattutto per la lauta mancia promessagli, così cantava a squarciagola:
Chévaliers de la table ronde / goutons voir si le vin est bon...
- Dannato bifolco dell'Alvernia! - sibilò il conte, che pur avendo vizi di ogni tipo era astemio. Poi, ad alta voce:
- E' proprio necessario che canti? Dobbiamo proprio attirare l'attenzione di qualche sgherro?
- Perdonate, monsieur, mi è sfuggito! - rispose il conducente, e nel finir la frase gli sfuggì anche un rutto poderoso.
- Fortuna che tra poco questo viaggio allucinante sarà finito! Come vi sentite, mia cara?
- Come volete che mi senta, Roland? Ho le ossa a pezzi!- rispose madame stiracchiandosi voluttuosamente.
- Però avete ancora la testa sul vostro delizioso collo, chérie!
- Hmm... siete sicuro che possiamo farcela? Siete sicuro che il vostro amico Savarin non ci tradisca?
- Potete giurarci, mon amour, è fidatissimo. Ci aspetta all'osteria Maison Rouge con documenti falsi e due lasciapassare.
- E proseguiremo il viaggio con questo galantuomo? - disse lei volgendosi verso il carrettiere, che aveva ripreso a cantare:
- Les deux pieds contre la muraille / et la tete sous le robinet
- Ovvio che no. Pagheremo costui col denaro che ha prelevato per me il mio amico Savarin e lo spediremo indietro. Avremo a disposizione un mezzo più decoroso.
- Speriamo! - sospirò madame, e non poté far a meno di sorridere all'udire:
- Et les quatre plus grands ivrognes / porterons les quatre coins du drap!
Verso le tre del pomeriggio il carro cigolante di Gaston giunse in vista del paese di Grandvilliers, da dove il suo nobile carico avrebbe dovuto proseguire, sotto mentite spoglie e con un mezzo più decoroso, il viaggio verso Calais; là il conte sperava di trovare un'imbarcazione per fuggire in Inghilterra.
Dopo aver attraversato la strada principale, tra galline ruspanti, qualche massaia e qualche straccione, Gaston tirò le briglie arrestando il suo cavallo davanti all'osteria della Maison Rouge, che difatti aveva la decadente facciata tinteggiata di rosso.
- Eh! Rosso come il vino! - commentò l'uomo, mentre i due passeggeri scendevano dal carro non senza difficoltà, scuotendosi la paglia dai vestiti sgualciti.
- Avrebbe potuto aiutarci, questo cafone alverniese!- disse il conte.
- Via, via, non perdete tempo, entriamo e facciamoci dare il dovuto! - replicò madame, più pratica, date anche le sue umilissime origini.
- Oste, del buon sidro per me e per questi signori miei amici! - disse Gaston dirigendosi al bancone.
- Io non bevo, vecchia capra – gli soffiò il conte sul viso – chieda piuttosto al gestore se un forestiero ci aspetta di sopra.
- Nessun forestiero -rispose l'oste guardandolo malissimo, ché aveva inteso da solo la domanda – qui non si è visto nessuno.
- Come?
- E' così, monsieur. Qui non si vedono forestieri da giorni. - Poi, squadrandolo da capo a piedi, e marcando bene le parole: - solo soldati. Qui intorno è pieno di soldati. Rastrellano le case coloniche, cercano i signori che scappano da Parigi...
Un brivido percorse la schiena di madame, che sussurrò all'orecchio del conte:
- Andiamo via, vi prego.
- E dove vorreste andare? Tornare indietro?
- No... ma in qualunque altro posto...
- Savarin sarà qui a momenti.
- E se vi avesse mentito? E se lo avessero preso?
- Dobbiamo in ogni caso aspettare...
- E a che scopo? Se è vero che le campagne qui intorno sono piene di soldati, cosa possiamo contro di loro?
- Oh insomma, smettetela! Volete farvi sentire da questi due?
Volete che ci denuncino?
- Io ho paura, Roland...
- Io non di meno. Ma ora sedetevi e tacete – e, rivolto all'oste: - va bene, aspetterò qui. Arriverà.
Mentre Gaston e l'oste si recavano nel retro a caricare certe botti che il carrettiere doveva portare a Saint Riquier, i due amanti rimasero seduti di fronte, senza guardarsi, in un silenzio gelido. Le ore passarono inesorabili, ma nessun forestiero entrò alla Maison Rouge. Solo i soliti avventori del posto, che li guardavano con curiosità astiosa.
- Oh, mon ami, che facciamo? - chiese madame torcendosi le mani sudate.
- Aspettiamo. Arriverà.
- Ma è già il tramonto! Io sono sfinita... non possiamo prendere una stanza?
- Sapete che non ho denaro sufficiente per i vostri capricci.
- Oh... ma non capite che siamo stati giocati? Che non ci resta che metterci qualche straccio addosso e cercare di passare i posti di blocco a piedi, oppure nasconderci?
- Volete chiudere quella dannata bocca? - rispose lui a voce così alta, che gli altri avventori smisero le loro faccende per osservarli meglio. - io non mi muoverò da qui, e se voi volete andarvene, bene, quella è la porta!
Lacrime di rabbia e di paura rigarono le belle guance di madame Des Moulins, che tuttavia si diresse alla porta, l'aprì con mano incerta e uscì nel fresco dell'imbrunire. No, non sarebbe stata certo lì ad aspettare la fine.
- Va' al diavolo, dannata vacca! - sibilò il conte e poi ordinò finalmente da bere.
Madame de Moulins, non sapendo dove andare, fece il giro del palazzo e trovò sul retro Gaston, che stava issando delle botti nel carro. Improvvisamente serio, l'uomo le disse:
- Se volete, io parto tra mezz'ora per Saint Riquier -
- Io... non posso pagarvi. Non ho nulla - rispose lei.
Gaston fece un largo sorriso.
- Non preoccupatevi, madame, mi pagherete quando avrete trovato un altro pollo. E se vi salvate il collo, lo trovate sicuro.
Poi bevve un paio di sorsi dalla fiaschetta che aveva riempito, mentre la donna cogli occhi colmi di lacrime riconoscenti si apprestava a risalire nel carro.
- Non così, madame. Se ci fermano salta la testa a entrambi. Venite, questa botte è vuota, vi aiuto a entrarci e farò in modo che respiriate. State tranquilla, vi farò uscire a pericolo scampato.
Mezz'ora dopo, il carrettiere sciolse le briglie. Il conte D'Assas ubriaco per la prima ed unica volta russava sopra una panca.
Fatti pochi chilometri fuori dal paese, un drappello di soldati con l'uniforme dell'Armata Rivoluzionaria si parò davanti al carro. Gaston, tranquillo, arrestò il suo mezzo col più bel sorriso.
- Altolà, cittadino. Che cosa porti?- disse uno spianando il moschetto.
- Queste botti dall'osteria di Grandvilliers fino a Saint Riquier, soldato.
- E che c'è di buono là dentro?
- Di buono non direi.... - ridacchiò Gaston – se il sidro di Guillaume è come le facce che circolano nel suo locale, meglio bere acqua, parola mia!
Il soldato si avvicinò.
- Che vuoi dire? Chi c'è da Guillaume?
- Un forestiero un po' troppo ben vestito, per i miei gusti. Vestito alla parigina. E da quello che ha detto, ne aspetta altri.
- Soldati! A me! Presto – urlò l'altro e subito il drappello si radunò e sparì nella notte, di corsa, in direzione del paese.
Gaston frustò il cavallo, strizzò l'occhio in direzione del contenuto della botte, che non poté vederlo, e ricominciò a cantare:
Sur ma tombe je veux qu'on iscrive / ici git le roi des beveurs...
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