giovedì 26 aprile 2012
Il racconto “Vino rosso sangue” di Maurizio Benedetto per WINE ON THE ROAD
Maurizio Benedetto, di Bisignano (CS), è laureato in giurisprudenza e attualmente collabora con diversi studi legali, in ambito civile. Da sempre ha coltivato la passione per la lettura e per la scrittura ed ha vinto il 1° premio del II° Concorso Nazionale Di Narrativa Storica Inedita “I racconti del Risorgimento”.
Ha partecipato al quinto concorso letterario di Villa Petriolo “Wine on the road” col racconto “Vino rosso sangue”.
Racconto “Vino rosso sangue” di Maurizio Benedetto.
Presto il buio avrebbe preso il sopravvento sulle sfumature delle ultime luci del giorno. Il cielo si presentava con pennellate di blu scuro, azzurro e celeste, e l’orizzonte, laddove il cielo toccava il mare, era rosso-arancione. Le nuvole, a seconda della posizione, avevano gli stessi colori diffusi nell’etere. Osservavo lo scenario con Anna, dall’alto del promontorio. Le parlai del mio mare, della notte passata con mio padre a pescare con le lampare sparse nel nero mare come tante lucciole, della voce dei delfini ascoltata durante un’immersione, delle leggende di mostri marini e di eroi mitologici…
… Sandro parlava e io mi persi per un attimo nell’insieme delle suggestioni e del fascino di quella immensa distesa blu, avvertii lo “spirito del mare” e le molteplici ed indefinite sensazioni che provavo mi inducevano ad entrare in comunione con la sua sacralità, a guardarmi dentro e a mettere pace ed armonia nell’agitato mare della mia anima. Erano molti anni che non immaginavo più Dio come un vecchio con la barba che abitava sulle nuvole, ma “il senso del più grande” che come essere umano sentivo nello scrutare il cielo, la vastità del mare, il suo mistero, la sua tranquilla e immensa potenza, era la cosa che più mi aiutava a comprenderLo…
…ripartimmo che era già buio, lasciando la costa e dirigendoci tra le montagne, verso un piccolo paese dove avremmo assistito al rito dei “battenti” che lì si svolgeva nella notte tra giovedì e venerdì della settimana santa. Durante il tragitto, una volpe, con piacevole meraviglia di entrambi, attraversò la strada: veloce, orecchie tese, coda lunga e dritta, comparve all’improvviso da un lato della strada e sparì dalla parte opposta. Poco più avanti un barbagianni, appollaiato su un ramo di un albero al ciglio della strada, spiccò il volo non appena fu illuminato dai fari dell’auto. Ho sempre adorato la magia della natura che si manifesta con le fugaci apparizioni di creature selvatiche e discrete. Il panorama che si stagliava dalla strada, la quale dominava la vallata con il suo andamento tortuoso, era illuminato da una luna piena, circondata da nuvole, che attribuiva al paesaggio un aspetto surreale. La luce lunare permetteva di distinguere le forme delle misteriose ed imponenti montagne. Sembrava una notte senza tempo. Pensai a Risariella, un’anziana zitella, gran bevitrice di vino. Da bambino questa donna incantava me e gli altri ragazzini del quartiere con i suoi racconti di magare, principesse, briganti, di Gesù e dei santi. Era un’ammaliante narratrice e la ascoltavamo a bocca aperta. Osservando in quel momento il paesaggio circostante sentivo qualcosa di simile a quello che la straordinaria donna riusciva ad evocare con i suoi racconti. Forse l’ispirazione per qualcuna di quelle lunghe narrazioni era nata contemplando paesaggi ricchi di fascinazioni come quelli che si presentavano ai miei occhi. Quando Risariella finiva di raccontare, andavo di corsa a casa a riempire un bicchiere di vino, ritornavo da lei, e in coro con gli altri ragazzini le chiedevamo di ricominciare a narrare i racconti. Lei tracannava il vino e ricominciava.
Eravamo quasi giunti alla piazzetta all’ingresso del paese. Dopo aver lasciato l’auto feci da cicerone ad Anna e proseguimmo verso il luogo del “primo sangue”…
…tra le penombre delle viuzze del centro, ornate da basse arcate e da scale in muratura che conducevano alle porte di alcune case, il paese cominciava ad animarsi, senza chiasso. Da alcune cantine, i “catuvi”, come li chiamava Sandro, giungevano voci e rumori di convivio. Oltre all’aria fredda, si respirava un’atmosfera suggestiva di attesa e di fede. Le chiese avevano le porte spalancate e gli altari in fondo alle navate erano addobbati con lumi e germogli di grano. Giungemmo alla cantina dello zio di Sandro, davanti alla quale sostava numerosa gente.
L’uscio era aperto, come se fosse una delle piccole chiese del paese. Entrammo in un antro gremito di persone, tappezzato di manifesti politici, con damigiane e bottiglie accatastate lungo le pareti. Una tavola, circondata da gente seduta ed in piedi, era stata imbandita con carne di agnello, salumi, pane e vino. Si mangiava, beveva e scherzava. Ci ritrovammo con un bicchiere di vino rosso in mano. Trovavo affascinante e singolare quel luogo, osservando i volti dei presenti ed ascoltando le loro espressioni vernacolari ebbi l’impressione di aver varcato la soglia di un altro mondo, dal sapore arcaico e sacrale…
…eravamo avvolti dal calore umano del “catuvo”. Senza che mi vedesse, osservai Anna sorridere con le gote rosse e sentii una forte attrazione. Mangiammo e sorseggiammo vino sino al momento in cui non fu spostata la tavola per far spazio alla venuta dei “battenti”.
Questi, come sempre, fecero il loro ingresso scalzi e vestiti di rosso, indossando una maglietta, calzoncini e un fazzoletto sulla testa, con in mano “u cardillo”, un tappo di sughero alla cui estremità erano conficcati piccoli pezzi di vetro.
L’atmosfera cambiò, il silenzio calò tra i presenti, stava per iniziare un rito antico le cui origini si perdevano nei meandri del tempo, fatto di tradizione popolare, pratiche cristiane e reminiscenze pagane, dove il dolore e il sacrificio del sangue assumevano significati di propiziazione e devozione, di penitenza ed espiazione…
…i “battenti” si schiaffeggiarono le cosce, batterono i piedi a terra, strofinarono accuratamente le gambe mentre alcuni dei presenti vi versarono sopra del vino rosso. Anche i “cardilli” furono “disinfettati” con altro vino e con essi cominciarono a battersi sulle gambe. Ero inebriata dal vino bevuto, provai curiosità, poi un misto di sgomento e sofferenza nel vedere quegli uomini colpirsi con forza. Le gocce di sangue apparvero prima come tanti puntini, per poi lasciare una sottile scia rossa mentre scivolavano lungo le gambe. Ben presto il sangue arrivò a terra. Non riuscivo a giudicare quegli uomini per ciò che facevano. L’immagine potente del sangue, l’ambiente in cui si svolgevano quelle scene, mi trasportavano in un luogo irrazionale e primordiale della mia anima, misterioso e profondo come il mare…
…i “battienti” uscirono dalla cantina, con le braccia incrociate, e come rossi sacerdoti pagani celebranti il mistero dell’Uomo morto sulla croce duemila anni prima, iniziarono il giro del paese, simile a quello che avrebbe compiuto poche ore dopo la processione della Via Crucis, fermandosi in luoghi di particolare significato devozionale per battersi, pregare e lasciare come segno del loro passaggio le impronte insanguinate di mani e piedi. Le donne anziane intonavano antichi canti nelle chiese ma in esse i “battenti” non potevano entrare. Si inginocchiavano all’ingresso e pregavano, guardando verso l’altare, battendosi e cospargendo il gradino della porta con il loro sangue, per poi continuare il percorso…
…il rumore della carne battuta dominava sugli altri suoni, così come l’odore del vino che veniva versato sulle loro gambe mischiandosi con il sangue. Era violento, a volte, il modo in cui si colpivano. E per chi osservava non c’era difesa alcuna da quei colpi. Si subivano e facevano provare uno stato d’animo corale, una sofferenza non fisica ma intensa al punto da scuotere sensi e corpo. Era nei recessi impenetrabili dell’anima che mi sentivo percossa. Era dentro che venivo “battuta”.
Provai un certo sollievo quando mi giunse l’abbraccio di Sandro, ne sentivo il bisogno. Appena il rito si concluse, ci dirigemmo verso l’auto.
Con ormai alle spalle le luci del paese, rivivevo nella mente le immagini del sangue e del vino, i suoni e gli odori sentiti. Man mano che ci avvicinavamo alla costa, i rilievi che nascondevano il mare digradavano e in lontananza appariva, a tratti, uno specchio d’acqua attraversato dalla scia argentata della luce lunare. Era uno spettacolo meraviglioso. Altri tre giorni e sarei ripartita, e sentivo già la mancanza di quei luoghi…
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento