sabato 6 luglio 2013

Xenia, un’inclinazione spirituale tipica del mondo greco. Ospitalità sull’Etna

«(…) in quei luoghi, dietro qualsiasi forestiero, mendicante o vagabondo, si sospettava un essere divino. Non era concepibile, prima di accoglierlo, domandare al visitatore chi fosse; solo dopo aver immaginato la sua origine divina ci si poteva abbassare a domande di carattere terreno, e questo si chiamava ospitalità; e per il medesimo motivo essa faceva parte delle pratiche e delle virtù più sacre. I greci dell’epoca omerica non conoscevano l’”ultimo degli uomini”! L’uomo era sempre il primo, cioè divino» Cyprian Norwid nella sua introduzione all’ “Odissea”. Per chi viene da fuori, è evidente come in Sicilia sopravviva tutt’oggi una tradizione di ospitalità, retaggio culturale della xenia greca, negli stessi spazi geografici nei quali ha albergato quell’antica civiltà. Il termine xenia indica il concetto, di grande rilievo nel mondo greco antico, dell’ospitalità e dei rapporti tra ospite ed ospitante. Un sistema di consuetudini riassumibili in queste semplici regole: rispetto del padrone di casa verso l’ospite; rispetto dell’ospite verso il padrone di casa; consegna di un “regalo d’addio” all’ospite da parte del padrone di casa. Per i Greci l’ospitalità era una regola di convivenza civile, un dovere rituale, un legame durevole di solidarietà, manifestato attraverso lo scambio di beni e favori. Si era obbligati a concedere ospitalità prima ancora di sapere l’identità dello straniero, posto sotto la protezione di Zeus. Il rapporto di ospitalità era fissato con una stretta di mano e con uno scambio di doni. Vitruvio ricorda che gli artisti dell’antica Grecia, per estensione del concetto, chiamavano “xenia” un genere pittorico (simile alla moderna natura morta) che rappresentava tutti quei prodotti della campagna che venivano solitamente donati all’ospite. Nel mondo omerico, poi, numerosi sono gli episodi che aiutano a comprendere il concetto di ospitalità presso gli antichi Greci. Si ricordi la vicenda in cui Antinoo insulta il misero viandante, sotto le cui vesti da mendicante si cela Odisseo: gli altri Proci disapprovano fermamente questo comportamento, poiché consapevoli di come dietro un viandante possa nascondersi la presenza di un dio, sceso ad osservare gli uomini e le loro condotte, rette o vili che siano. In Sicilia, l’ospitalità è davvero un modo per rendere l’ospite “membro temporaneo” della comunità che sta visitando, un’inclinazione spirituale tipica del mondo greco. Prima di scendere il viottolo che, oltrepassando la circumetnea, dalla Statale 120 conduce al nido di Tenuta di Fessina, consigliamo una sosta al piccolo negozio di alimentari di Rovittello, nel Comune di Castiglione di Sicilia, sulla via del vino dell'Etna. Di fronte alla chiesetta che costeggia la strada che sale sino a quota mille dell’Etna, vi accolgono due sorrisi che incarnano alla perfezione l’eccezionale varietà dei paesaggi siciliani, bellezza drammatica del territorio e dolcezza del clima. La signora che gestisce questo negozietto pieno di delizie ed Angela conoscono intimamente il concetto di ospitalità come atto di accogliere nella propria casa, città, paese, una persona che normalmente non vi vive. Turisti, lavoratori, migranti. Non si tratta semplicemente di buone maniere, è un’etica vera e propria, un’etica concreta, l’ospitalità incondizionata. Come scrive Derrida, ospitalità è accogliere l’altro che viene, farsi abitare dall’altro custodendolo e rispondendone, persino nella sua eccentricità e stravaganza. La Sicilia, melting pot di culture diverse, ha nel proprio DNA quest’attitudine, abituata da secoli a convivere col diverso. Un ricchezza straordinaria che si ritrova in una calda stretta di mano e in quella confidenza immediata di chi sa bene che, ogni volta che, da lontano, arrivi sulla Muntagna, non puoi rinunciare al ghiotto panino dell’ Alimentari di Rovittello. Pecorino pepato dell’Etna e prosciutto crudo dei Nebrodi, incredibilmente, ti fanno sentire a casa e rendono l’esperienza di questo soggiorno un’indimenticabile poesia. Un calice di Laeneo, Nerello Cappuccio in purezza di Fessina che reca anche in etichetta l’omaggio alla cultura greca, a rinnovare lo scambio di doni.

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