mercoledì 30 luglio 2008

i giorni del vino e delle rose...


"I giorni del vino e delle rose", il racconto di Marcella Barbara Saleri, è tra i segnalati del concorso letterario di Villa Petriolo.

I nostri complimenti all'autrice.

Marcella Barbara Saleri è nata a Brescia nel 1976 e risiede a Lumezzane (BS).
Dopo la Laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Brescia, lavora come impiegata. Tra i suoi hobby, la lettura, la cucina, cinema e trekking. Ama viaggiare ed assaggiare i vini ed i piatti tipici di ogni luogo.




racconto

I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE

di Marcella Barbara Saleri



«Ah sei qui? Ti stanno aspettando per la torta.»

La Nina è in piedi, ferma davanti alle donne che cantano e pigiano l'uva nel grande mosaico sul lato nord della casa.
Gratta con l'unghia i pezzetti di muschio cresciuti tra le tessere.
Non risponde, e prosegue l'opera fine di rimozione licheni.
Che cosa le passava in testa quando ha deciso di andare dietro proprio a lui, che non ce n'erano di ragazzi al suo paese? Paese di fabbriche, di ferro e motori, vicino ma troppo lontano da questo, dalle bestie, dalle vigne, dai trattori.

Il Mario non sa cosa fare, già si sente fuori posto col vestito stretto che era del suo vecchio, e la cravatta di seta. La prende per mano.
Chiudi gli occhi le dice, vieni, e lei obbedisce perché le hanno insegnato così.

La Nina sente sulle braccia nude il fresco umido della cantina, contro l'afa pesante di questo ventuno di giugno.
La caligine diventa fermentazione e salnitro.
In alto la muffa del salame è spessa che quasi ti parla, a destra il formaggio riposa paziente.
La testa adesso sfiora il soffitto più basso, la Nina si irrigidisce davanti al pensiero del castigo di dio nella veste del capofamiglia acquisito.
«Mario... ti metti nei guai.»
«E' anche roba mia. Tieni gli occhi chiusi, t'ho detto.»
Sente il Mario che traffica, soffia, strofina, fa tinnare maldestro i cristalli Boemia del servizio più buono, e li volta e li pirla, e riempie e svuota e riempie.
La Nina adesso apre gli occhi, prende il bicchiere e fa per bere, d'un fiato.
Il Mario le ferma il polso, ma che fretta hai, annusa e poi dimmi.
Le more... e le viole... non si capisce bene, ma forse anche l'erba tagliata... o è rosmarino.
Ma che rosmarino d'Egitto... annusa ti dico!
Ride la Nina, sono proprio le more mature ma calde sulle labbra, adesso può bere.
Non ha mai assaggiato una cosa così, il vino normale, quello sì.
Ma questo no, fa perdere il fiato la testa e anche il cuore.
Ride ancora, più forte, e il bicchiere si ninna, s'inclina indeciso, perde l'equilibrio e si spande di vino e cristalli tutto intorno ai suoi piedi.
Già due disastri in neanche mezz'ora.
Ma non è il tempo di pensare ai castighi.

Il Mario fa per abbracciarla, ma lei si fa lepre e scarta di lato, e corre, si ferma, respira, riparte in salita, la gonna tirata su come il grembiule quando va per castagne.
La prima rosa che incontra è una spina diritta nel cuore delle notti passate a cucire il vestito, che adesso è impigliato nei rovi, tutto strappato sull'orlo.
Ma dietro c'è il Mario che arranca, inciampa, riprende, l'insegue a fatica, che anche lui non è abituato alle scarpe, la bottiglia in una mano e un bicchiere ormai vuoto nell'altra.
La mazurka del Vanni arriva su dal cortile, segno che quando c'è da mangiare la festa va avanti anche senza gli sposi.
Fisarmonica e profumo di rose, la Nina fa la riverenza al Mario che arriva.

«Ah sei qui? Ti stanno aspettando per la torta.»

Mario guarda la Nina, e la donna vestita di bianco che ha messo la solita faccia crucciata.
La Nina sa che stasera quella donna la sgriderà ancora, e ancora dirà quelle parole brutte e cattive, che confonde la gente, il tempo, le cose.
Ma questo non è il tempo di pensare ai castighi.
Le rose non sono più quelle, e la musica che arriva dall'aia non è più la mazurka del Vanni.
Solo il Mario, a guardarlo, col vestito un po' stretto e la cravatta di seta, non è cambiato di niente, come le donne che giù, sul mosaico, cantano ancora e pigiano l'uva, nell'afa pesante di questo ventuno di giugno.
Le porge un bicchiere, sfiorandole il braccio, e sussurra qualcosa all'orecchio.
«Nonna, vieni, stiamo tagliando la torta...»
La Nina non sente, o fa finta, sorride, lo guarda.
Anche il Mario sorride, mentre la Nina tornata ragazza fa la riverenza al suo cavaliere.
E danza, ancora una volta, nel giorno del vino e delle rose.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Bello! Sensuale, 'rotondo', sanguigno.
E profuma. anche
D

silvia ha detto...

sì, domenico, ci ha emozionato il racconto di barbara...

Anonimo ha detto...

gradevole e sciolto. mi ha trasmesso sensazioni "rurali" e "naturali". Brava.
Pat

p.s. qui in Sicilia ho mezzi informatici un po' limitati ma a fatica riesco a leggere lo stesso.

silvia ha detto...

brava pat...quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare...non abbandonarci!!

Anonimo ha detto...

Buongiorno Silvia...
levami una curiosità, ma te scrivi? Intendo: oltre che legger(ci) ami anche scrivere qualcosa di tuo?

silvia ha detto...

lettere d'amore, caro domenico...bondì!

Anonimo ha detto...

Che dire, un altro racconto che si legge velocemente dispiaciuti che sia terminato
Marina

Nabucodinosaur ha detto...

Bello. Dall'alto di un 56k,

Giovanni

Anonimo ha detto...

x Silvia: 'lettere d'amore' ? Ma è un genere bellissimo! Io sono un esperto massimo dlela materia. Quasi tutti i miei racconti sono lettere d'amore

silvia ha detto...

..tutto d'un sorso, marina!

per domenico: la conosci questa canzone di vecchioni?

"E scrivere d'amore,
e scrivere d'amore,
anche se si fa ridere;
anche quando la guardi,
anche mentre la perdi
quello che conta è scrivere.
E non aver paura
non aver mai paura
di essere ridicoli;
solo chi non ha scritto mai
lettere d'amore
fa veramente ridere".

Anonimo ha detto...

Non amo particolarmente Vecchioni, ma la conosco. E condivido! A pieno

Anonimo ha detto...

Ah, a proposito di canzoni d'Amore,
questa è la mia preferita

Sei il colore che non ho
e non catturerò
ma se ci fosse un metodo
vorrei che fosse il mio
fanne quel che vuoi, di noi
me l'hai insegnato tu
se c'è una cosa che è immorale
è la banalità

lo sai
lo sai
che tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa

sei il colore che non ho
e che vorrei essere io
ma se ti rende libera
ti regalo il mio

lo sai
lo sai
che tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa

tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa

vedrai . . .

Afterhours, Bianca (Non E' Per Sempre, 1999)

silvia ha detto...

bello il testo, domenico...non conosco la canzone, ahime...me l'ascolterò presto, però, grazie.

Anonimo ha detto...

Vedrai ti sorprenserà
per altro tutto quel disco lì è favoloso. poi fammi sapere...
D

Macy ha detto...

Sono lusingata per la segnalazione, ed anche per la pubblicazione!!!
Ringrazio Silvia e la Cantina Villa Petriolo per la bella iniziativa!
ciao,
Marcella

silvia ha detto...

cara marcella, è stato un piacere! tanti complimenti.
torna a visitarci presto.