lunedì 25 agosto 2008

la pederzini


Si continua con piacere a pubblicare su DiVINando tutti i racconti in concorso per "I giorni del vino e delle rose".

Oggi è la volta di "La Pederzini", il racconto di Marcello Manuali.

Marcello Manuali è nato ad Arezzo nel 1962 e risiede a Perugia. Esordisce con la raccolta di racconti "Semi di finocchio" (MTTMedizioni, Perugia, 2003). Nel febbraio 2006 il Corriere dell'Umbria pubblica il racconto "La sera prima". E' fra i curatori dell'edizione italiana di Mejerchol'd di Béatrice Picon-Vallin (MTTMedizioni, Perugia, 2006). Di prossima pubblicazione, sempre per la MTTMedizioni, "L'ottava valigia. Intervista con Elisa Albani". E' autore del testo teatrale "I triangoli rosa", incentrato sulla deportazione omosessuale nei campi di concentramento. Ha vinto, con il racconto "Altipiano dello Sciliar", l'edizione 2006 del concorso di narrativa Racconti del territorio di Limena (Padova). Con il racconto "Le corde e le spade" è arrivato secondo al concorso Buonanotte e sogni d'oro horror 2008. Con il racconto "La posta del cuore" è arrivato 8° al concorso letterario Città di Melegnano 2007.


Gianna Pederzini
(Vo di Avio, Trento 1900-Roma 1988) Mezzosoprano italiana. Attiva sulle scene dal 1923 al 1960, fu dotata di un eccezionale talento interpretativo e di una voce di grande qualità, che le consentì di affrontare opere vocalmente impegnative come Norma di V. Bellini e Carmen di G. Bizet. Partecipò alla prima esecuzione dei Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc (1957).








Racconto

"LA PEDERZINI"

di Marcello Manuali



«Nives, guarda chi c'è!»
«Ma è Ettore!»
L'utilitaria si è appena fermata, nell'aia, con un rumore di molle. Ne discende un uomo, intorno alla sessantina, vestito con un completo bianco.
«Certo che vi siete cacciati in capo al mondo! Ho dovuto chiedere informazioni a non so quanti, per arrivare qui!»
«Ma tu, che cosa ci fai da queste parti? È una vita che non ci vediamo!»
«Londra, gennaio 1960. Tu cantavi lo Chénier al Covent Garden, e io mi alternavo con te. Come vedi, la memoria è ancora buona.»
«Fallo accomodare dentro, Gino, che qui fuori si muore dal caldo. Ettore, rimani a pranzo, vero?»
«Ha ragione la Nives, come al solito. Vieni, chiacchiereremo con più comodo. Ho un vinello che voglio farti sentire, poi. Ma tu guarda che sorpresa!»

*

La cucina è spaziosa, con il pavimento in cotto, gli utensili in rame esposti, alle pareti, come in una vetrina, la tovaglia di lino bianco, ricamata a fiori. Sulla tavola, una caraffa di vino rosso, quasi a metà, troneggia allegramente.
«Allora, che cosa mi racconti? Ogni tanto leggo di te sui giornali.»

Ettore posa la forchetta, sporca di sugo, e si pulisce le labbra con un tovagliolo.
«In questi giorni sono a Reggio Emilia, con un Barbiere. Sai, una compagnia di tutti giovani, molto promettenti» e allunga una mano verso il bicchiere, davanti a sé. «Faccio da chioccia. In fondo, l'età ce l'ho. E poi, finché mi diverto, continuo.»
La Nives afferra la zuppiera, come fosse un'arma. «Questi li metto di là. Se stasera decidi di rimanere, li riscaldiamo, che sono ancora buoni.» Si dirige verso la zona cottura, in fondo, lasciando i due uomini soli.
«Certo che di tempo ne è passato. Ne abbiamo, da raccontare, io e te.»
Gino riempie di nuovo i bicchieri, alza il suo, a mezz'aria.

*

«Ma davvero lo fai tu, questo rosso?»
Ettore alza il bicchiere, facendovi filtrare la luce della finestra. Il vino è corposo, schietto. Sorride.
«Sai, da quando ho lasciato il teatro, il tempo non mi è mancato. Anzi», soggiunge, con una punta di amarezza. «Ma ho preferito così. Ho visto troppi colleghi ritardare l'abbandono, trascinarsi sui palcoscenici senza più voce, per non decidermi.»

Gino si versa un altro mezzo bicchiere, dalla caraffa. Il suo sguardo sembra stanco. «La Pederzini, per esempio. Gli ultimi anni era irriconoscibile. E così pure Franci, il grande Benvenuto Franci», e la sua voce, qui, si abbassa. «No, ho preferito farmi ricordare per quello che ho fatto, di buono, per il meglio.»
«E così, ti sei ritirato qui, in campagna.» Ettore si è messo a sbocconcellare un pezzo di pane. La giornata, fuori, si sta rallentando, a poco a poco.
«Ecco qua», annuncia la Nives, adagiando sul tavolo un vassoio, ricoperto da un panno bianco. «Torta alle arance. Appena uscita dal forno.»
«È una delle specialità di mia moglie.» Gino ne taglia una fetta e la dispone su un piattino di vetro, davanti ad Ettore. «Non puoi proprio dire di no.»
«Intanto metto su il caffè. Tu, Ettore?» La donna lo sta guardando, incuriosita. I capelli legati in crocchia le danno un'aria antica, da vecchia contadina.
«Grazie, sì.»
Gino si alza, scrollandosi le briciole dalla camicia. «Il caffè lo prendiamo sotto il portico.» Si avvia verso la porta. «Vieni, ti voglio far vedere una cosa.»

*

«Li ho ritrovati tempo fa, mentre stavo sistemando la soffitta. Non pensavo neanche più di averli.»
Gino ha in mano alcuni ritagli di giornale, tenuti insieme da una graffetta. La carta si è ingiallita, con gli anni. Ettore ne afferra uno, dopo averlo sfilato. Porta la data del 9 dicembre 1951. Il titolo, in grande, dice: “È alla Scala il nuovo Titta Ruffo!” Sotto, più in piccolo: “Il baritono Ettore Mirri trionfa nel Rigoletto di Verdi”.
Gino si è seduto, adesso. La tazzina di caffè fuma, accanto alla zuccheriera. Oltre il portico, l'aia è una macchia di luce bianca, immobile.
«L'infermiera che me li lasciò, appoggiandoli sopra una sedia, era di origini emiliane. Era stata a vedere l'opera, con una sua amica», dice. La Nives si è seduta anche lei, il grembiule ancora legato in vita. «Non mi fece molto piacere leggerli, devo dirti. In fondo, ero io quello che i milanesi attendevano da mesi, in quel Rigoletto, non certo tu.» Solleva lo sguardo, riparandosi dal sole con una mano. «Ma questa, oramai, è storia passata.»
Un motorino passa rombando, sbucando da una curva. Un cane gli abbaia dietro, per poco, prima di rimettersi giù, a terra.
«Prima di ripartire, Ettore, ricordami di darti una bottiglia di quel rosso.»


Già la mensa è preparata, atto II, scena V, Don Giovanni di W. A. Mozart

2 commenti:

Comitato Dama di Bacco ha detto...

vino e lirica, connubio allìinsegna del buonvivere. complimenti all'autore anche per aver permesso a tutti di conoscere personaggi dimenticati come la Pederzini.

silvia ha detto...

i nostri autori hanno spaziato dal Rigoletto ai Massive Attack a Caparezza, dai dipinti di Silvestro Lega a quelli dei macchiaioli, dal mito di Dioniso alle feste popolari di vendemmia...sono davvero grata ai concorrenti de "I giorni del vino e delle rose" per averci arricchito tutti noi lettori di così tante suggestioni legate al vino ed al suo immaginario.