venerdì 9 gennaio 2009
i giorni del vino e delle rose di barbara perucca
Un altro bel compleanno da festeggiare su Divinando è quello di Barbara Perucca, autrice del concorso letterario di Villa Petriolo edizione 2008. Tanti auguri a Barbara!
Barbara Perucca è nata il 9 gennaio 1979 a Firenze, dove abita.
Laureata in Chimica, è sommelier AIS, oltre che tecnico ed esperta in Oli extravergini, al cui elenco nazionale è iscritta. In possesso di patente ANAG, ha frequentato uno stage presso il Consorzio Chianti Classico in Marketing e Pubbliche Relazioni. Dopo le esperienze come Export Manager presso la Fattoria La Massa e Sales Manager al Castello di Modanella, è stata Junior Manager presso Nicolas a Londra.
Racconto
“I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE”
Di Barbara Perucca
Chiara era bella, come una rosa a primavera.
Il vento increspava i suoi capelli rossi, caldi, come il sole che baciava il suo viso.
C’era silenzio dintorno, abitava in una zona tranquilla.
Aveva due sorelle, più grandi, sposate, lontano da casa. Lei ancora era rimasta.
Vent’anni, e tanta voglia di crescere e spiccare il volo.
Ma non desiderava una vita qualunque, sposarsi, avere dei figli come tutti,
quel grigio della monotonia del quotidiano. Voleva vivere una vita piena, intensa.
Quale sarebbe stata la sua ancora non lo sapeva, sapeva solo che non era quella,
e stava ancora aspettando.
Oggi era la festa della mamma, doveva andare a comprare dei fiori,
delle rose aveva pensato, quelle che nessuno ragazzo avrebbe mai regalo a lei perché non aveva nessuno che la amasse.
Il principe azzurro…Credeva ancora nelle favole. Ma la realtà era un’altra cosa.
In fretta si diresse verso il fioraio, in ritardo come al solito.
Le sue sorelle erano già arrivate a casa, e lei come al solito si era ridotta all’ultimo momento per andare a comprare qualcosa.
Un bel mazzo di rose bianche, colore della purezza e dell’ottimismo. Profumavano di buono.
Chiara per un attimo respirò a pieni polmoni, poi tornò alla strada. Un clacson la riportò alla realtà.
Guardò l’orologio: tardissimo. Percorse veloce i pochi metri che la separavano dal portone.
Si sentiva osservata. Si voltò. Dietro di lei un giovane alto moro, che la stava fissando. Forse che lo conosceva? Si sforzò di riconoscerlo da lontano, ma non voleva farsi vedere che lo guardava.
Rinunciò. Prese le chiavi dalla borsa ed entrò dentro casa. Mentre si stava già tirando dietro il portone diede un ultimo sguardo indietro, e lo vide ancora, di nuovo, sempre lì a fissarla.
Chissà chi era…
“Ciao…sono tornata…”
“Ah, bene, aspettavamo solo te.”
Come sempre doveva farsi aspettare, ed era già tanto che non avessero cominciato senza di lei.
Intanto sua madre vide le rose, e sorrise. “Grazie cara”.
“Prego. So che non sono gialle come piacciono a te, ma mi avevano colpito”.
“In effetti sono molto belle. Ti ringrazio cara, non dovevi. Vai in tavola ad aprire il vino.”
Spettava sempre a lei, che era l’unica che se ne intendeva di più, col suo cavatappi professionale.
In pochi gesti sicuri Chiara tolse la capsula davanti agli occhi distratti della tavolata.
Il tappo venne via dolcemente, con un leggero sbuffo.
La bottiglia un’ottima annata, il profumo era buonissimo.
Da brava sommelier spettava sempre a lei assaggiarlo. Davvero eccellente, forse un po’ sprecato per quel pasto domestico, ma in fondo era una bella occasione: la sua famiglia riunita.
Versò a tutti il vino, e i bicchieri si mescolarono alle forchette nello scorrere delle portate.
Il tempo passò in fretta di parole comuni, discorsi fatti, frasi scontate.
A Chiara un po’ pesava tutto questo, ma si teneva tutto dentro di sé, come una bottiglia di champagne il suo perlage, uno spumeggiare di bollicine, represse dentro quella bottiglia, forte, robusta, chiusa, sigillata al mondo, a uno solo la fortuna di aprirla.
Il tempo passò in fretta. Arrivò il momento dei saluti.
Chiara era davvero piena: aveva mangiato troppo come sempre in quelle occasioni, dove doveva essere quella che non era, fingere una felicità che non era la sua, una vita che le stava stretta, come la camicia di quella bottiglia. Aveva bisogno di un decanter, di un bicchiere…ossigeno, ossigeno per respirare, per aprirsi, e per spiccare il volo, la sua vita.
Ma adesso no.
Per un attimo le tornò in mente quel ragazzo, che la fissava.
Passò mentalmente in fretta la lista delle sue storie passate, ma non le venne in mente nessuno.
Non aveva avuto nessuna vera storia importante. Qualche compagno di scuola forse...
Smise di pensarci.
Qualche settimana dopo decise di andare a fare una passeggiata. Era una splendida giornata.
Il sole alto nel cielo, nemmeno una nuvola. Era serena.
Decise di andare nel giardino delle rose, il suo preferito. Quando doveva pensare ad un fiore solo rose per lei, non c’era altro. La rosa, la regina dei fiori. E quel suo profumo.
Chiudeva gli occhi e poteva risentirlo sempre, quando voleva. Nel buio della sua camera, la sera, prima di addormentarsi. Dormiva su un tappeto di rose: si era scelta le lenzuola così, di rose rosse.
Prese con sé il suo diario ed uscì.
Il giardino era quasi deserto. Fece due passi in mezzo ai suoi fiori preferiti, poi scelse una panchina soleggiata. Aprì il diario. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che ci aveva scritto qualcosa. Oggi si sentiva ispirata.
“Il sole mi bacia con i suoi teneri raggi, e ascolto inebriata il profumo delle rose.
Chiudo gli occhi e vorrei riaprirli davanti al mio principe azzurro. Vorrei che mi prendesse e mi portasse via.”
Chiara per un attimo chiuse gli occhi davvero. Credeva nelle favole, e la sua vita voleva che fosse una bella storia, la più bella che avesse mai sognato o voluto.
Riaprì gli occhi. Il sole si era fatto intenso, e per un attimo la luce le parve addirittura più forte di prima. Si guardò intorno.
Ebbe un sussulto. Lui era lì. Si era messo a sedere in una panchina poco distante dalla sua, e adesso poteva osservarlo meglio. In un attimo lo riconobbe: Peter. Ma quanti anni erano passati?
Erano bambini quando l’ultima volta lo aveva visto prima che partisse per il Canada.
E adesso era lì: un caso, il destino…oppure no?
“Peter?” Bisbigliò quasi sottovoce per paura di sbagliarsi, magari non era lui.
“Chiara?” Rispose lui andandole incontro.
“Ciao…Ma sei davvero tu?”.
Intanto Chiara si era alzata e aveva chiuso il diario.
“Come stai?”
“Io bene…grazie…Sto studiando all’università, Economia e Commercio, terzo anno. Ma eri tu l’altro giorno allora vicino casa mia?”
“Sì, mi sono trasferito qui di nuovo, per motivi familiari. Mi sono iscritto anch’io ad Economia ma ho qualche problema a riambientarmi. Ti fissavo l’altro giorno, ma non sapevo se eri tu, poi ti ho vista entrare nel portone…Ho guardato il campanello e ho visto il tuo cognome. Oggi mi ero preso il coraggio di venirti a suonare il campanello, poi ho visto che sei uscita, e ti ho seguito.”
“Sapevi dove trovarmi”.
“Sì. Mi ricordo ancora quando quel nostro compagno ti regalò quella rosa gialla, forse è da allora che non sopporti le rose gialle…”
“Sì, è vero, ma come fai a ricordarti tutto questo…”
“Perché ero lì, e avrei voluto essere da una parte io quel bambino a regalarti quella rosa, dall’altra però ero contento di non esserlo, non mi avresti sopportato”.
Risero insieme, ripensando a come ci si può ritrovare dopo 15 anni.
Chiara lo guardò, era bellissimo. Crescendo si era fatto davvero un bell’uomo.
Anche lui stava pensando che bella donna era diventata lei, e intanto le si era avvicinato inconsciamente.
Erano in piedi, uno di fronte all’altro, un po’ impacciati, senza sapere cosa dirsi…
“Ti va di andare a bere qualcosa insieme stasera? Sempre se ti va…” Disse lui per rompere il ghiaccio.
“Un bicchiere di vino?”
“Perfetto…”
“Allora a stasera…Ti passo a prendere verso le otto va bene?”
“Ok…A stasera allora…ma che fai adesso?”
“Vado a comprarti un mazzo di rose rosse per stasera…Per la mia rosa…”.
Con una mano dolcemente Peter scostò una ciocca ribelle dal volto di Chiara.
Le carezzò la guancia e seguendo la linea del mento le sfiorò le labbra.
Un bacio a fior di labbra che Chiara non si aspettava, ma non si ritrasse.
Anzi lo guardò intensamente negli occhi, quasi per avere quella conferma che sapeva già.
Stavolta fu lei a baciarlo. Gli gettò le braccia attorno al collo e si perse in un bacio lunghissimo. In mezzo alle rose.
“A stasera allora…”
“Ciao…”.
Si ribaciarono.
La sera, a lume di candela, vino rosso, due bicchieri, due sguardi persi uno dentro l’altro, come le loro labbra, in baci interminabili.
“Vuoi venire da me?”
“Sì.”
Chiara lo seguì dentro casa sua, senza paura.
Per lei aveva una bottiglia di vino rosso e un bouquet di rose rosse.
Chiara aprì il vino, lo versò nei bicchieri, brindarono di nuovo al loro amore nascente.
Poi chiuse gli occhi e respirò le rose.
This bottle of wine, Maria Mena
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