martedì 20 gennaio 2009

il miele del cuore


Female drinker, Bill Traylor


In attesa della diffusione del bando del III concorso letterario di Villa Petriolo - giovedì 22 gennaio 2009 uscirà ufficialmente - continua la pubblicazione di tutti i racconti de "I giorni del vino e delle rose", edizione 2008.

Oggi ho il piacere di ospitare su DiVINando il racconto "Il miele del cuore" di Marina Priorini.


Marina Priorini
è nata a Roma ed abita a Maccarese (Roma).
Funzionario pubblico, ha una laurea in sociologia.
Nel 2006 Marina vince il premio letterario Senso e la competizione Eroxé Award; nello stesso anno arriva tra i finalisti di Profondo Giallo Mondatori; nel 2007, agli Eroxé Award, il suo è il miglior racconto in assoluto; al concorso Carte Segrete – L’Eros in teatro, un suo elaborato ottiene una segnalazione di merito; si classifica seconda al concorso I veli della luna; pubblica un proprio racconto nell’antologia Sex Conditio e l’ebook Violent Chick, oltre a varie pubblicazioni in antologie. Nel 2008 Marina è relatrice al IX Congresso di Sessuologia di Roma.


Racconto

"IL MIELE DEL CUORE"

di Marina Priorini



Arrivai nell’azienda agricola con un giorno di anticipo.
Avevo volutamente scelto quel tipo di alloggio, alle porte di Firenze, per concedermi un giorno di riposo prima di affrontare le fatiche del convegno in cui ero relatrice.
La vista delle colline coltivate ebbe, come sempre, il potere di calmare la mia inquietudine.
Venne ad accogliermi un uomo vestito in modo trasandato e i capelli arruffati. Sul volto cotto dal sole risaltavano due occhi verdi che si confondevano con il paesaggio.
Si presentò scusandosi per l’abbigliamento con una calorosa stretta di mano.
“Mi occupo personalmente del vigneto – disse con un forte accento toscano – e a quest’ora del mattino sono impresentabile. Mi farò perdonare questa sera cucinando personalmente per lei.”
Lo ringraziai nonostante fossi infastidita di tanta galanteria.
“La cena sarà servita alle nove nella limonaia” aggiunse prima che potessi dire una parola.
Lasciai la stanza alle otto e trenta e raggiunsi il ristorante creato in uno spazio circondato da ampie vetrate e alberi di limone. L’unico tavolo, posto al centro della sala, era apparecchiato con un insolito accostamento di colori : il verde dei piatti contrastava con il viola della tovaglia e i bicchieri di vetro erano sfumati in diverse tonalità di rosso.
La cucina era collocata al centro del locale e un uomo, di spalle, era intento a cucinare.
“Buona sera signorina, si accomodi dove vuole.”
“Sono l’unica cliente?”
“Lei è l’ultima prenotazione della stagione che ho accettato. Da domani inizierà la vendemmia e dovrò occuparmi a tempo pieno della mia vigna.”
L’uomo si voltò rivolgendomi un sorriso disarmante e mi trovai di fronte una persona diversa, elegante, assolutamente affascinante.
“Ho letto sull’opuscolo che ho trovato in camera che lei produce un vino eccezionale ma purtroppo io sono astemia” dissi scusandomi.
“ Che peccato. Il mio vino ricorda la generosa natura della toscana e lei non potrà godere del profumo, della ricchezza, del gusto di frutta, del sole in esso contenuto. C’è la vita da assaporare in un bicchiere di vino mia cara signorina, e lei si preclude questa possibilità.”
“Sopravvivo anche senza questi piaceri, mi creda” risposi seccata.
“Mi spiace per lei. Platone considerava il vino un mezzo per il superamento del sé verso un contatto più stretto con il divino e per aprire la mente a una superiore conoscenza. Quindi ho sprecato il mio tempo cercando in cantina una bottiglia degna di questa cena. Vorrà dire che berrò da solo.”
Ero infuriata con me stessa per aver permesso all’uomo d’intrattenere con me una conversazione che non desideravo.
“A proposito, io mi chiamo Alberto. Posso sapere il suo nome?”
Risposi per educazione. “ Io sono Angela.”
Incuriosita rivolsi una domanda “ Si occupa sempre lei della cena per gli ospiti?”
“Quando ho tempo mi piace molto cucinare e sono anche piuttosto bravo, per me è un atto d’amore. Ci metto passione, animalità. Mescolo, assaggio, assaporo, condisco, godo immensamente nel cercare il giusto equilibrio tra sapore e piacere del palato. Invento ricette, le rielaboro.”
“E le piacciono anche altri vini oltre il suo” dissi indicando le numerose bottiglie conservate sul ripiano di marmo mentre leggevo i nomi sulle etichette.
“Conservo gelosamente le mie preziose bottiglie e le vendo soltanto a clienti selezionati. Però amo tutti i grandi vini come questo Chateau Kefraya – rispose mostrandomi la bottiglia – risultato interessante di uve a bacca rossa, colore rosso rubino intenso, aromi fruttati. L’avevo scelto per lei sperando potesse condividere con me questo piacere.”
Posò la bottiglia con delicatezza.
“Non le piace bere, ma sicuramente apprezzerà il mio sugo. Venga qui, vicino a me, la prego. Assaggi e mi dica che cosa ne pensa.”
M’invitò con gentilezza e non fui capace di rifiutare la cortesia.
Mi avvicinai ai fuochi e presi un mestolo di legno.
“Deve usare il dito – gridò - il legno altera il sapore. Lo lecchi, lasci che il gusto scivoli giù nella gola o non imparerà mai a riconoscere i sapori.”
“E’ molto buono.”
“Soltanto buono?” Ho preparato il mio ragù speciale mescolando carne di maiale, carne di manzo, carote, sedano e finocchio selvatico tritati insieme. Il sugo bolle da questa mattina per raggiungere un sapore deciso che deve restare intrappolato nella pasta corta. Le confido il mio segreto: aggiungere sempre al ragù del finocchio selvatico.”
“Allora diciamo che è strepitoso.”
“Venga con me.”
Alberto prese un pezzo di pane inzuppato nel sugo e mi condusse nella cantina del ristorante, che scoprii, vantava una ricca importazione di vini sudafricani, cileni e neozelandesi per i clienti più esigenti. Del suo vino nessuna traccia.
Scelse un rosso cileno, il Mouthes Alfa, e tenne a sottolineare che fosse abbastanza costoso. Stappò la bottiglia, attese, ne versò due dita in un calice e mi mise tra le mani il pezzo di pane al sugo.
“Mangi e beva un sorso di questo vino. Dopo sarà grata a Dionisio per aver insegnato agli uomini la coltivazione della vite.”
Chiusi gli occhi e con la punta della lingua afferrai gocce del liquido rosso che Alberto mi aveva offerto. Poi bevvi piccoli sorsi trattenendo più a lungo possibile l’aroma di quel nettare peccaminoso. Avvertii un leggero brivido prima di riaprire gli occhi e scontrarmi con il suo sguardo curioso.
“Lei non è astemia! Mi ha mentito.”
Rossa in volto tossii. “E lei come l’ha scoperto?”
“Chi beve per la prima volta contrae il volto e manda giù come si trattasse di sciroppo. Lei invece ha avvicinato il bicchiere al naso, ha annusato e infine sorseggiato.”
“Touché.”
“Questo è un bene Angela e io le concederò il privilegio di visitare il mio mondo.”
Annuii senza comprendere il senso di quello che aveva detto perduta dietro il suono della sua voce e affascinata dai modi insoliti dell’uomo.
Alberto mi prese per mano e mi lasciai condurre docilmente verso una piccola scala di legno. Scendemmo diversi gradini prima di giungere in una grotta naturale dove erano conservate botti di legno di rovere e bottiglie impolverate.
“Mi conceda l’onore di farle gustare un rosso della mia riserva personale. Brinderemo a noi con un bicchiere di Sangue Vermiglio.”
Stappò la bottiglia e riempì a metà due calici molto ampi.
Si avvicinò a me pericolosamente.
Nel silenzio quasi religioso che regnava nella grotta mi lasciai andare oltre il corpo che da tempo intrappolava le emozioni della passione.
Eravamo uno di fronte all’altro, con i calici nelle mani di entrambi, e ci fissavamo cercando di scalfire le personali reticenze.
Alberto all’improvviso posò il bicchiere e mi attirò nelle sue braccia.
“Trattieni il sapore di me nella bocca e mescolami con il vino – sussurrò nel mio orecchio – bevi il miele del cuore omaggiando Omero.”
Le nostre bocche si unirono in un bacio profumato di terra e di uva.
Stordita uscii dalla cantina provando il disagio per essermi lasciata travolgere dal desiderio.
Lui mi seguì silenzioso.
Raggiungemmo l’uscita e un cielo stellato accolse la mia mente in subbuglio mentre una luna enorme rischiarava la collina illuminando i filari dei vitigni perfettamente allineati.
“E’ stupefacente come l’uomo abbia potuto lavorare tanto e modellare il territorio” disse alle mie spalle.
“Tu vivi in paradiso” risposi malinconica.
“C’è un uomo nella tua vita?” chiese semplicemente.
“C’è stato, ma il nostro matrimonio è naufragato due anni fa. E tu hai una moglie?”
“Non più, ma ho un figlio che non ne vuole sapere di lavorare la terra. E’ andato a vivere in Spagna e si occupa di finanza. Io da tempo ho smesso di fare l’architetto per dedicarmi con amore all’attività di viticoltore senza rimpiangere la scelta.”
“Io invece sono stanca della mia vita e da molto mi riprometto di cambiare stile di vita anche se forse non ci riuscirò mai.”
“Che lavoro fai?”
“Sono esperta in marketing .”
“Potresti occuparti della mia azienda e godere della pace di questo luogo incantato.”
“E’ una proposta di lavoro?”
“Sono stanco di bere da solo e spero che il mio vino ti abbia stregato.”
Il Dio Flufluns alzò invisibile la patera verso il cielo.


Little Ole Wine Drinker Me, Dean Martin

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