mercoledì 11 febbraio 2009

Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. Colei che viene in bellezza, Nefertiti




Pare che i segni del tempo che passa non fossero un tabù all’epoca di Nefertiti, nella XVIII dinastia egizia. Piuttosto, testimonianza di prestigio e saggezza.

Per Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi, l'appuntamento del mercoledì su DiVINando, un omaggio allo stile e alla bellezza di Nefertiti.

Dalla scoperta di alcune rughe sul volto della regina d’Egitto - figlia di Ay, fratello di Teie, nipote di Yuia e Tuia, cugina di Amenhotep IV, si legge dal testo “La donna nell’antico Egitto”, di Enrichetta Leospo e Mario Tosi, Saggi Giunti- al Museo Altes di Berlino il famoso busto (portato alla luce in Egitto nel 1912 dagli scavi dell’ archeologo tedesco Ludwig Borchhardt) di una delle donne considerate tra le più belle di tutti i tempi sarà illuminato diversamente, così da enfatizzare gli occhi e mostrare apertamente le piccole rughe che solcano il suo bel viso.
Riporta una notizia trovata on line: “Secondo i ricercatori, la regina Nefertiti, che ha posato per lo scultore del Faraone, avrebbe approvato tale ritocco; l'obiettivo di questo 'make up', incomprensibile ai nostri giorni, era di rendere il suo volto meno idealizzato e più reale”.

Più reale. Una donna in carne ed ossa, dunque, come quella cantata dai poeti egizi. L’innamorato: “Quando l’abbraccio/ e sono aperte le sue braccia,/ sono come uno che fosse nel paese di Punt,/ come uno asperso d’olio odoroso./Quando la bacio,/ e le sue labbra sono aperte,/ son ebbro/anche senza birra/” (Ostracon Cairo 11); e la donna: “Scorra in eterno quest’ora per me,/ mentre dormo con te. Hai esaltato il mio cuore:/ ci sia dolore o gioia,/ non ti allontanare da me/” (Papiro Harris 500, r. VIII, 3-6). La figuro così Nerfetiti, intenta ad amare il suo sposo, il sovrano Akhenaton, col quale formava una coppia indissolubile anche, per così dire, professionalmente. Un ruolo da comprimaria a tutti gli effetti nella conduzione del regno: è ritratta mentre consegna doni ai sudditi, alla guida del suo carro e nell’atto di colpire con una mazza il nemico. Moglie del Faraone, la leggenda tramanda che lo abbia addirittura convinto a rinnegare il culto del Dio Amon per rivolgersi – grande rivoluzione politico-religiosa - ad Aton.
Il sodalizio col suo sposo durò quindici anni: sei figlie femmine il frutto di questo legame.



"Dama piena di grazia" e "dotata di tutte le virtù". Amata dal popolo, Nefertiti fu spesso raffigurata come una dea. E mi torna alla mente quella che chiamano la “Monna Lisa di Luxor”, la statua della dea Iunit – datata XIV secolo a.C. – rinvenuta nel tempio di Karnak, a Luxor. Una scultura di un metro e mezzo, in un granito grigio che emette curiosi riflessi, è caratterizzata dall’ ineffabile sorriso, che emoziona al pari di quello della Gioconda, al pari di Nefertiti.

Sì, la immagino anche così “colei che viene in bellezza”. Dea e donna. Un mistero che la avvolge ancora oggi – a quale età è scomparsa? Di quale luogo era originaria? - e che continua a tramandarci un ideale di grazia inestinguibile. Nonostante il tempo che passa, o forse proprio in virtù dei segni di quel tempo sul suo volto. Perché quei segni portano a compimento la sua, la nostra, immagine, fanno emergere le stratificazioni del carattere ed il suo pieno dispiegarsi, “quasi un frutto che giunga a maturazione e acquisti la sua forma definitiva. In quella forma è il senso di una vita, la sua speciale bellezza, che coincide con la sua unicità. Unicità che non significa integrazione armonica di tratti ma complessità pluralistica e contraddittoria. Ciò che è vecchio (non solo le persone) mostra più carattere, perché è colmo di esperienza, trabocca di associazioni e di storie. Dunque, come il carattere guida l'invecchiamento, così l'invecchiamento svela il carattere”.

E, sollecitata da queste parole, mi capita di rileggere quell’appassionante testo che è "La forza del carattere" di James Hillmann: "Il carattere mi obbliga ad andare incontro a ciascun evento nel mio stile particolare. Mi obbliga ad essere diverso. Ad attraversare la vita con un passo strano. Nessun altro cammina come cammino io, e questo è il mio coraggio, la mia dignità, la mia integrità, la mia moralità; la mia rovina".

"Il carattere è il destino", aveva già detto Eraclito. Un destino che nasce in ciascuno di noi, si svolge durante la vita e raggiunge l'apice nella vecchiaia. Un po’ come nelle grandi opere liriche, quando i “personaggi (le numerose personalità di cui siamo fatti) escono alla ribalta per il concertato finale, e le voci si intrecciano e si confondono, e ognuna ha il suo timbro particolare, il suo stile, e tutte insieme rivelano lo stile del compositore. Ciò che ci sopravviverà è appunto l'immagine di quel finale d'opera, la particolare configurazione di note discordi, che continuerà a echeggiare a lungo in quelli che ci sono stati vicini, quando ce ne saremo andati”.

E Nefertiti, indubbiamente, di carattere ne avrà avuto da vendere. Modello imperituro di una bellezza naturale e sostanziosa. Senza “effetto Barbie”.

Ps: S’io fossi…vino…. Che vino sarebbe stato Nefertiti…?


9 commenti:

Antonio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Antonio ha detto...

"E Nefertiti, indubbiamente, di carattere ne avrà avuto da vendere. Modello imperituro di una bellezza naturale e sostanziosa. Senza “effetto Barbie"".

Mi riallaccio alle tue ultime parole..
Un personaggio in cui storia e mito si sovrappongono..difficile..eterno...

Secondo me potrebbe essere una bottiglia di Vega Sicilia Unico...

silvia ha detto...

...vino carnoso. tannini importanti, ma bilanciati, occhi di fuoco. Nefertiti approverebbe...grazie antonio, mi piace giocare con te!
a prestissimo.

Antonio ha detto...

Buongiorno Silvia, ti (mi) "devo" un cavaliere...
Nefertiti è un personaggio storico, ma la storia si perde nel mito e i suoi contorni sfumano...
Una cosa è incredibile: moglie del faraone eretico Akhenaton, condannato dalla potente casta sacerdotale all'oblio con infamia (cancellare tutti i cartigli che riguardassero il faraone da documenti e monumenti equivaleva di fatto a negarne l'immortalità), Nefertiti non ne ha condiviso la sorte, rimanendo indelebile nell'immaginario collettivo. Perchè?..Io dico perchè...era bella..Che potenza la bellezza!!

Un personaggio regale, sacrale, immaginifico, eppure così volontariamente legato alla realtà quotidiana (la storia delle rughe è fantastica..), protagonista dell'alba del monoteismo..

So di non essere originale, ma per tutto questo a me viene in mente Salomone, il re del tempio di Gerusalemme, il poeta, il guerriero, il giudice.
Colui che avendo ricevuto da Dio il favore unico di poter ricevere un dono, scelse non ricchezza o potenza militare o fama gratuita o bellezza divina, ma la sapienza di Dio, da cui tutto il resto discende, la matrice. Salomone, colui che attingeva all'intelletto di Dio. Salomone che fece innamorare per il suo sapere la regina di Saba..Salomone che cantò..

"Cantico dei cantici, che è di Salomone"..il poeta del Cantico si attribuisce da subito il "copyright" più prestigioso..

E la sua donna, la sua "Nefertiti", gli risponde così:
"Bruna sono ma bella,


o figlie di Gerusalemme,

come le tende di Kedar,

come i padiglioni di Salma.
6 Non state a guardare che sono bruna,

poiché mi ha abbronzato il sole.

I figli di mia madre si sono sdegnati con me:

mi hanno messo a guardia delle vigne;

la mia vigna, la mia, non l`ho custodita."

Parole poetiche, musicali, eppure così semplici, contadine...e maliziose.
Come Nefertiti, con il suo collo principesco, i suoi occhi misteriosi, la sua bocca sensuale, le sue rughe.

silvia ha detto...

scontro/incontro...di titani! che coppia, antonio! che bello il cantico dei cantici...

Antonio ha detto...

E' fantastico, Silvia..
Si può trarre poesia, arte, dalle pecore e dalla pelle bruciata al sole..? Sì.
Come per le grotte di Lascaux, o i poemi omerici, o Gilgamesh, l'arte, la poesia, il rappresentare elementari ma potenti, tutto ciò è nato insito nell'uomo quasi come l'istinto di sopravvivenza..
Ma, allora, poichè tutti abbiamo l'istinto di sopravvivenza, siamo anche tutti artisti?
Sembrerebbe..ma dov'è, Silvia, questo istimto allora?

silvia ha detto...

credo che davvero tutti si sia in grado di creare, esprimerci...ognuno a modo proprio. l'arte però ha una scintilla in più..non tutti siamo artisti, ahinoi. il discrimine, forse, sta nella cifra universale di ciò che si trasmette, nella capacità di dare voce - qualsiasi voce, in qualsiasi forma d'arte - a sentimenti, emozioni, che sono veramente di tutti. l'opera d'arte parla a tutti, parla per voce di tutti.

Antonio ha detto...

Hai ragione, Silvia..

silvia ha detto...

bhe, però i grandi tramandano modelli...si può imparare, anche ad allenare la sensibilità...nn credi?