lunedì 9 febbraio 2009

viaggio nei ricordi...


Foto di Alena Fialovà



Mentre il nuovo Concorso letterario di Villa Petriolo "S'io fossi...vino" è in pieno svolgimento, si continua con la pubblicazione su DiVINando dei racconti della scorsa edizione.

Oggi, per il concorso 2008 "I giorni del vino e delle rose", pubblichiamo con piacere il racconto di Marco Peirotti "Viaggio nei ricordi".

Marco Peirotti è nato a Cuneo nel 1980 ed abita a Carrù (CN).
Laureato presso l'Università di Torino in Economia Aziendale, si specializza in Marketing con una tesi sulle strategie di valorizzazione dei prodotti agroalimentari. Nel 2001 ottiene anche il diploma AIS. Impiegato come vicedirettore della Banca di Credito Cooperativo di Cherasco, collabora alla redazione "Osterie d'Italia" di Slow Food Editore, oltre che a testate giornalistiche locali, ed è tra i componenti della Compagnia teatrale "Nuova Filodrammatica Carrucese". Marco è tra i fondatori della nuova Confraternita del bollito di Carrù.



Racconto

"VIAGGIO NEI RICORDI"

di Marco Peirotti



Di solito inizia tutto per caso, magari dopo una lunga giornata di lavoro, a volte più semplicemente per la visita di un amico.
Un bicchiere di vino non manca mai a casa, a dir la verità non è mai mancato, nemmeno quando ero piccolo e mio padre lo offriva a chi passava a trovarci. La bottiglia, mai la stessa per l’insaziabile voglia di scoprire sapori nuovi, è sempre al solito posto: sull’armadio a fianco dell’acquario, dove i pesci quasi sembrano esserne i guardiani.
I compagni di viaggio… quasi sempre i soliti: vecchi amici di scuola con cui condividere ricordi e nuove esperienze, o la persona che mi è accanto ogni giorno, a cui raccontare le novità della giornata lavorativa.
La conversazione sembra non accorgersi di nulla; nessuno dà peso a quel gesto che ormai è per tutti un’abitudine consolidata. È quasi un rituale, un intimo orgoglio, o forse semplicemente la voglia di condividere un’emozione, ciò che mi porta a prendere i bicchieri dall’armadio della cucina. Un armadio, quello della cucina, ormai vecchio, dove tuttavia custodisco gelosamente quelli che mi piace definire “gli attrezzi del mestiere” per quel uomo, appassionato di vino, che mi riscopro ogni giorno.
La bottiglia è già aperta, particolare insignificante agli occhi di un estraneo, ma che per noi è il segno della presenza costante del vino nei nostri incontri, proprio come se, anche lui, fosse un compagno del viaggio.
Mille le esperienze, le idee, i sogni e le preoccupazioni condivise intorno al tavolo della cucina; tutto accompagnato da un bicchiere ormai pieno, che abbiamo di fronte; tra una battuta e l’altra l’attenzione viene catturata dal vino; ed è allora che uno tra di noi è il primo a coglierne una sfumatura , una tonalità, sempre un po’ diversa dalla volta precedente. Bianchi dai riflessi verdognoli, che ricordano i tralci in primavera, gialli dorati che incantano, rossi rubini brillantissimi che paiono essere vivi; porpora impenetrabili scuri, quasi neri, che sembrano non voler svelare i segreti del vino.
È ormai lui, il vino, al centro della nostra discussione.
Con la curiosità di un bambino cerco di carpire i sentori di quel bicchiere; ogni volta è per me una sfida: un corteggiamento nella speranza di riuscire a persuadere il vino a svelarsi, raccontarsi. Non è mai la volontà di profanare un segreto, bensì un corteggiamento d’altri tempi, nella speranza di una sospirata concessione. Forse tutto nasce da un senso di timore reverenziale nei confronti del vino, o forse più semplicemente, per una sorta di rispetto patriarcale verso ciò che, il vino, ad oggi ha voluto svelarmi: la sua profonda complessità.
Il viaggio si snoda velocemente lungo vecchi e più recenti ricordi, ma tutti sembrano essere così vicini e nitidi da poterli toccare; a volte mi viene in mente mia madre, quando nei pomeriggi di luglio metteva a sobbollire le “brigne” nel pentolone più grande che avevamo, inevitabile coglierne il profumo appena tornavo a casa e già immaginavo quanto sarebbe stato bello in gennaio approfittare
di quelle scorte. Altre volte invece, ricordo l’odore del fieno, un odore cosi intenso e che per altro apprezzavo molto da bambino, quando passavo ore a guardare il signor Giovanni che girava l’erba nel prato dietro casa. Quel trattore, sempre uguale, che estate dopo estate diventava sempre più vecchio, non credo lo scorderò mai, come nemmeno la puzza di nafta e di olio che emanava.
A volte, cerco di indovinare il sapore del vino, altre volte, libero da qualsiasi aspettativa e preconcetto, mi pare di riuscire a coglierne i reali tratti salienti, abbandonandomi unicamente a ciò che i sensi sanno percepire, liberi da qualsiasi linguaggio tecnico o regola di abbinamento.
Molti i vini che amo riassaggiare, a dire la verità pochi quelli che mi emozionano, che riescono a farmi rivivere sensazioni e ricordi passati.
Il viaggio continua, e in un istante mi ritrovo a settembre, quando in paese c’è la Festa dell’Uva. Da sempre al solito posto, di fronte all’asilo, c’è il baraccone dei dolciumi con le sue lunghe liquirizie nere, dal profumo intensissimo e penetrante. Spesso ho ritrovato questa scena dentro di me assaggiando i grandi Baroli di Serralunga.
È uno scambio di immagini, di ricordi che condividiamo attorno al tavolo della cucina, ognuno con i suoi, personali, pezzetti di vita.
In settembre quando le giornate si fanno piovose ed umide, la terra sembra puzzare. È un odore che ha accompagnato molte delle vendemmie con mio padre, quando affannato cercava di cogliere l’attimo giusto sperando nel tempo clemente. Lo stesso odore lo riscopro nei grandi rossi piemontesi, ed assaggiandoli mi sembra di essere nuovamente con mio padre quando, inginocchiandosi sulla terra umida, mi chiamava per insegnarmi come, con lo zappino, si prende il tartufo segnato dal cane senza danneggiare il terreno.
Ed è allora che comprendo che ogni bicchiere di vino è un concentrato di vita: passioni, speranze ed ambizioni degli uomini che con il loro sapiente lavoro, ogni annata creano qualcosa di unico. Ma nella bottiglia riconosco qualcosa che va oltre l’ambizione del singolo produttore: è un sottile filo rosso che lega tutti i contadini alle proprie tradizioni, a produzioni che si tramandano di generazione in generazione restando vive, forti del legame con il proprio territorio d’origine.
Ogni vino mi racconta di persone, paesaggi, delle mie dolci colline di Langa, colori e profumi, fino alla conclusione del viaggio: mi racconta di me.

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