domenica 15 agosto 2010

Buon ferragosto con il racconto “Il Mehndi di mia sorella” di Marzia Cikada

Da "A GRANGOLA!", cerimonia di premiazione del concorso letterario di Villa Petriolo 2010 La gaia mensa


“Presi tra due fuochi, da una parte il ricordo delle antiche arti leccarde, su cui preme la nostalgia e il rimpianto, dall’altra una scienza, che non è più una saporita sapienza, ma cultura nutrizionale, gli atti alimentari si sono inesorabilmente allontanati dai due caratteri princeps della gourmandise, l’esigenza della cerimonia e del comico. La prima come parodia assoluta del rigore scientifico, il riso come condimento che può far diventare commestibile il reale, che può operare quella transustanziazione di cui il mondo alla rovescia di giullari e poeti aveva capito benissimo il fine: affermare la sostanza che sorregge il senso del mondo”.
(da “La sostanza del desiderio. Cibo, piaceri e cerimonie”. Di Gianni-Emilio Simonetti, Edizioni Derive Approdi)



Pranzo di ferragosto


Marzia Cikada. “Nasce in provincia di Roma, cresce in provincia di Pescara, vive in provincia di Torino ma ama le grandi città. Psicologa poco occupata nonostante il bisogno dei tempi, non se ne preoccupa e si lascia occupare dalla scrittura che è comunque sempre una gran bella terapia. Ama il buon vino e le tavole imbandite, le storie e lo zenzero. E’ parecchio vegetariana”.


Questo, nelle parole del critico cinematografico Enrico Ghezzi, il giudizio espresso dalla giuria del quarto concorso letterario di Villa Petriolo “La gaia mensa” per “Il Medhni di mia sorella”: “Un pranzo rituale, con posti lasciati vuoti apposta, e vuoti tra le sillabe lascia la finta balbuzie, e profumi resine zenzeri convertono l'assenza in presenza”.


Quarto racconto segnalato

“Il Mehndi di mia sorella” di Marzia Cikada



- Muoio! – dice Flavia buttando indietro la testa. Finge di svenire controllando la poltrona. I capelli atterrano sul cuscino come un paracadute di pelo rosso.
- Non ci provare - risponde zia Aida bocca di risa e ciliegie -Ho ipotecato la casa per il matrimonio – e ride esagerata, perché Aida esagera in tutto. Anche da morta sarebbe più morta degli altri.
- Vuoi farmi sentire in colpa?- fa Flavia resuscitata.
- Certo. Con tutta la roba che c’è in cucina – e ride di nuovo, battendosi le mani sulle ginocchia.
- Piuttosto accompagnami in cortile. Se non trovo 9 uova, a cena ci sarà brodo di pennuto - minaccia e io urlo un -NOO!- che fa tremare i vetri. Sono vegetariana da 6 anni, da quando a 5 riconobbi il mio amico Nestore in un piatto di coniglio in umido con patate.
- Accidenti, ragazzina, sto scherzando! Ma grazie a te adesso troverò frittate per l’aia- Lamenta Aida, poi quando mi avvicino per chiedere scusa mi strofina contro i seni giganti.
- ZiiZiiaaa- balbetto tentando di respirare. Flavia ride e Aida continua a strofinarmi.
- Magari esce un genio - e ride finché non mi lascia andare lungo il tappeto e allora rido pure io.

Mi chiamo Matilda e sono una ragazzina fortunata. Ho capito che la vita prende il colore con cui ti dipingi la stanza e nella mia ho enormi margherite. Qualcuno dice che sono strana, perché mia madre è scappata ch’ero piccola, mio padre s’è suicidato e io balbetto. Vivo con mia sorella, di sette anni maggiore, ho l’insegnante di sostegno, la visita psichiatrica mensile e zia Aida. Per lei il mio solo problema è che non mangio pollo, il fatto che dopo la morte di papà ho dormito 6 mesi in un baule, mangiando solo caramelle, non le sembra la fine del mondo. Domani Flavia si sposa e temono mi richiuda nel baule. Ma Daja, il fidanzato indiano di mia sorella viene dal paese degli elefanti sacri e mi piace. Mi piace anche stare da zia Aida. Aveva un ristorante prima, poi il marito scappò con una cameriera. Adesso ha un vivaio e cucina solo per le occasioni come il Medhni di mia sorella. Dice che è una questione d’amore. Il Medhni è una festa indiana di sole donne, la sera prima delle nozze. Flavia dice sia un omaggio per Daja ma lui non può esserci. Cucineremo insieme, mangeremo insieme e decoreremo mani e piedi con l’hennè. A Flavia faremo i disegni più belli, per questo Antonia l’amica artista è venuta da Berlino. Qui l’aria sa d’azzurro e della cannella che zia metterà nel dolce, un semifreddo di banane per cui ieri ha preparato tante rondelle gialle.

- Vieni in cucina?- dice zia. La cucina è bianca e gialla, per metà è piena di fiori, l’altra metà è dove si cucina sul serio. Finestroni, grandi fuochi e tutto l’armamentario di schiumarole e centrifughe. E’ questa casa di zia, il resto è una dependance.
- Tutto bene?- Mi chiede.
- Sssì, tutù tutto bene – In cucina Antonia taglia verdure e fischietta. Sul fornello centrale fuma un liquido di fiori e vaniglia. Accanto il rumore di sedie spostate, stanno apparecchiando. Flavia fa capolino e chiede:
-Come sempre Maty? –
-Co co come sempre – rispondo stringendo le labbra. So che “sempre” intende. Da quando mamma e papà non ci sono, lascio sempre due posti vuoti a tavola. Per non fargli quello che hanno fatto a noi. Dimenticarci.
Poi, come una star, entra Gemma. Bottiglie ovunque e trecce.
-Scusate, gemelli strillanti , baby sitter in ritardo ma ho il vino!- cinquetta e saltiamo tutte di gioia. - Ho scelto vino bianco acidulo, fruttato e soprattutto un bel po’ alcolico. Così Flavia potrà dimenticarsi la libertà – e scoppia a ridere poggiando sul tavolo Vermentino di Gallura, Grechetto Umbro e Muller Thurgau. Antonia batte i piedi di piacere e Flavia ulula mentre Aida apre una bottiglia e versa a tutte un sonoro calice di liquore denso e profumato fatto da lei.
- Ora siamo tutte. Brindiamo e che sia festa! - poi incita - Partiamo con le Tartallegre?-
- Sì!- Facciamo coro.
- Maty, tu siedi e apprezza – e mi spinge dove zio, nei tempi buoni, la spiava al lavoro. Poi tre, due, uno e inizia. Flavia sbatte uova e panna, Antonia aggiunge formaggio e yogurt, Gemma colora di zafferano. Zia stende la pasta brisée, Gemma e Flavia l’adagiano in stampini. Poi fanno girotondo intorno alle teglie, come per una conta di bambini. Antonia buca la pasta con la forchetta, Gemma adagia zucchina o peperone, Flavia spolvera di mandorle e fiori, Aida versa il composto, Antonia piega i bordi, Gemma spennella di latte la superficie. Come danzando. Rondella, fiori, composto. Rondella, fiori, composto. Finché non c’è più nulla da riempire e Aida inforna tutto. Scatto in piedi applaudendo e dalle mani in delirio il suono sale al cuore degli angeli.
- Bra brave! - urlo.
- E adesso tocca a te – mi dice zia mentre Flavia m’infila un grembiule. Zia indica che fare. Mi passa una scodella d’uvetta, anacardi, datteri, albicocche disidratate, noci in ammollo da ore che io verso nel frullatore. Il suono di noci spezzate e l’arancio delle albicocche fa festa. Metto l’impiastro nella tortiera e lo batto con un cucchiaio. Quando stendo la crema di banane e cannella, capisco perché zia non ha più voluto cucinare dopo la storia della cameriera. Sarebbe stato avvelenare l’amore d’amaro.
- Bene- dice zia - La torta in frigo, l’antipasto in forno, l’insalata pronta. Manca la salsa –
- Io va va vado a meditare un po’- dico.
- A parte la piccola Gandhi culo pesante qualcuna mi aiuta? – sorride.
Si presta Gemma, Flavia e Antonia sistemano frutta e ornamenti.

Medito in salotto tra i profumi della cucina: la resina dei pinoli, il piccante della rucola, il pepe. Il suono del polso di zia Aida che batte melodico il mortaio accompagna l’incontro con mamma. Lei sorride, il mento lungo e quel profumo di zenzero e cardamomo. Le racconto la giornata.
- Tu tutte insieme. Sta staresti stata beb bene- dico.
- Cucinare mi fa paura-
- Non ti ti piace?-
- E’ prendersi cura di qualcuno, scapperei -
- So sono passati tanti a a anni, ma magari sare sarebbe diverso-
- No. Non saprei fare di meglio. Tu sei perfetta. Tua sorella e tua zia sono perfette. Io no. Ti incontro dietro gli occhi chiusi ma tenendoli aperti non riuscirei a guardarti. Questa cosa del balbettare poi.. -
-Co cosa?- dico con un tuffo al cuore.
- So che da tre anni non balbetti più. Continui a farlo perché io pensi che hai bisogno di me - e alza l’angolo destro della bocca.
- Sei arrabbiata?- dico scoperta.
- No. Ma vorrei smettessi di sperare che torno -
- Sicura?- dico piangendo.
- Sicura-
- Ti voglio bene mamma-
- Credimi, anch’io. Dai un bacio a tua sorella. E buon Menny -
- Si dice Medhni mamma – la correggo ma è già via.
Apro gli occhi e corro in cucina, urlo più forte dello sfrigolio dei fornelli.
- Flavia! Flavia!-
Zia spegne tutto e Flavia si avvicina come avesse già immaginata la scena ma in chiave pulp, con me che sanguino indicando il vuoto. – Che c’è? Tutto bene?- Faccio sì con la testa.
- Mamma, dice che siamo perfette e ti manda questo - e la bacio sulla guancia di crema idratante e menta. Lei mi abbraccia.
- Lo hai detto senza balbettare Maty!- si accorge Antonia.
- Si. E’ il mio regalo di matrimonio – esulto.
- Signore delle cucine questo è il giorno più fottutamente speciale degli ultimi trent’anni. Da quando imparai a fare il soufflè - Tuona Aida, cingendoci tutte con la voce. Ridiamo.
- E’ pronto? – punzecchio.
- Non è che senza te stessimo giocando a ruba bandiera – fa Aida strofinandomi ai seni. L’acqua per la pasta borbotta, tutte abbiamo il calore della cucina attaccato alla pelle. Poi zia urla - A tavola!- portando un enorme piatto di Tortallegre. Sono felice.
Flavia si avvicina al mio orecchio per una domanda.
- Pensavo, li vuoi ancora i posti vuoti? -
Io ci rifletto, l’aria sa di vino e zafferano.
- E’ un Medhni per sole donne. Puoi togliere papà- sentenzio mentre zia poggia la tortina fumante nel piatto. Flavia sorride. - Hai ragione. Non si può fare tutto in un giorno - e l’addenta suggerendomi di imitarla. L’accontento subito.

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