mercoledì 30 settembre 2009
Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi. Jeanne Moreau, le tourbillon de la vie
"Ah," gli disse lei un giorno "ma quando smetterai di darmi delle briciole di te stesso, e mi darai te stesso tutt'intero?".
"Ah," disse Jim "ma quando permetterai al nostro amore di seguire il suo corso tranquillo, invece di tagliarlo netto, come fa il fornaio con la pasta?".
Jules et Jim, uno dei più belli tra i romanzi moderni che abbia letto, scritto da Henri-Pierre Roché.
Jeanne Moreau, a cui è dedicato questo mercoledì Dei modi più eleganti di scendere dai tacchi, dà voce al personaggio di Kathe, nell'omonimo film, indimenticabile, di François Truffaut.
In Jules et Jim "(...) vediamo, attraverso l'arco di un'intera esistenza, due amici e la donna che di entrambi è la compagna amarsi di un amore tenero e quasi senza screzi, in virtù di una morale estetica del tutto nuova e continuamente rimessa in discussione". Così Truffaut racconta la storia di questo ménage à trois, che al cinema suscitò un forte scandalo, tanto da essere proibito in Francia, quando uscì nel 1962, ai minori di diciotto anni. Si avvicinava il vento libertario del Sessantotto.
A Kathe Jeanne Moreau regala il suo sguardo malinconico ed il volto imbronciato che tante fotografie ritraggono. Di una bellezza sofisticata, discreta, cerebrale, l'attrice francese, figlia di un ristoratore di Montmartre e di una ballerina inglese delle Folies Bergères, è la diva che ai propri personaggi infonde un'anima che li faranno ricordare per sempre con quei tratti e quelle movenze. Kathe - magica alchimia di una donna totalmente libera e spontanea, che fa dell’anarchia amorosa il principio ispiratore di una vita sensuale e insieme infantile - è, e sarà sempre, Jeanne Moreau.
“ (...) ha dato concretezza alla situazione un po’ simbolica, un po’ astratta, da cui ero partito. Il suo personaggio è fatto di cliché e controcliché". Truffaut scorge nella complessità di Jeanne Moreau il sorriso arcaico del suo personaggio femminile.
Fin da giovane Jeanne aspira ad una vita intensa e ricca di emozioni: “sapevo solo che volevo essere diversa, autre, ma non per sfuggire a qualcosa, non per ambizione, nessuna di queste scemenze di oggi. Era che sentivo dentro di me una forza che mi spingeva, una curiosità insaziabile, una grande lucidità, una disposizione naturale alla marginalità. Nella vita si è soli, con dei compagni di strada ogni tanto”.
Teneramente disincantata, delicata e forte, caparbia ed ironica, Jeanne Moreau-Kathe, in questo "inno alla vita e alla morte" che è Jules et Jim, canta il vortice della vita in una delle serate nello chalet di Jules, assieme a Jim e all'enigmatico amante Albert, autore della canzone (l'attore è autore delle canzone Le tourbillon de la vie anche nella realtà).
Elle avait des yeux, des yeux d'opale,
Qui me fascinaient, qui me fascinaient.
Y avait l'ovale de son visage pâle
De femme fatale qui m'fut fatale {2x}
Aveva certi occhi certi occhi d'opale
che mi affascinavano, o se mi affascinavano
e poi c'era l'ovale di quel pallido viso
di donna fatale che fatale mi fu.
On s'est connus, on s'est reconnus,
On s'est perdus de vue, on s'est r'perdus d'vue
On s'est retrouvés, on s'est réchauffés,
Puis on s'est séparés.
Ci siamo conosciuti e riconosciuti
ci siamo persi di vista, ci siamo ripersi di vista
e ci siamo ritrovati e poi riattizzati
e poi ci siamo separati
(…)
Au son des banjos je l'ai reconnue.
Ce curieux sourire qui m'avait tant plu.
Sa voix si fatale, son beau visage pâle
M'émurent plus que jamais.
Al suono del banjo l'ho riconosciuta
quel curioso sorriso m'aveva invaghito
la voce fatale sul viso bello e pallido
mi emozionarono più che mai
Je me suis soûlé en l'écoutant.
L'alcool fait oublier le temps.
Je me suis réveillé en sentant
Des baisers sur mon front brûlant {2x}.
Mi sono stordito mentre l'ascoltavo
l'alcool fa dimenticare
mi sono svegliato e sentivo
dei baci sulla mia fronte ardente
On s'est connus, on s'est reconnus.
On s'est perdus de vue, on s'est r'perdus de vue
On s'est retrouvés, on s'est séparés.
Dans le tourbillon de la vie.
Ci siamo conosciuti e riconosciuti
ci siamo persi di vista, ci siamo ripersi di vista
e ci siamo ritrovati e poi riattizzati
e poi ci siamo separati
On a continué à toumer
Tous les deux enlacés
Tous les deux enlacés.
Puis on s'est réchauffés.
E abbiamo continuato a girare
allacciati insieme
allacciati insieme
ci siamo riattizzati
Chacun pour soi est reparti.
Dans l'tourbillon de la vie.
Je l'ai revue un soir ah là là
trallallla
Elle est retombée dans mes bras
Ciascuno è ripartito per fatti suoi
nel vortice della vita
E poi l'ho rivista una sera
trallallla
e mi è ricaduta tra le braccia
Quand on s'est connus,
Quand on s'est reconnus,
Pourquoi se perdre de vue,
Se reperdre de vue?
Quando ci siamo conosciuti
quando ci siamo riconosciuti
perché perdersi di vista,
perdersi ancora di vista?
Quand on s'est retrouvés,
Quand on s'est réchauffés,
Pourquoi se séparer ?
Quando ci siamo ritrovati
quando ci siamo riacchiappati
perché separarsi?
Alors tous deux on est repartis
Dans le tourbillon de la vie
On à continué à tourner
Tous les deux enlacés
Tous les deux enlacés.
Allora tutti e due siamo ripartiti
nel vortice della vita
E abbiamo continuato a girare
allacciati insieme
allacciati insieme
M'hai detto: ti amo.
Ti dissi: aspetta.
Stavo per dirti: eccomi.
Tu m'hai detto: vattene.
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2 commenti:
Cara Silvia,
le parole di profonda malinconia (e direi anche di piena consapevolezza di sé ma anche di rassegnazione verso il proprio essere, orgogliosamente/amaramente immutabile) che riporti: “Era che sentivo dentro di me una forza che mi spingeva, una curiosità insaziabile, una grande lucidità, una disposizione naturale alla marginalità. Nella vita si è soli, con dei compagni di strada ogni tanto”, sono stupende.
La DISPOSIZIONE NATURALE ALLA MARGINALITA’: quante volte si è soli, si sa che basterebbe poco per sfuggire a questa presa e invece una forza invicibile ci immobilizza…
A me la tua dama ha ricordato tanto l’Ulisse di Dante con le sue parole, tristi ma prive di pentimento:
…“Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
93 prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
96 lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
99 e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
102 picciola da la qual non fui diserto.”
Quanto il desiderio di essere sempre altrove, l’irrequietezza e la brama verso nuovi limiti e nuovi orizzonti da esplorare che i Greci ritenevano essere una forma d’amore (Pathos). E che condanna spesso a camminare soli….
Così Ulisse mise sé, a forza, contro ogni ragione se non quella del suo intimo essere, nella barca che lo avrebbe condotto alla perdizione, con i suoi compagni di avventura, all’inseguimento della “canoscenza”: fatti non foste a viver come bruti..
Conclusione:
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
138 e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
141 e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
Senti la potenza dell’ultimo verso. A me ricorda tanto l’ultimo dei tre botti con cui si chiudono i fuochi d’artificio. Un silenzio tale dopo tanta variopinta baraonda..e la malinconia di qualcosa che un momento prima, e ora non è più.
Ciò che ci fa sentire drammaticamente soli è l'incapacità a tollerare la differenza - l'"altro" da te, lo sconosciuto, l'imprevisto - percorso non facile, per il quale ci vuole coraggio e una forte autodefinizione. Lo raccontano bene i due punti di vista di Kathe e Jim nell'attacco del post.
In realtà, la solitudine è una condizione esistenziale, legata alla scelta personale. Il tuo Ulisse mette se stesso per l'alto mare con un sol legno, perché non può resistere all'ardore, quella forza che lo brucia dentro...Il premio: divenir del mondo esperto.
Mi sembra una bella ricompensa, per i nostri due eroi.
un abbraccio, antonio, alla prossima dama.
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